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Ex-Macello, balle spaziali e altre ottusità

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Marco Züblin
Marco Züblin
Ex-Macello, balle spaziali e altre ottusità
• 31 Maggio 2021 – Marco Züblin
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Impunemente ottusi: così definirei i capibastone della politica luganese in Municipio, e la vicenda dell’autogestione non è che l’ultima clamorosa manifestazione di tale ottusità, tanto più sfacciata perché esternata al riparo di personali conseguenze.

Sull’ex-Macello l’atto di forza fu deciso dal partente Bertini, che così fece un regalino avvelenato a coloro che lo hanno in pratica espulso dalla politica; chi gli ha succeduto, e che nello specifico mi infligge una delusione personale un po’ crudele, non ha fatto che proseguire acriticamente in questa linea, cercando appunto di addebitarla alla gestione precedente ma in sostanza avallandola. Appena chiuse le urne, e incassata una impunità elettorale che resterà tale anche dopo la fine del mandato (complice la memoria da pesce rosso degli elettori), si è dato corso al progetto, approfittando anche di una certa dabbenaggine delle vittime, che hanno dapprima rifiutato un negoziato da gestire in modo intelligente (e quindi, per una volta almeno, una possibile operazione-simpatia presso il pubblico) per poi abbandonare uno degli oggetti del contendere (il luogo) e stupirsi di trovarselo poi, al ritorno, occupato dalla polizia.

Non ho particolare contiguità con i valori dell’autogestione, anche se considero utile e interessante questa sensibilità, ma ritengo essenziale che essa abbia diritto pieno di cittadinanza e di espressione, non fosse altro che per un banale e ovvio (almeno dovrebbe esserlo, per chi si dice liberale) rispetto della diversità delle opinioni.  Questo significa, semplicemente, che Lugano deve offrire uno spazio per questa sensibilità e per coloro che ne sono portatori, e non “in un luogo un po’ decentrato, ma ben servito dai mezzi pubblici” (parole dell’autocrate), o su Marte, ma in città; l’ex-Macello era, a ben vedere, il luogo ideale. Di tutto questo, che dovrebbe fare parte del bagaglio minimo di un politico, non vi è traccia; l’autogestione è da sempre stata vista con quel disprezzo che i mediocri riservano a chi non la pensa come loro.

L’autocrate cittadino ha sciorinato la solita vertiginosa serie di balle spaziali per “giustificare” l’arbitrio e la sproporzionata violenza messi in campo. Tutto rientra nel banale quotidiano di uno che migliaia di persone perbene hanno assurdamente ritenuto degno di reggere le nostre sorti; gli esempi sono molteplici, e mi sono permesso di evidenziarli con chiarezza parecchie volte, su queste sponde e altrove. L’operazione di polizia fu ben preparata e trovò terreno fertile, come si è detto, in una serie di errori tattici degli autogestiti; poliziotti vodesi (che mi si dice, dormirono a Faido, prima del blitz) non poterono di certo essere mobilitati in una giornata. Altro che reazione a provocazioni; uno storytelling, quello di B, che è un insulto a qualsiasi intelligenza media.

Sono invece stupito che gli unici giuristi veri che siedono in Municipio, tra cui chi mi ha deluso, non si siano posti ovvie questioni legate alla proporzionalità dell’intervento, alla legittimità giuridica della demolizione notturna di uno spazio che assume ora valenza quasi simbolica, all’autorità (un giudice, e non un poliziotto o un sindaco, per capirsi) che avrebbe dovuto ordinare preventivamente lo sgombero in assenza di requisiti d’urgenza (se non quelli provocati dalla stessa autorità che lo ha ordinato, che di certo non la legittimano), agli aspetti amministrativi e giuslavoristici che avrebbero ostato sia alla demolizione sia ai lavori effettuati nottetempo sul sito. Dagli altri tre giuristi, da ultimo banco per non dire altro, non mi aspettavo nulla, e se non il peggio almeno da due di loro: da uno che fu a bottega da cotanto papà (e delle disinvolte operazioni di quest’ultimo disse di non sapere nulla), e dall’altro che mai esercitò e si limita a mungere da anni salari da noi contribuenti in cambio di una surreale presenza-assenza che ci ridicolizza un po’ al nord del Alpi.

Resta il fatto che, al di là di qualche banale disponibilità verbale che non costa nulla, Lugano sta tentando di liquidare l’esperienza dell’autogestione, che è viva, feconda e operante in moltissime città della Svizzera “vera”. Anche in questo triste caso, Lugano dimostra di essere una banale, ottusa e arrogante caricatura di questa bella Svizzera.






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