Peter Singer a Lugano, quando il “bene” viene dal cosmo

Peter Singer a Lugano, quando il “bene” viene dal cosmo

Ma i problemi del mondo non possono essere risolti unicamente da beneficenza e impegno individuale, senza cambiare i meccanismi delle disuguaglianze


Michele Andreoli
Michele Andreoli
Peter Singer a Lugano, quando il “bene”...

La riflessione etica si propone di definire dei criteri per giudicare le azioni umane, distinguendo fra quelle desiderabili e quelle invece da evitare. In parole semplici si propone di distinguere le azioni buone da quelle cattive. Ci sono diverse etiche, da quelle che pongono all’origine del comportamento le qualità del carattere, a quelle prescrittive che fanno risalire i valori a entità oltremondane, come per per esempio dio, o a una riflessione razionale che stabilisca il dovere di agire  in base a principi che si vorrebbe vengano adottati anche nei propri confronti – il famoso imperativo categorico di Immanuel Kant. Un altro approccio è quello utilitarista, sviluppato alla fine del ‘700 da filosofi inglesi come Jeremy Bentham che identificano il bene con l’utile: una azione è moralmente buona se produce il massimo benessere per il maggior numero di persone. 

Peter Singer, invitato a Lugano dall’Associazione Athena Cultura assieme alla filosofa polacca Katarzyna de Lazari-Radek, docente all’università di Lodz, è uno dei più importante esponenti dell’etica contemporanea, e ha sviluppato la sua riflessione partendo proprio dai principi dell’utilitarismo. Docente a Melbourne e a Princeton, Peter Singer è famoso soprattutto come paladino dei diritti degli animali. In diversi libri ha preso posizione contro lo “specismo”, sostenendo che i criteri etici vadano estesi a tutti gli esseri senzienti: se la sofferenza deve essere considerata qualcosa di negativo, non c’è nessuna ragione per non combattere anche la sofferenza degli animali. 

Ma alla conferenza tenuta all’USI di Lugano non si è parlato di “liberazione animale”. Peter Singer  e Katarzyna de Lazari-Radek hanno presentato le conclusioni a cui sono giunti nell’opera scritta a quattro mani “The Point of View of the Universe”, in cui si sono confrontati con la filosofia di Henri Sidgwick, il filosofo inglese vissuto alla fine dell’’800 che più di altri ha sviluppato i principi dell’utilitarismo. 

La riflessione di Singer e de Lazari-Radek prende spunto dagli assiomi che Sidgwick ha posto alla base della sua etica, e che considerava principi obiettivi: giustizia (ciò che è giusto per me deve essere giusto anche per tutti gli altri); prudenza (un vantaggio immediato non deve essere preferito a un vantaggio futuro), benevolenza (il bene del prossimo è importante quanto il mio bene). Per quanto comprensibili e auspicabili, questi principi si scontrano nella vita reale con contraddizioni con cui Sidgwick si è confrontato senza riuscire veramente a venirne a capo. La principale è la cosiddetta “contraddizione della ragion pratica”, che si può riassumere con la formula: “il mio benessere è più importante  del tuo benessere.”

Il valore che gli utilitaristi attribuiscono alla soddisfazione personale, a cui anche Singer e de Lazari-Radek danno molta importanza, non aiuta a uscire dal dilemma. Come conciliare l’edonismo, la ricerca della realizzazione individuale, con il benessere del maggior numero di persone? Per riprendere un argomento di Karl Marx, che si era confrontato a suo tempo con Jeremy Bentham: cosa fare se il benessere di qualcuno può venir aumentato solo a scapito del benessere di qualcun d’altro?

La via d’uscita proposta da Singer e de Lazari-Radek ci conduce nel cosmo. Si tratta infatti del “punto di vista dell’universo”, già proposto da Sidgwick. Bisogna guardare il mondo dall’alto, mettere in secondo piano il nostro interesse particolare per assumere una prospettiva generale. Da questa prospettiva, dal punto di vista dell’universo, non c’è nessuna ragione per attribuire maggiore importanza al benessere di un individuo piuttosto che a quello di un altro: ci si rende conto che non siamo gli unici su questo pianeta e che dobbiamo prendere le nostre decisioni tenendo conto delle conseguenze delle nostre azioni. Insomma si acquisisce una visione d’insieme, imparziale, che permette di promuovere il benessere di tutti gli esseri senzienti. Secondo Singer e de Lazari-Radek la storia dell’umanità ha dimostrato la validità di questo argomento: l’evoluzione ci ha dotato di facoltà morali e razionali che nell’insieme hanno contribuito a far progredire l’umanità. 

 A complemento del comportamento morale dell’ umano cosciente della globalità dei problemi, nella visione di Peter Singer per migliorare la vita sul nostro pianeta occorre l’intervento dei benefattori seguaci dell’”altruismo efficace,” il movimento che Singer ha contribuito a fondare. A Lugano il filosofo ne ha accennato rispondendo alle domande del pubblico. Nonostante i dubbi suscitati da questo approccio dalla condanna lo scorso anno dell’altruista efficace americano Sam Bankman-Fried, che aveva preso molto sul serio l’invito ad arricchirsi per fare della beneficenza, ma per farla usava i soldi affidatigli dai clienti (vedi qui Date e vi sarà tolto, ovvero l‘”altruismo efficace”), Singer non sembra aver perso la fiducia che in questo modo si possa contribuire in maniera significativa a migliorare il mondo.

Un ottimismo di questi tempi non così facile da condividere. Se si apre un giornale o si guarda un telegiornale, non si ha l’impressione che l’universo sia affollato di esseri umani ansiosi di pensare al benessere di tutti. Il compito di cambiare le cose in meglio viene affidato alla buona volontà del singolo, senza considerare le condizioni sociali, culturali, economiche e istituzionali in cui l’essere umano agisce e che sono determinanti per la distribuzione delle risorse e soprattutto per la sua possibilità di realizzarsi. 

Il punto di vista dell’universo può sicuramente indurre a un comportamento lodevole, in grado di fare del bene, ma è lecito dubitare che i problemi del mondo possano venir risolti solo con l’impegno individuale e la beneficenza, senza andare a toccare le radici istituzionali delle disuguaglianze.

Nell’immagine: Peter Singer

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