Non c’è pace in questa prigione a cielo aperto
Persone intrappolate, vite andate perdute, altre cambiate per sempre: la testimonianza di una operatrice di "Medici senza frontiere" a Gaza
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Persone intrappolate, vite andate perdute, altre cambiate per sempre: la testimonianza di una operatrice di "Medici senza frontiere" a Gaza
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Persone intrappolate, vite andate perdute, altre cambiate per sempre: la testimonianza di una operatrice di "Medici senza frontiere" a Gaza
Tre nuovi sacchi bianchi per cadaveri si sono aggiunti ai tanti altri senza nome. Sono di una famiglia intera arrivata già morta al nuovo punto sanitario di Medici Senza Frontiere a Rafah. Ho pensato per un attimo che forse è stato meglio così, se ne sono andati insieme, spero che non abbiano sofferto, che non abbiano capito.
In questo nuovo punto, attivo da qualche giorno, offriamo cure d’emergenza ai pazienti più gravi, quasi tutti vittime di esplosioni. Li stabilizziamo, cercando di portare in vantaggio la vita sulla morte, e poi li trasferiamo nei pochi ospedali ancora funzionanti. Intanto, il confine è ancora chiuso, il carburante non basta e le medicine che abbiamo non sono infinite. Ancora poche settimane e, se non entreranno nuove forniture, saremo costretti a fare scelte difficili per alcune delle nostre attività.
A Rafah più di 800 mila persone si sono spostate verso la zona costiera, dove mancano i servizi, o verso la zona centrale. Per alcuni è la nona o la decima volta. Qualcuno sceglie di rifugiarsi in edifici pericolanti e già colpiti dai bombardamenti piuttosto che vivere nel caldo soffocante delle tende. Interi quartieri sono ormai quasi deserti, e sembra impossibile immaginarli straripanti di persone fino a pochi giorni fa.
I bombardamenti continuano, ci sono case ancora in piedi con terrazzi che guardano il cielo, perché sono camere da pranzo ormai senza pareti e senza soffitto. Le persone sono lì, sedute a tavola e guardano il mondo che scorre.
Gli ultimi giorni sono stati molto duri anche per la zona centrale, dove molte aree, tra cui Nuseirat, sono state pesantemente attaccate. Due giorni fa centinaia di pazienti sono arrivati nella notte all’ospedale di Al-Aqsa, supportato da Medici Senza Frontiere, 20 pazienti sono morti. Tantissimi bambini sono arrivati feriti e in stato di shock per quello che avevano appena vissuto. Molte persone sono morte sotto le macerie senza avere il tempo di capire quello che stesse succedendo.
La popolazione viene schiacciata su due fronti, da Rafah e dalla zona centrale, stipati in uno spazio che non può contenerci tutti.
Persone intrappolate, vite andate perdute, altre preservate e cambiate per sempre. Non c’è ancora luce alla fine di questo tunnel, non c’è pace per chi resta in questa prigione a cielo aperto.
Martina Marchiò, Coordinatrice medica di Medici Senza Frontiere a Gaza
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