È nato in casa d’altri, Gesù
In occasione delle festività natalizie riproponiamo un racconto dello scrittore ticinese Sandro Beretta
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In occasione delle festività natalizie riproponiamo un racconto dello scrittore ticinese Sandro Beretta
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In occasione delle festività natalizie riproponiamo un racconto dello scrittore ticinese Sandro Beretta
È quel che è capitato all’Aurelio, l’evocato assente-presente di un bellissimo racconto di Sandro Beretta, scrittore-operario bleniese, nato nel 1926 e morto prematuramente nel 1960, lasciando scritti di rara ruvida asprezza, che ancora sanno incidere nella sensibilità del lettore di oggi con una incontestabile qualità ed attualità, sia nei temi che nella scrittura.
In queste giornate che, nella ricorrenza del Natale, si vogliono dedicate alla serenità famigliare, mentre intorno a noi, soprattutto in Galilea, si vive il quotidiano inferno, vale la pena di leggere i “rileggere” questo fumineo racconto di uno scrittore troppo trascurato, troppo poco conosciuto, che merita di stare nelle nostre case per farci, anche, riflettere. (e.l.)
In casa nostra, Gesù di Galilea rinasceva tutti gli anni, quando tornava l’Aurelio.
Cominciava una settimana prima, mia madre, a parlarne: “Chissà quel figlio quando arriva, i panni che avrà da lavare”. Perché l’Aurelio non mancava mai a Natale.
Avevano un bel dire che era un figlio sprecato, un malfabene, perduto per il mondo, giornatando.
È così alla Camminada, quando si è nati di povera gente, e non s’ha nemmeno un maledetto mestiere.
Avevano un bel dire, che l’Aurelio aveva sbagliato tutto della vita; è così, quando si cerca di non vivere solo di se stessi, e s’ha nelle vene sangue di gente che ha sempre tribolato…
“I panni da lavare”, diceva mia madre. Ma quando si ha un figlio via per il mondo, sono solo i panni che contano?
Noi sapevamo però che tutto il resto era sottinteso, come un male ormai scontato da sempre.
Solo di rado, mia madre diceva ancora: “Sempre dentro di lì marabiente quel povero Aurelio”…
E allora, c’era tutta un’amara pietà nella sua voce; e il rancore della povera gente, per le cose che sfuggono al nostro potere e contro le quali non vale rivoltarsi uno alla volta.
Doveva restare, l’Aurelio, perché un lavoro per lui, c’era, giù nel Piano, agli argini della Buzza.
Ma poi lo avevano dato a un altro, dopo tante promesse.
L’Aurelio, per un po’ era rimasto a casa a rodersi il cuore, poi, un giorno, s’era deciso per il Canadà.
Così stasera la Nannina ha messo qualche cosa di buono sul fuoco, ma non scenderemo, come gli altri anni, incontro all’Aurelio, alla stazione del Piano.
Eppure la sera è tutta stellata, e riverbera ancora nel cielo di dicembre il bianco dei nevai…
Fuori c’è l’aria di Natale; s’odono, di lontano, campane, giù nella valle.
Mia madre sospira ad un mucchio di panni rattoppati e la Nannina la guarda, pensando forse a quando sospirerà anche lei, più tardi negli anni, fatta donna, per un altro che parte.
L’ultima volta, prima di partire in America, aveva detto, l’Aurelio, che gli piaceva Gesù, perché aveva sferzato gli scribi e i farisei.
È tornato il Luigino dei Lobbia, dall’America. Forse, quest’anno, è nato in casa sua l’uomo di Galilea.
Da Sandro Beretta, È nato in casa d’altri, Gesù, Edizioni Cenobio, Lugano, 1963, pp. 47-48
Questi racconti, affiancati ad ulteriori inediti, sono stati successivamente pubblicati in due edizioni più recenti e con un altro titolo, “L’aria dal basso” da Casagrande di Bellinzona nel 1983 e, in versione ulteriormente rivista, presso lo stesso editore nel 2004.
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