La democrazia travisata

La democrazia travisata

Lo Stato di diritto, la sovranità popolare e la Costituzione, che traccia limiti oltre i quali non è lecito andare: sono i limiti dei diritti fondamentali e dell’assoluto rispetto delle minoranze e delle opinioni delle minoranze


Andrea Ghiringhelli
Andrea Ghiringhelli
La democrazia travisata

Lo aveva detto Benedetto Croce, a metà degli anni Quaranta del secolo scorso: “La democrazia, smarrendo la severità dell’idea liberale, trapassa nella demagogia e, al di là, nella dittatura”. Profetico: è accaduto. La democrazia, senza la garanzia delle libertà, è sfociata negli Stati illiberali che oggi costellano, numerosi, il panorama, dall’Ungheria alla Polonia alla Turchia alla Russia e ora c’è pure l’Argentina che concorre ad esibire “el Trump de la pampa”. E l’involuzione autoritaria prosegue: è la tentazione di tutte le destre illiberali o, paradossalmente, ultraliberiste. Propongono regimi politici formalmente democratici ma che assumono, attraverso la riduzione o la soppressione di diritti fondamentali e il rafforzamento dell’Esecutivo a scapito del Parlamento, le caratteristiche proprie delle dittature dove il capo agisce sempre in nome della volontà della nazione.

In Italia, il governo Meloni, che, a dire il vero, non esibisce un campionario di ingegni assoluti, esalta il primato su tutto della sovranità popolare. Lo ha detto Ignazio La Russa quale è l’idea di democrazia della destra populista postfascista: “Comanda chi vince e il popolo ha sempre ragione, anche quando sbaglia”. A dire il vero, ci aveva già informati verso il 1830 Alexis de Tocqueville, giovane aristocratico francese con gli occhi puntati sulla democrazia americana: “l’idea di democrazia nasconde un grave pericolo, la tirannia della maggioranza (Io considero – scrive Tocqueville – empia e detestabile questa massima: che in materia di governo la maggioranza di un popolo ha il diritto di far tutto”).

Appunto: il diritto di far tutto è rivendicato con forza dalla destra meloniana postfascista che infatti non ama molto la Costituzione perché pone dei limiti precisi alla sovranità popolare. Lei, la Meloni, la Costituzione la vuole cambiare con una mirata iniezione di democrazia diretta che le consenta di fare del dominio della maggioranza un regime: per esempio pretendendo l’elezione popolare della Presidente del Consiglio che la ponga al di sopra di tutte le istituzioni, per esempio relegando il Presidente dello Stato a ruoli marginali di rappresentanza (lui eletto dal Parlamento, lei investita dal Popolo), per esempio trasformando il Parlamento in un luogo che contempla il consenso al Capo e inibisca il dissenso, per esempio legittimando una legge che consegni al suo partito un premio di maggioranza smisurato, per esempio occupando e presidiando i luoghi della produzione culturale per imporre i propri orientamenti, per esempio trasformando lo Stato di diritto in uno Stato etico che si fa fonte esclusiva della pubblica morale e detta al cittadino le regole del bene e del male. È forse opportuno ribadire, en passant, che lo Stato liberale prevede dei cittadini e non dei sudditi.

Piccolo approfondimento. Avrete notato che la democrazia delle destre-destre è quella elettorale. Chi vince comanda. Conta la forza del numero. Il confronto e la condivisione delle idee fra le parti non entrano in considerazione. E infatti in tutti i regimi autoritari il centro del sistema istituzionale è il Governo, ossia la sede della decisione politica che di fatto assorbe pure le funzioni legislative, mentre il Parlamento è ridotto a strumento di legittimazione delle decisioni del Governo: si avanza a colpi di voti di fiducia e di decreti-legge che la maggioranza approva e le opposizioni sono ininfluenti. La democrazia rappresentativa che caratterizza lo Stato di diritto è un’altra cosa: l’essenza della democrazia – ci ricordano gli avveduti – sta nella discussione e non nella decisione: la democrazia diretta riduce la politica a matematica e ci espone al rischio del dominio di una maggioranza.

Lo Stato di diritto, il nostro Stato democratico liberale, proclama la sovranità popolare, ma ci dice pure che la maggioranza che vince non ha sempre ragione (spesso è disinformata e preda delle emozioni, spesso subisce le pressioni della propaganda) e quindi ecco la Costituzione che traccia dei limiti oltre i quali non è lecito andare: sono i limiti dei diritti fondamentali e dell’assoluto rispetto delle minoranze e delle opinioni delle minoranze.

Concludo. La democrazia liberale è una costruzione assai fragile e non diamo per scontato le nostre libertà: la sovranità dei cittadini è facilmente travisata e può diventare strumento di oppressione. Ha ragione Amos Oz: stiamo perdendo la fiducia nel futuro e non crediamo più nella possibilità di migliorare il mondo in cui viviamo. La perdita di fiducia nel futuro coincide inevitabilmente con il crollo della fiducia nella liberaldemocrazia. Il nostro sistema di governo è aggredito e vilipeso dall’esterno dalle varie forme di autoritarismo, laiche o teocratiche che siano, ma è minacciato soprattutto da tanti mali interni che hanno generato iniquità e disuguaglianze. Insomma, dobbiamo ammettere che la democrazia liberale oggi zoppica e funziona piuttosto male: è sempre più vulnerabile e deficitaria perché nei fatti tradisce purtroppo i principi costituzionali su cui si regge.

Articolo pubblicato da laRegione
Nell’immagine: un Parlamento reso sempre più inutile

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