Ian Bremmer: “L’Ucraina fatica a tenere le linee, l’Ue non può escludere le truppe”
L’analista: «Putin non ha più paura di attaccare una Nato che crede debole»
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L’analista: «Putin non ha più paura di attaccare una Nato che crede debole»
• – Redazione
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l’Ufficio federale di statistica conferma la crescita delle disparità salariali del Cantone rispetto al resto della Svizzera: nel 2022 salario mediano oltre Gottardo di 6.788 franchi, in Ticino di 5.590. Analisi e prospettive
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• – Redazione
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• – Redazione
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• – Redazione
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• – Aldo Sofia
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• – Redazione
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• – Redazione
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• – Redazione
L’analista: «Putin non ha più paura di attaccare una Nato che crede debole»
Dice Ian Bremmer, analista strategico e fondatore di Eurasia Group, che sulle tentazioni di Macron di inviare truppe in Ucraina pesano tre fattori. «Il primo è quanto emerso dall’incontro Orban-Trump con i proclami di quest’ultimo di chiudere i rubinetti al sostegno americano a Kiev; il secondo è la lentezza con cui la Camera Usa discute se approvare o meno l’assistenza per l’Ucraina. Infine, c’è la realtà sul campo: inutile fingere di non vedere che gli ucraini non riescono a tenere le linee difensive e che i russi probabilmente conquisteranno ulteriore terreno».
«La paura dell’Europa per questo scenario la sta spingendo a ragionare che sul breve e medio termine bisognerà incrementare gli sforzi per evitare di trovarsi imbarcati in una situazione peggiore».
«Credo vi siano due piani. Nel medio termine gli europei sono consapevoli di dover investire maggiormente in Difesa. E sul breve termine devono garantire più aiuti a Kiev».
«Macron vuole ricoprire un ruolo di leader, l’ha fatto, benché non sempre con efficacia, in passato. Ora dice che potrebbero esserci truppe francesi a Odessa. È una dichiarazione significativa per un leader Nato e ha trovato sostegno. Il ministro degli Esteri polacco Radek Sikorski si è fatto immediatamente avanti per sostenere la sua idea».
«Credo che ci sia la speranza in Macron e Sikorski di far capire alla Russia in modo evidente che il protrarsi delle azioni belliche in Ucraina potrebbe avere serie conseguenze».
«Sicuramente. Alla luce del fatto che lo stesso atteggiamento di Putin è mutato da un po’ di tempo».
«Due casi recentissimi spiegano bene il clima: pochi giorni fa è caduto un missile a pochi metri da dove si trovavano Zelensky e il premier greco Mitsotakis. Avrebbe potuto ucciderli. Ora saremmo in un conflitto, una crisi globale. Il secondo è l’aggressione a Leonid Volkov, assistente di Navalny. È avvenuta in Lituania, un membro della Nato. In questi episodi scorgo la volontà della Russia di assumersi rischi maggiori poiché percepisce una Nato più debole e incerta. E azioni di questo tipo sono destinate ad aumentare, a differenza che in un recente passato quando certe operazioni contro l’Alleanza occidentale erano limitate».
«Ci sono diverse strade: Johnson può tirare dritto, far votare l’aula senza essere sfiduciato dalla destra del suo partito. Magari nemmeno gli interessa restare Speaker, è in quel ruolo per un incidente di percorso. Oppure può profilarsi una maggioranza netta che escluda del tutto il Freedom Caucus. In fondo non importa come si arriva al punto. Ci sono confronti costruttivi dietro le quinte fra Johnson e il Senato, entrambi sono fiduciosi che ci sarà un via libera. Il come è parte della discussione».
«Non accadrà se non si sarà allineati con l’Europa, gli Usa non agiranno da soli anche perché la maggior parte degli asset russi è custodita in Europa e Giappone. È una strada lunga».
«Per la Russia tenere elezioni è importante. Non è la Cina. La nazione si pensa storicamente parte dell’Europa e ritiene che mostrare a tutti che la legittimazione del leader tramite il consenso popolare rafforzi la leadership. Conta avere alta affluenza e un consenso più alto del passato proprio ora che ci sono malumori contro Putin».
«Non importa al Cremlino, i rivali sono stati “ripuliti”. Le proteste soppresse o gestite. Nulla di sorprendente».
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