Sapienza e follia attaccate per la coda
È nata la “Swift’s economy”, dal nome della cantautrice americana di enorme successo, che con gli ultimi suoi concerti ha animato l’economia americana con un giro d’affari di circa 6 miliardi di dollari
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È nata la “Swift’s economy”, dal nome della cantautrice americana di enorme successo, che con gli ultimi suoi concerti ha animato l’economia americana con un giro d’affari di circa 6 miliardi di dollari
• – Silvano Toppi
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• – Spartaco Greppi
Da anni si lanciano anatemi o si predica il libero accesso dei più piccoli a internet e smartphone; ma il mondo della scuola non ha affrontato seriamente il rapporto fra educazione e rivoluzione tecnologica
• – Adolfo Tomasini
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• – Boas Erez
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• – Aldo Sofia
È nata la “Swift’s economy”, dal nome della cantautrice americana di enorme successo, che con gli ultimi suoi concerti ha animato l’economia americana con un giro d’affari di circa 6 miliardi di dollari
Black Rock è una delle maggiori società di gestione degli investimenti al mondo, con sede a Nuova York. Il suo “portafoglio” ammonta a 10.500 miliardi di dollari. Dovessimo esprimere questa somma in Prodotto interno lordo (o Pil, che misura tutti i beni e servizi finali prodotti da un paese in un determinato periodo di tempo, un anno, un trimestre), quella società di Nuova York è l’equivalente di un paese come l’India, ritenuta la maggior democrazia del mondo, con un miliardo e mezzo di abitanti. O, se si vuole rincrudire, alla fine del primo trimestre di quest’anno quella società americana amministra fondi che sono l’equivalente del Pil di Germania, Canada, Francia e Svizzera assieme.
Ci si inquieta o si fa finta di inquietarsi per questa concentrazione capitalistica. Essa è tale e mai esistita nella storia dell’umanità, che si riesce a definirla: “una follia”. Lasciando forse intendere per dove può portare: o a una tirannide non solo economica, fondata sul ricatto sistematico sui governi che non le obbediscono o a un crollo e terremoto universalmente distruttivi, peggio del clima (la crisi del 2006 – quella dei subprime – moltiplicata per mille, insomma). Anche perché tutti i cosiddetti “attivi” non appartengono a Black Rock ma ai sottoscrittori (agli azionisti). Si dovrebbe dedurre, allora, che la saggezza rispunta e sa acchiappare almeno la coda della follia. Ma non è così. Altrimenti la cifra d’affari non sarebbe ancora cresciuta dell’11 per cento nell’ultimo trimestre di quest’anno appena iniziato e la redditività non sarebbe aumentata più velocemente del volume d’affari: gli utili sono infatti volati in alto del 36 per cento. Il trionfo del capitalismo.
La sapienza, dunque, non riesce a staccarsi dalla follia. Il paradosso è che per rianimarla deve sempre capitare il contrario e cioè: un tale e devastante livello di follia che la sapienza sarà costretta ad accorgersene.
Capita spesso che l’economia si costruisce sulle favole. Taylor Swift è una trentenne cantautrice americana che ha grande successo. Geopolitica, politica, banche, Wall Street, non c’è campo in cui la “star” non finisca per ruotarsi dentro.
Sul “Wall Street Journal” appare un articolo intitolato: “It’s Swift’s Economy and We’re All Living in it” (“È l’economia di Swift e tutti ci viviamo dentro”). Sul “Financial Times” – tra un commento sul debito americano, l’oro, la crescita, la democrazia – si riesce a collocarla dicendo: ”Scherzo, d’accordo, ma se si presentasse come candidata alla presidenza, potrei sostenerla, fosse solo perché è capace ad aggruppare”. In un resoconto di banca che conta (“The economic power of pop”, Nomura) si sostiene che girando per sei mesi negli Stati Uniti, Taylor Swift ha stimolato il prodotto interno lordo e il consumo e “la sua tournée risulta sinora la più redditizia della storia” (media di 14 milioni di dollari d’entrata per concerto). La prestigiosa agenzia Bloomberg calcola in 6 miliardi l’apporto della cantante con la sua tournée e il Washington Post 5.7 miliardi (stampandola su un dollaro, al posto di Washington, come nuovo emblema della solidità della moneta). Ed è semplice (commenta il Wall Street Journal): “quando Swift arriva, cresce la frenesia di spese (anche per i prodotti derivati)”.
Ed è così nata la “Swiftonomics”, l’economia Swift. Che non è però una minaccia per la stabilità finanziaria, per i prezzi (anche se dove tiene i concerti sono aumentati il prezzo degli alberghi, dei ristoranti, dei trasporti) e le politiche monetarie. E la Fed, la Banca centrale (si dice seriamente) “non dovrà preoccuparsi e adottare misure particolari, come una seconda “regola di Taylor”, integrando i concerti della star nelle previsioni sull’ inflazione e le decisioni sui tassi di interesse (ciò che fa appunto una regola classica detta “ regola di Taylor” dall’omonimo che l’ha inventata; uno scherzo della storia).
Eccoci così alla “favola* secondo cui la “Swiftonomics” ha salvato gli Stati Uniti da una recessione certa. Tanto che c’è chi ha scritto (Dan Fleetwood sul “Washington Post”): “Se Swift fosse un’economia (una nazione economica) essa sarebbe maggiore di quella di 50 paesi”.
C’è della follia in tutto questo. Questa volta diventa un circolo virtuoso: per salvare l’economia bisogna consumare della Taylor Swift e consumando Swift si accetta l’ordine della merce che ha permesso il successo di Swift, oggettivata appunto in merce miracolosa.
La “favola” non è così superficiale come potrebbe sembrare ad economisti e politici cosiddetti seri. Essa dice molto sullo stato del sistema economico attuale. Come il metaverso, le criptomonete o l’intelligenza artificiale, Swift è uno di quei miti che produce il capitalismo moderno per far continuare a credere alla sua capacità di saper sempre superare le proprie contraddizioni.
Miti con una sola funzione: garantire la passività di coloro che, concretamente, soffrono della crisi profonda. Ed è così che la sapienza va a braccetto con la follia.
Nell’immagine: uno dei megaconcerti di Taylor Swift
Come gli Springbocks, la sua leggendaria nazionale di rugby, il Sudafrica pronto a realizzare un governo di coalizione quasi all’ultimo minuto
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