Elogio alla mediocrità (politica)
Davvero per rappresentare il bene comune occorre elevarsi al di sopra della moltitudine? Sventurata la terra che ha bisogno di eroi (B. Brecht)
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Davvero per rappresentare il bene comune occorre elevarsi al di sopra della moltitudine? Sventurata la terra che ha bisogno di eroi (B. Brecht)
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Davvero per rappresentare il bene comune occorre elevarsi al di sopra della moltitudine? Sventurata la terra che ha bisogno di eroi (B. Brecht)
La questione è: e se la mediocrità politica fosse in realtà una virtù e non un difetto? Partiamo dalla definizione grazie al dizionario etimologico che ci descrive la mediocrità, dal latino mediocris, come una dimensione che sta in mezzo agli estremi o anche fra il molto e il poco, fra il buono e il cattivo. Uno stato medio, appunto. Nei secoli, la virtù umana è sempre stata riconosciuta in chi si è distinto, in chi ha dato prova di gloria e onore. Gli eroi, simboli virtuosi per antonomasia. In una società erede del progresso indiscusso, prima spirituale e poi umano, ancora oggi solo chi dà prova di “cambiare il mondo” può considerarsi vero rappresentante del bene comune. A prescindere che sia seguito, compreso, o meno. Anzi, il vero politico sarebbe colui che vede dove noi mediocri non vediamo. Al contrario, l’anonimo, il cittadino banale, modesto, piatto e magari anche scarso, non è certo – ieri come oggi – degno di elevarsi a rappresentanza dei molti. Essere eletto.
Seguendo il sillogismo, si dovrebbe dunque concludere che la politica per essere davvero onorevole deve far capo agli eroi? Dall’Illuminismo ai nostri tempi, la risposta è nella domanda. Talmente scontata che la storia ci ricorda anche gli estremi, con le dittature e gli orrori della prima metà del Novecento. Eroi malefici, Belzebù ammalianti e potenti posseduti dalle stese virtù degli eroi virtuosi, ma usate a fin di male. Banalizzando, un politico mediocre non sarà mai un dittatore. Così come non è vero che la malvagità è mediocre. Anzi.
Estremi a parte, la mediocrità in politica altro non è che la miglior rappresentanza della propria realtà: non un passo indietro e non uno avanti. La politica “mediocre” ben evidenzia quanto necessità ora e qui; non un progetto rivoluzionario, non un sogno utopico, non uno scenario ipotetico. La mediocrità, in politica come altrove, è pragmatismo. E se altrove (nelle altre attività umane) spesso è un limite, in politica è capacità di rispondere alle esigenze di chi si rappresenta senza far capo a narrazioni immaginifiche o evocatrici di scenari mistici. Meglio, senza nessuna narrazione.
Troppo poco? In tempi come i nostri, dove le nuove tecnologie hanno l’ambizione di predeterminare il futuro dei cittadini-consumatori disegnando scenari decisamente distopici – o almeno eroici – e dove i fanatismi vecchi e nuovi mettono in forse la pace mondiale, il politico “mediocre” è un toccasana di realismo capace di traghettarci dall’ignoto a un nuovo mondo possibile. E non ultimo, ottimo lettore, quasi istintivo, dei bisogni e dei desideri di chi lo elegge. Senza sovrastrutture o acchiappa baci.
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