La RSI fra sfide e bollicine

La RSI fra sfide e bollicine

A Comano e Besso un nuovo Comitato Direttivo tutto da capire e interpretare


Enrico Lombardi
Enrico Lombardi
La RSI fra sfide e bollicine

Sulla zattera dei naufraghi, in ore convulse di tempesta, fra ruspe, macerie e una bella dose di dimostrazione di forza e di potere, giungono anche (per pura coincidenza) messaggi in bottiglia, affidati ai social o direttamente indirizzati alla nostra periclitante imbarcazione, che si interrogano sulle prime concrete decisioni prese dal nuovo corso RSI, ovvero da Mario Timbal, che, da due mesi alla direzione dell’Unità Aziendale svizzero-italiana del servizio pubblico radiotelevisivo nazionale, ne ha presentato il nuovo “Comitato direttivo”.

Al centro dell’attenzione, naturalmente, il ritorno in azienda (su chiamata, e con la benedizione della CORSI) di Matteo Pelli, che la RSI l’aveva lasciata nel 2013 come bravo e simpatico (e scontentato) conduttore televisivo, per ritrovarsi in un attimo ad accogliere le offerte di diventare direttore di Radio 3i, e poi anche di Teleticino.

“Sfide” – come le ha definite con un termine ormai utilizzato da chiunque debba motivare con gravità una propria scelta di cambiamento – che hanno rappresentato, come afferma in un’intervista al CdT, “il periodo più bello della mia vita”. (vedi CdT, 29.5.21)

E naturalmente è una nuova “sfida” quella che ha accettato di affrontare, tornando alla RSI come nuovo responsabile del Dipartimento Programmi e Immagine al posto di Milena Folletti, che ha recentemente (e misteriosamente) lasciato l’azienda. Dopo anni in cui, non di rado, ha ribadito che non sarebbe mai “tornato all’ovile”, benché tutti lo pronosticassero (chissà come mai?), ci è voluto il cambio alla dirigenza RSI e l’insediamento dell’amico d’infanzia Mario Timbal, per convincerlo a lasciare, in lacrime, la sua famiglia di Melide (e forse, chissà, anche quella di Muzzano, che poi è la stessa, in verità).

Storie di provincia, verrebbe da dire, in cui tutti si conoscono e in cui, dunque, fatalmente, si finisce per privilegiare gli amici o gli amici degli amici, possibilmente influenti sul territorio per carisma e censo, tanto più se, come dichiarato da Timbal (vedi “La Regione”, 29.5.21), “il curriculum di Matteo parla comunque più del suo cognome”.

Che poi, di fatto, i destini del panorama massmediatico svizzero-italiano siano fortemente legati a due fratelli sembra essere una pura ed ininfuente coincidenza: “La Regione”, che ha titolato ironicamente un articolo “Vogliamo un Pelli anche noi”, se ne faccia una ragione: di Pelli residui disponibili non ce n’è più (per intanto).

Certo, negli anni melidesi, Matteo Pelli ha ottenuto riscontri e successi indiscutibili, che del resto, e giustamente, ricorda ai distratti: la diretta radiotv del Capodanno in Piazza Riforma (sottratta abilmente alla concorrente RSI); il record mondiale di diretta radio ininterrotta dei suoi due amici e collaboratori “Blues Brothers”. O ancora, alcuni “format” di notevole brio e freschezza, assolutamente “giusti” per la loro collocazione dentro il palinsesto di una radio e una televisione privata regionale (che pure riceve, ricordiamolo, un contributo dal canone nazionale).

Ora Matteo Pelli è uno dei quattro membri del Consiglio Direttivo della RSI, a capo, appunto, del “Dipartimento Programma e Immagine”. Per fare che cosa? Stando alle dichiarazioni di Mario Timbal, “Matteo non viene a dirigere nessun dipartimento di contenuto”; stando allo stesso Matteo, per portare “bollicine” ai programmi.

“Le bollicine le porto con me da quando sono nato, sono una mia cifra”. Ah, beh, può darsi, c’è da credergli, ma che vuol dire? Cerca di spiegarlo, sempre alla “Regione”, il neo-direttore: ”Istituiremo al posto dell’attuale Comitato dei programmi, un “commissioning board”(?), un organo di creatività diffusa, democratico dove tutti i partecipanti saranno alla pari. (…) Con Matteo voglio avere non più un organo che controlli la creatività, ma un organo che faccia da ‘coach’, che sproni la creatività e inviti a sperimentare”.

Creatività e sperimentazione sono bei concetti e belle parole, se poi le si associa alle bollicine diventano magari pure sulfuree, com’è nella natura di Matteo Pelli. Ma dietro a queste parole, non risulta assolutamente chiaro come tutto questo slancio creativo si traduca in fatti e decisioni in merito alle non poche difficoltà in cui versano l’Azienda SRG/SSR e la sua “succursale” RSI.

Le informazioni che si possono desumere e acquisire dopo la nomina del nuovo “Comitato Direttivo” sono davvero scarse, non fanno alcun cenno alle necessità di tagli e risparmi, evocano solo liminarmente la situazione di disagio interno legato alle inchieste per molestie e mobbing, per esempio. Ma, guarda un po’, proprio a questo proposito, un settore aziendale particolarmente sotto pressione come quello delle Risorse Umane viene promosso a dipartimento, mentre a RTS (è bene ricordarlo) una prima misura relativa all’”affaire” aveva portato, per dire, alla rimozione proprio del responsabile delle Risorse Umane.

Ma forse ci penserà l’altro nuovo dipartimento, quello della Comunicazione e Marketing diretto da Doris Longoni a spiegare al pubblico perché due “stati maggiori” sono diventati dipartimenti (anch’essi senza concorso) e acquisiscono tale ruolo in un momento tanto delicato.

E forse proprio questo nuovo dipartimento avrebbe potuto mettersi subito alla prova con un tipo di comunicazione meno ermetica di quella che riguarda questo vero o presunto salto di qualità strutturale ed organizzativo dell’Azienda.

Sì, perché altrimenti si potrebbe rapidamente tornare all’”effetto Lyra”, ovvero a lasciare che vaghe decisioni interne, fra uno spiffero e l’altro, finiscano in pasto ai commenti più diversi sui social, portando poi magari ad una qualche “imbarazzante” raccolta di firme, chessò sulla “promozione di quadri in momenti di crisi”.

Perché a ben guardare, l’investitura data al Comitato Direttivo ha logicamente portato a puntare i riflettori sul ritorno di Matteo Pelli e sulle implicazioni che il suo ruolo “direttivo” avrà in relazione ai rapporti con gli immediati dintorni mediatici governati dal fratello.

Ma accanto a questo punto, ce n’è un altro, forse ancor più problematico: ma quando si parlerà, di fatto, e concretamente, del cosiddetto “core business” dell’Azienda, ovvero i programmi? Quando sentiremo chi li fa e farà, e in che condizioni, al netto delle bollicine?

E infine, come risponderà la RSI alle esigenze di una più stretta collaborazione e ad una più chiara legittimazione nel contesto nazionale? E come affronterà il tema della cultura aziendale e della cultura in azienda? La Svizzera della SSR, per intenderci, non è propriamente quella in miniatura che si vede dalle finestre di Teleticino.

Saranno “sfide” anche queste: ci penserà Matteo?

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