La parabola dei 5Stelle: c’era una volta il pauperismo
È l’atto finale della telenovela tra i due maggiorenti pentastellati, l’evoluzione di un movimento di protesta che oggi lotta per non sparire
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È l’atto finale della telenovela tra i due maggiorenti pentastellati, l’evoluzione di un movimento di protesta che oggi lotta per non sparire
• – Redazione
Primavera 2024. L’assedio israeliano dei principali ospedali palestinesi si conclude con il ritiro delle truppe di terra ed emerge l’orrore: nei dintorni delle cliniche, in sette diversi luoghi di sepoltura, vengono trovati 520 corpi. Molti giustiziati, altri bendati e ammanettati, tra loro donne e pazienti. 165 non hanno ancora un nome. L'inchiesta della giornalista palestinese Nour Swirki
• – Redazione
Si calcola che le patologie che possono essere prevenute con uno stile di vita sano siano il 40% dei casi clinici, e rischiano di diventare il 60%. Mentre oltremanica è boom di “bionde” di plastica
• – Redazione
Laddove eventualmente pone problemi l'inclusione va gestita meglio, non abolita in base alle lusinghe del darwinismo sociale che affascina sempre più le destre
• – Adolfo Tomasini
È scomparso in Perù, aveva 96 anni. Nella sua «opzione preferenziale per i poveri» fu avversato da Wojtila e inquisito da Ratzinger
• – Gianni Beretta
Di Lucio Caracciolo, La Repubblica Israele sta combattendo con successo la sua guerra di autodistruzione. Nelle parole del generale Udi Dekel, “è evidente che la leadership...
• – Redazione
Rifugi distrutti, inizia la fuga verso sud. Sulla tv israeliana i video degli uomini rapiti. Si ferma la seconda campagna vaccinale anti-polio. Onu: Tel Aviv ci vieta di raggiungere gli ospedali
• – Redazione
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• – Franco Cavani
Qualunque cosa si pensi di questa scelta, si fatica a comprendere come si possa paragonare la gestazione solidale con reati gravissimi. Perché allora perseguire un reato universale che “universale” non è?
• – Redazione
Questo titolo può apparire brutale, ma non lo è. Finanziariamente, è solo realistico e conveniente
• – Silvano Toppi
È l’atto finale della telenovela tra i due maggiorenti pentastellati, l’evoluzione di un movimento di protesta che oggi lotta per non sparire
Licenziamento in tronco. Sulla giustezza della cui causa non vanno coinvolti gli avvocati del lavoro (Beppe Grillo, peraltro, è sempre stato il miglior “sindacalista” dei propri interessi) perché, ovviamente, si tratta di una questione politica. Come lo era pure la natura autentica del lautissimo contratto da 300mila euro, formalmente presentato alla stregua di una consulenza per la comunicazione del M5S. Difatti, la vera motivazione della sua revoca – come emerge dalle anticipazioni del nuovo libro vespiano, Hitler e Mussolini (Mondadori-Rai Libri) – consiste nel fatto che «qualcosa si è incrinato in maniera irreversibile», e – continua a confidare il presidente del Movimento riferendosi a Grillo – «già in passato ha avuto atteggiamenti velenosi nei miei confronti».
Vista così parrebbe l’ultima puntata della telenovela che contrappone la coppia di duellanti, ispirata da un fastidio reciproco e un rapporto personale consumatosi in maniera irrevocabile. Un antagonismo personale ampiamente presente nella deflagrazione senza ritorno della relazione tra i due maggiorenti pentastellati, dato che in politica e nella leadership la psicologia conta, eccome. E così, essendo in verità il M5S un partito personale, la convivenza con Grillo risultava possibile esclusivamente se ci si chiamava Gianroberto Casaleggio, mentre adesso non può che rimanerne uno solo, come da slogan del film Highlander.
Davide, il figlio del Cofondatore, corre infatti in soccorso dell’amico fraterno del padre e, intervistato dal programma radiofonico Un giorno da pecora, osserva, non senza qualche fondamento dal punto di vista della storia barricadera del Movimento: «Sono dichiarazioni un po’ strane. Vengono fatte alla presentazione del libro di Vespa: Conte lo dice a Vespa invece che a Grillo e agli iscritti?».
E qui emerge anche un altro aspetto: uno dei tanti paradossi (postmoderni o meno) che hanno contraddistinto il ciclo vitale di un movimento di contestazione in grado di rappresentare il gigantesco catalizzatore di un voto di protesta postideologico (“oltre la destra e la sinistra”) e di essere stato, al contempo, forza di governo in esecutivi di orientamento politico giustappunto antitetico, senza avere (volutamente) la forza di governare ed evitando accuratamente la piena istituzionalizzazione e partitizzazione. Divenuto ora un’organizzazione con una sola strategia esistenziale a disposizione per evitare la scomparsa, quella di collocarsi – obtorto collo – nello schieramento che si oppone al destracentro. Una scelta di campo che contrasta, però, con l’ambiguità costitutiva, filamento essenziale del suo dna neopopulista, come pure con la disinvoltura del «CamaleConte», prontissimo a denunciare il “mercimonio” altrui, ma che non disdegna minimamente gli inciuci – terminologia grillina – e gli scambi con le destre al potere. Il punto è che, tenendosi sempre e comunque le mani un po’ libere, Conte mirava a ottenere la leadership del “campo progressista”, continuando a rimpiangere il capitolo fondamentale del suo romanzo di formazione (im)politico: palazzo Chigi.
La tenuta del Pd ha trasformato questa ambizione in un – almeno per il momento – (poco) pio desiderio, e Conte ha pertanto bisogno di operare nei suoi confronti con una spregiudicatezza (e una “politica dei due forni”) filibustiera, di impronta neocraxista. Per farlo deve fidelizzare a sé ogni fibra di un M5S da convertire in «PdC», il partito personale di Conte, contornato da una pattuglia di devoti notabili. Ovvero estirpare definitivamente l’incontrollabile e bizzosa radice grillina, dopo essere già riuscito a esiliare tutti gli interpreti più ortodossi del verbo del capocomico fattosi capopolitico.
L’ultima mossa è, quindi, quella di eliminare i «300mila buoni motivi» – come diceva Luigi Di Maio – che facevano desistere Grillo dallo sbattere platealmente la porta. Ottimi motivi per lui, decisamente incomprensibili per un movimento che esaltava il pauperismo francescano. Una parabola bizzarra per chi voleva fare la rivoluzione, a conferma che non esistono pasti gratis, e nemmeno rivoluzioni per l’appunto. E, in ogni caso, la soap non finisce qui…
Nell’immagine: una manifestazione del M5s
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