Perché adesso Taiwan torna nel mirino cinese
I cambiamenti del quadro geopolitico mettono la questione in una nuova - e preoccupante - prospettiva
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I cambiamenti del quadro geopolitico mettono la questione in una nuova - e preoccupante - prospettiva
• – Redazione
Il regista luganese è deceduto ieri. Il 5 ottobre avrebbe compiuto 79 anni.
• – Michele Ferrario
Una vicenda di impegno civile che si svolge in una terra che, parafrasando una voce narrante del grande schermo, è "fiorita e fresca, muri di pietra e intonaco, donne e uomini votati a giuste cause che ognuno subito comprende. Un monte schietto e splendido, di una serena e acuta bellezza"
• – Cristina Kopreinig Guzzi
È nata la “Swift’s economy”, dal nome della cantautrice americana di enorme successo, che con gli ultimi suoi concerti ha animato l’economia americana con un giro d’affari di circa 6 miliardi di dollari
• – Silvano Toppi
La riforma tributaria in votazione il 9 giugno (che favorisce solo i più ricchi) va respinta anche perché verrebbe interrotto il democratico principio della progressività fiscale, col rischio che si trasformi in regressività. Sarebbe invece opportuno, mentre crescono le disuguaglianze, tener conto delle esigenze di tutti i cittadini favorendo una crescita economica, sociale e salariale inclusiva e sostenibile
• – Spartaco Greppi
Da anni si lanciano anatemi o si predica il libero accesso dei più piccoli a internet e smartphone; ma il mondo della scuola non ha affrontato seriamente il rapporto fra educazione e rivoluzione tecnologica
• – Adolfo Tomasini
Sempre più sfumata la distinzione fra cittadini di Israele e ebrei
• – Redazione
Irlanda, Spagna e Norvegia la riconosceranno come Stato: «Necessario per favorire la pace». Italia e Germania frenano e i Paesi Bassi vietano lo slogan «Dal fiume al mare sarà libera»
• – Redazione
È necessario preoccuparsi del dilagare di idee di estrema destra, è però altrettanto importante chiedersi come mai il socialismo non arriva a convincere più largamente. Wigan è una città dell’Inghilterra del Nord che figura nel titolo di un libro di George Orwell
• – Boas Erez
Di Domenico Quirico, La Stampa Viviamo in una età inflazionistica: inflazione monetaria, inflazione di idee, inflazione perfino di diritto internazionale, di giurisdizione penale...
• – Redazione
I cambiamenti del quadro geopolitico mettono la questione in una nuova - e preoccupante - prospettiva
Lo sfoggio di forza militare da parte della Cina, subito dopo l’insediamento del leader taiwanese più indipendentista di sempre, ha riportato di colpo l’attenzione mondiale sul “terzo fronte”, un conflitto congelato e a volte silente, ma sempre pronto a esplodere. L’esibizione muscolare di Xi Jinping arriva a stretto giro dalla visita di Vladimir Putin a Pechino, che è servita a resettare i rapporti fra le due potenze antagoniste dell’Occidente. La leadership cinese è rimasta molto prudente, a parole, nel sostegno alla Russia per quanto riguarda il conflitto in Ucraina. Ha insistito sul rispetto dei confini internazionali e sulla necessità di una soluzione diplomatica. Vero è che, nei fatti, i rapporti economici, gas e petrolio in cambio di componenti tecnologiche, sono essenziali per Mosca, tengono a galla il suo complesso militar-industriale e le consentono di reggere alle sanzioni di Usa e Ue. Ma dal punto di vista formale Pechino non vuole fare passi falsi. È decisa a sfruttare le contraddizioni che emergono nel blocco occidentale, messe in evidenza dall’altro fronte caldo, il conflitto israelo-palestinese. L’Ucraina, il nascente Stato palestinese e Taiwan, nella lettura del Sud globale, sono accumunate ma in maniera inversa rispetto alle posizioni atlantiche. E cioè alle regioni russofone ucraine viene riconosciuto il diritto a un’ampia autonomia e si giustifica in parte l’invasione russa perché questo statuto speciale non sarebbe stato riconosciuto. I Territori palestinesi sono visti invece come uno Stato sovrano a pieno titolo, invaso e occupato da un’altra potenza. Mentre Taiwan è considerata una regione cinese ingiustamente separata dalla madrepatria per un retaggio “coloniale”.
Ad alimentare la narrazione cinese è il cosiddetto “doppio standard”. Se per l’Ucraina occupata dai russi si sono mobilitate risorse a favore della resistenza e imposte sanzioni, lo stesso si dovrebbe fare per lo Stato di Palestina. Allo stesso modo, se il Donbass non ha diritto alla secessione da Kiev, lo stesso deve valere per Taipei. È un terreno accidentato, ma come si è visto con la nuova centralità dei tribunali sovranazionali, il diritto internazionale, dato per morto dopo le guerre unilaterali americane, è di nuovo centrale. Secondo Théodore Christakis, giurista dell’università di Grenoble, non c’è un diritto alla secessione, al di fuori di due situazioni: decolonizzazione e occupazione militare. La posizione dei governi europei è invece che il diritto esiste solo all’interno di realtà autoritarie, dittatoriali. Quindi il Kosovo sì, il Kurdistan forse, Taiwan dipende, ma la Catalogna no. È un argomento che fa sempre meno presa sul Global South, composto quasi per intero da nazioni che si sono rese indipendenti da imperi coloniali europei. Per loro la discriminante non è la democrazia ma i rapporti di forza. Nel Seicento, il giurista e filosofo olandese Ugo Grozio sosteneva che gli europei avessero il diritto di fare la guerra a qualunque popolo, anche se non erano attaccati. Una posizione teorica perfettamente allineata a quello che stava succedendo in quel momento nella realtà. All’alba del XXI secolo i cinesi cominciano a pensarla allo stesso modo. Quando, e se, ne avranno la forza, si riprenderanno Taiwan. La giustificazione giuridica seguirà.
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