Senatori contro la libertà di stampa
Due recenti decisioni del Consiglio degli Stati favoriscono il bavaglio ai giornalisti
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Due recenti decisioni del Consiglio degli Stati favoriscono il bavaglio ai giornalisti
• – Federico Franchini
La didattica per competenze non è orientata ad una visione "aziendale" della scuola ma va esattamente all'opposto - Di Rezio Sisini
• – Redazione
Qualche annotazione, da storico e da spettatore, su significative emissioni recentemente proposte dalla RSI
• – Pietro Montorfani
La soppressione del dibattito libero su Israele e Palestina al quale lei contribuisce sembrerebbe contraddire le sue idee
• – Redazione
Dove è stata introdotta, la settimana breve ha dato buoni se non ottimi risultati; perché in Svizzera poche aziende l'hanno voluta?
• – Aldo Sofia
La politica dei trasporti all’incontrario della Confederazione: il trasporto pubblico non è prioritario, miliardi di franchi per ampliare le autostrade
• – Fabio Dozio
Quando è stato che la sinistra ha adottato l’idea che la politica internazionale sia meramente calcolo geopolitico che obbedisce alle ragioni della forza, abbandonando l’internazionalismo e la prassi pacifista? Resistere ai cliché orientalisti, che rappresentano gli arabi come barbari premoderni e Israele come una moderna liberaldemocrazia, non implica attenuare il giudizio su soggetti autoritari
• – Redazione
A seguito dell’ennesima inconcludente Cop sul clima, che dopo trent’anni di negoziati rimane uno spazio di mancato compromesso, si continua a testimoniare una crescente influenza del mondo della finanza, che vede il collasso eco-climatico come una eccezionale opportunità
• – Redazione
Il monopolio Uefa dichiarato illegale: sommo diritto, somma ingiustizia (ma anche somma stupidità)
• – Libano Zanolari
Record di esecuzioni capitali nel 2023. Ieri è stata la volta di una giovane donna. Data in sposa a 15 anni e vittima di maltrattamenti, arrestata nel 2013 con l’accusa di aver ucciso il marito. Dieci anni in cella senza poter vedere i figli. La famiglia della vittima, che secondo la legge islamica avrebbe potuto salvarla, ha detto no
• – Redazione
Due recenti decisioni del Consiglio degli Stati favoriscono il bavaglio ai giornalisti
La mozione, depositata dalla Commissione economia e tributi del Consiglio nazionale, faceva seguito alla vicenda “Suisse Secrets”, un’inchiesta giornalistica internazionale pubblicata nel febbraio 2022 a seguito di una fuga di dati riguardanti Credit Suisse. Dati che hanno dimostrato – una volta di più – come la grande banca avesse ospitato per anni decine di conti di dittatori, trafficanti di droga e criminali di ogni risma. In quell’occasione, la stampa elvetica non partecipò all’inchiesta coordinata dal Consorzio internazionale di giornalisti investigativi (ICJI): i suoi membri svizzeri, tra cui la Tribune de Genève e il Tages Anzeiger, ritennero troppo rischioso pubblicare informazioni dettagliate sulla vicenda. In causa vi era l’articolo 47 della Legge sulle banche. Quest’ultimo era stato rafforzato nel 2015 proprio a seguito di un’altra inchiesta giornalistica internazionale, i cosiddetti “Swiss Leaks”, originata da una fuga di dati della banca HSBC. Da allora chiunque – giornalisti compresi – divulghi informazioni rivelate in violazione del segreto bancario rischia tre anni di prigione.
Nel 2022, poco dopo il caso “Suisse Secrets”, la relatrice delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione, Irene Khan, scrisse all’allora presidente della Confederazione, Ignazio Cassis, per condannare questo imbavagliamento dei media. In Parlamento c’è così chi si è mosso per migliorare la situazione della stampa. A frenare il cambiamento ci ha pensato di recente il Consiglio degli Stati: con 32 voti a 10, la maggioranza di centro-destra ha bocciato la mozione che chiede al Governo di esaminare una modifica legislativa volta a garantire la libertà dell’informazione riguardo ai temi concernenti la piazza finanziaria.
La camera dei Cantoni non si è però fermata qui. Il 20 dicembre ha adottato un postulato del presidente del PLR, Thierry Burkart, che chiede al Consiglio federale di esaminare l’opportunità di punire la pubblicazione di “dati sensibili ottenuti o acquisiti illegalmente”. È forse opportuno ricordare che, spesso, molte inchieste giornalistiche si basano su testimonianze o dati che non dovrebbero essere divulgati. Ora, il Consiglio degli Stati vorrebbe sapere “in quali casi” la pubblicazione può essere autorizzata, ossia quando l’interesse pubblico supera l’interesse privato a vietare la pubblicazione. Va detto che la Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti stabilisce chiari obblighi per i professionisti dei media, tra cui la tutela dei diritti personali: i giornalisti hanno la responsabilità di giudicare l’importanza dell’interesse pubblico prima di pubblicare qualsiasi informazione e sono obbligati a diffondere solo i dati rilevanti. Inoltre, la legislazione attuale protegge già le informazioni personali sensibili tanto che il Parlamento ha deciso lo scorso anno di favorire il divieto di pubblicare articoli o inchieste che possono avere un pregiudizio “grave” (e non più, come prima, “particolarmente grave”) sulla personalità di chi è chiamato in causa. La strada presa ora dal Consiglio degli Stati è estremamente pericolosa per una democrazia tra i cui pilastri vi è proprio la libertà di stampa. È infatti certo che se il Parlamento giungerà alla conclusione che la pubblicazione di informazioni che violano altri segreti (commerciali, ufficiali, professionali, ecc.) debba essere effettivamente punita, le inchieste giornalistiche in Svizzera saranno molto più difficili.
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