Come sostenendo l’Ucraina piovono dollari sulle fabbriche americane
Le eloquenti cifre del “Center for Strategic and International Studies” statunitense: all'Ucraina solo briciole
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Le eloquenti cifre del “Center for Strategic and International Studies” statunitense: all'Ucraina solo briciole
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Le eloquenti cifre del “Center for Strategic and International Studies” statunitense: all'Ucraina solo briciole
Si è dato grande risalto, anche in casa nostra, al “gigantesco pacchetto” (60.8 miliardi di dollari) di aiuti all’Ucraina approvato dal Congresso americano. Non per metterci medaglie, ma, fatte le giuste proporzioni, risulterebbe difficile trovare un attributo equivalente all’aiuto sinora concesso dalla piccola Svizzera (400 milioni per aiuti umanitari, 100 per le attività di sminamento; 1.8 miliardi previsti e votati entro il 2028 per la ricostruzione e la pace; 66 mila profughi ucraini ospitati). Della quale Svizzera – criticata spesso e non sempre a torto per essere o troppo spettatrice e prudente, con la sua neutralità ostentata e non sincera, o troppo calcolatrice e opportunista, con i depositi oscuri nelle sue banche e le iniziative di pace per farsi un’immagine attiva e almeno in apparenza indipendente – non si può negare che è umanamente generosa o non si può semplicemente sostenere che agisca per ottenerne un riscontro economico o mantenere posizioni di mercato.
Degli aiuti svizzeri all’Ucraina c’è chi ha chiesto (tra l’altro un consigliere nazionale ticinese) “trasparenza”; non tanto, a quanto pare, perché si teme un uso improprio (spese per armi?), spreco o corruzione, quanto piuttosto perché dovremmo anche darci una calmata nell’aiutare gli altri e guardare in casa nostra, sia ai nostri bisogni, sia in termini di sicurezza e di difesa. Fa eco in questi giorni qualche associazione economica padronale: sburocratizziamo e facilitiamo l’accesso al lavoro a quei 40 mila profughi ucraini in età lavorativa, che ne abbiamo proprio bisogno!
Mentre ci si arrovella in tutto questo (il gigantesco pacchetto americano, gli interrogativi e le iniziative svizzere) ecco che appare un’interessante indagine. Che non solo fa discutere, ma dimostra ancora una volta come la guerra, provocata perlopiù da interessi di conquista o d’occupazione, accende reazioni le quali, vestite di libertà, diritti, autonomie e generosità, nascondano di fatto obiettivi traversi, profittevoli all’interesse nazional-economico mille miglia lontano. L’indagine (la trasparenza) è dovuta a Mark F. Cancian e Chris H. Park dell’americano CSIS o “Center for strategic and international studies” di Washington (porta il titolo: What is in the Ukraine Aid Package, and What Does it Mean for the future of the War). Studio dettagliato, informato, corredato di grafici significativi.
Riassumendo. Del gigantesco “”package” USA di 61 miliardi, solo 2.5 sono destinati a “aiuti umanitari globali” e 0.3 ad altre agenzie americane; 7.9 sono destinati a un sostegno finanziario al governo ucraino (e non si sa come e dove li spenderà). Tutto il resto è spesa militare, o per equipaggiamento militare per l’Ucraina (25.7) o per attività militari in Ucraina (17), o per appoggio alle forze americane contigue stanziate in Europa (7.3).
La parte essenziale dei 25.7 miliardi per l’equipaggiamento militare è destinata a sostituire il materiale militare americano inviato a Kiev (13.4 miliardi), somma che quindi ritorna all’esercito americano. Sette miliardi di dollari sono utilizzati per rafforzare la base industriale di difesa statunitense. Rimangono quindi solo 1.6 miliardi del “gigantesco pacchetto” che arriva direttamente a Kiev sotto forma di sussidi o prestiti. C’è una seconda posta: “attività militari legate all’Ucraina”. Serve a finanziare la formazione per l’utilizzo delle nuove armi, come i Patriot o gli aerei F16.
A conti fatti, dice lo studio: “circa il 72 per cento dell’aiuto all’Ucraina e l’86 per cento dell’aiuto militare saranno tutti spesi negli Stati Uniti”. Ed è grazie a questo e, in misura minore, per il conflitto a Gaza e in Israele, che l’industria dell’armamento o della difesa gira a pieno regime negli Stati Uniti, risollevando l’economia del Paese.
C’è un’aggiunta, condensata in un interrogativo: “Quegli impegni [cui vanno aggiunti i 41.56 miliardi di euro già versati e i 24 miliardi supplementari appena promessi dall’Europa, ndr] serviranno a sbaragliare Putin? Difficile a dirsi. In ogni modo, non potranno risolvere il problema della mobilitazione degli uomini, che mancano crudelmente all’esercito ucraino”.
Ed è così che rimane… un problema umano.
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