Dal nostro corrispondente da Mosca
Per citare uno dei più grandi cantautori contemporanei, “non hai bisogno di un meteorologo per sapere da che parte tira il vento”: e vale anche per la guerra in Ucraina.
Ormai da qualche mese – malgrado mille difficoltà – è evidente che Vladimir Putin sta navigando con la corrente a suo favore. Una serie di fattori internazionali lo stanno aiutando (elezioni in Europa e negli Usa), a cui va aggiunta la situazione interna in Ucraina, sempre più complessa ed incerta.
Lo “zar” di Mosca sembra aver identificato i suoi nuovi obbiettivi. Dopo abbandonato per un certo periodo l’idea di prendere Charkiv, da gennaio gli attacchi alla più grande città dell’Ucraina dopo Kiev (1,5 milioni di abitanti), nonché snodo fondamentale per controllare tutta la riva destra del Dnepr, sono tornati ad essere massicci.
Secondo quanto riporta il “Kievskij Post” dall’inizio dell’anno “sono stati lanciati più missili balistici contro questa città che in qualsiasi altro momento dall’inizio del conflitto. Gli attacchi dei droni sono diventati più frequenti, volano più velocemente e più in alto, e le loro ali sono rivestite di carbonio, il che li rende più difficili da abbattere”.
L’attacco alla città avvenuto lo scorso 27 marzo ha rappresentato probabilmente il punto di svolta: una bomba lanciata da un aereo, ma in grado di viaggiare per decine di chilometri, era stata usata per la prima volta contro la seconda città ucraina. Inoltre, secondo gli esperti militari di Kiev, anche la tattica russa è cambiata: ora vengono realizzati “doppi attacchi” (attacchi ripetuti sullo stesso bersaglio) apparentemente rivolti a colpire anche i primi soccorritori.
Le intenzioni esatte della Russia non sono comunque chiare in questa fase, anche se ci sono segnali che indicano che si sta preparando per una grande offensiva estiva. Una fonte ucraina che ha familiarità con i rapporti di intelligence ha affermato che la Russia starebbe attualmente preparando sei divisioni (circa 120.000 uomini) nella Siberia orientale.
Alcuni ufficiali ucraini non sembrano essere così pessimisti sulle prospettive di tenuta della città.
A loro parere, un’operazione militare per la conquista di Charkiv sarebbe ancora un compito impossibile per la Russia. L’ultima volta che ci provò era il 2022, quando la città era molto meno difesa, e l’assalto fallì miseramente. Per conquistare la città sarebbe necessario sfondare le difese ucraine e circondarla, cosa che la Russia finora non è riuscita a fare: dovrebbe garantirsi la superiorità aerea, cosa non scontata, e vincere una sanguinosa battaglia urbana casa per casa.
“C’è una buona probabilità che non riescano in nessuna di queste cose”, dice l’esperto ucraino ed ex ministro della Difesa Andriy Zagorodnyuk. Altri ufficiali però temono che i russi diventino ancora più brutali quando si renderanno conto di non poter ottenere ciò che vogliono. “Non riusciranno a prendere Charkiv, ma distruggerla è possibile… Stiamo parlando di qualcosa di simile a quello che accadde ad Aleppo, in Siria”, dice Denis Yaroslavskij, uomo d’affari locale diventato comandante delle forze speciali.
il sindaco Igor Terekhov afferma che la città non ha intenzione di arrendersi. “La situazione era ancora peggiore all’inizio del conflitto – afferma -, quando tutti i due milioni di abitanti, tranne 300.000, erano fuggiti. La gente non vuole andarsene perché è già andata via una volta, ma poi è tornata”.
Zelensky, ormai tutti i giorni, dichiara che se il Paese non otterrà nuovi rifornimenti militari dagli “Stati alleati” occidentali, c’è il rischio “dell’arretramento e della sconfitta”. Ma armi e munizioni non sono il solo problema, e forse neppure quello più urgente. Il problema numero uno resta quello della mobilitazione. Dopo il fallimento della controffensiva della scorsa estate è difficile trovare dei giovani maschi ben disposti a sostituire le usurate truppe che tengono il fronte, spesso dall’inizio del conflitto.
Il portale “Ucraina Today” riporta le voci dei giovani di Kiev :”Ho paura”, dice Dima, 31 anni, fumando una sigaretta dopo l’altra. “La mia ragazza dice che dipende da me. Ma io non voglio andare”. La scorsa settimana Zelensky ha presentato la legge che abbasserebbe l’età minima di arruolamento da 27 a 25 anni, e abolirebbe le esenzioni mediche: ma i deputati della Rada, il parlamento ucraino, temono di votarla perché rischiano di diventare ancora più impopolari di quanto siano già ora. I canali Telegram in ucraino e in russo sono pieni di agenzie clandestine che sostengono di poter aiutare i giovani a evitare la leva.
In prospettiva il fattore demografico potrebbe avere un ruolo deciso. L’Occidente, alla fine, sta iniziando a fare dei calcoli cinici: la popolazione dell’Ucraina presente nel Paese è stimata in circa 31 milioni, mentre la Russia conta 144 milioni di abitanti. Più a lungo si protrae il conflitto, più si teme che i numeri abbiano la meglio. Emigrazione e diaspora alla fine potrebbero pesare più dei cannoni e degli aiuti finanziati.
L’Ucraina ha oggi il più basso tasso di natalità al mondo, e finora ha cercato di risparmiare ai suoi giovani gli orrori del confronto diretto e delle trincee. Ma ora l’età media di un soldato ucraino è diventato di 43 anni, e mandare giovani al fronte sembrerebbe indispensabile. Bisogna vedere se il governo avrà la forza politica e l’autorevolezza morale in un Paese dove comunque la corruzione resta una zavorra.
Alla fine, persino all’epoca dei droni e della guerra digitale, sembra che il fattore umano resti ancora decisivo.
Nell’immagine: disertori ucraini (fotografia di Nello Scavo)