Route Nationale 7. Per alcuni, un’attraente strada panoramica da percorrere durante un viaggio ‘on the road’ in Madagascar. Per altri, è invece la strada della speranza. Quella che permette di raggiungere Ilakaka: ultima frontiera di una terra tempestata di gemme. Gemme preziose, ma anche miserie scandalose. A raccontarci la storia di Ilakaka è “
Zaffiri del Madagascar: una benedizione per i gioiellieri svizzeri, ma una maledizione per i minatori”. Un eccellente rapporto dal campo, ricco di immagini, finanziato dal “Public Eye Investigation Award”.
Solo vent’anni fa, Ilakaka era un sonnacchioso villaggio di una quarantina di persone. A stravolgerne il destino è stato il ritrovamento di uno zaffiro avvenuto per caso nel 1998. Da allora, in poco tempo, la zona si è profondamente e rapidamente trasformata. Ilakaka ospita oggi uno dei giacimenti di zaffiri più grandi del mondo. Un paesaggio marziano, dove sessantamila persone vivono accampate in baracche di lamiera, tende lerce, capanne di paglia.
Fin dalle prime ore del mattino, i cercatori di zaffiri esplorano le viscere della terra. Se la parte degli scavi compete ai più grandi, non si può dire lo stesso dello smistamento. I secchi pieni di terra giallastra da setacciare spettano anche ai più piccoli. Difatti, è dall’età di cinque anni che i bambini aiutano i genitori a smistare e lavare le macerie raccolte nelle miniere.
Dall’età di 15 anni, invece, i ragazzi prendono parte attiva nelle ricerche. A turno s’infilano nei pozzi esplorativi; tunnel improvvisati che possono raggiungere anche i cinquanta metri di profondità. E laggiù i ragazzi spariscono. Alle volte, per un breve tempo. Altre volte, per sempre.
Frane e cedimenti sono frequenti. Specialmente durante la stagione delle piogge. Ogni settimana qualcuno resta sepolto. In certe condizioni di lavoro, sfidare la morte è inevitabile se si vuole trovare “la gemma”. Quella più grande. Quella che ti cambia la vita. Ovvero, ti permette di non morire di fame.
Anche contadini e mandriani hanno abbandonato la terra e gli allevamenti per la miniera. Secondo uno studio dell’ “Institut de Gemmologie du Madagascar”, i minatori guadagnano da tre a nove volte di più dei lavoratori agricoli. Ma la loro dipendenza da un mercato non regolamentato – controllato da interessi esterni – li intrappola comunque in un ciclo di estrema povertà.
Oggi il Madagascar estrae circa il 20% degli zaffiri commercializzati nel mondo. Al contempo, è uno dei Paesi più poveri del mondo, dove il 70% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno. A beneficiare di questa preziosa risorsa non sono infatti né lo Stato malgascio né tantomeno le decine di migliaia di piccoli minatori che li estraggono.
I commercianti, perlopiù di origine asiatica, selezionano e comprano i minerali direttamente dai minatori artigiani. Briciole è tutto ciò che questi ultimi ottengono in cambio di fatica e grandi rischi. Facilmente contrabbandate in Sri Lanka e in Thailandia, le pietre grezze vengono poi tagliate e rivendute in tutto il mondo. Vi sono i colossi del lusso al termine di questa catena. I gioielli finiscono nelle mani dei big come il gruppo Richemont di Ginevra (proprietario del marchio Cartier), Bucherer di Lucerna (recentemente acquisito da Rolex), Harry Winston (che appartiene al gruppo Swatch) e il gioielliere lucernese Gübelin.
Che la maggior parte degli acquirenti stranieri utilizza questo sistema di intermediari è confermato anche dai dati. Le stime segnalano che oggi il valore del traffico illegale è di circa 150 milioni l’anno. Dato che sfugge completamente alle rilevazioni ufficiali. Secondo le statistiche delle Nazioni Unite, nel 2022, il Madagascar ha esportato gemme per un valore di un po’ più di 60.000 dollari.
Questo perché, appunto, l’estrazione mineraria su piccola scala sfugge a qualsiasi forma di controllo o regolamentazione. Il governo malgascio e le persone sono così private di un reddito sempre più necessario. Le gemme più grandi e pregiate arrivano, una volta tagliate, anche ai mille euro a carato. Tuttavia, il prezzo reale non è questo. È quello delle vite umane. Ma noi siamo troppo lontani per poterlo vedere. E forse, ci va bene così. E, nel 2024, uomini, ragazzi e bambini continuano a essere uccisi da un minerale il cui valore probabilmente manco comprendono, ma che devono comunque cercare.
Nell’immagine: la ricerca di zaffiri nei dintorni di Ilakaka