Nostalgia di un 25 aprile condiviso
Memoria familiare di una festa che ha segnato il ritorno della democrazia nell’Italia del dopoguerra.
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Memoria familiare di una festa che ha segnato il ritorno della democrazia nell’Italia del dopoguerra.
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Memoria familiare di una festa che ha segnato il ritorno della democrazia nell’Italia del dopoguerra.
Per me e per mio fratello, nati e sempre vissuti a Lugano, le vacanze di Pasqua erano la prima occasione dell’anno e della bella stagione per andare a trovare i nonni in Piemonte e per immergersi in quell’altro mondo (rispetto al Ticino) fatto di racconti di lotta antifascista, di occupazione tedesca, di partigiani e di Liberazione. Il fratello del nonno, che a nome della divisione partigiana Pinan Cichero aveva firmato la resa dei tedeschi, era un mito familiare di cui andare fieri.
Ragazzino ho frequentato e mi sono formato con questi racconti e con questi miti. E pur con qualche doverosa tara critica – all’indomani della Liberazione tutti diventarono antifascisti, anche coloro che non lo erano stati – conservo nel cuore e nella mente la memoria pacifica e condivisa di quei valori, celebrati durante tutto il dopoguerra. E inorridisco oggi di fronte alle polemiche, le divisioni e le provocazioni (“Aboliamo il 25 aprile”, La Verità)
L’aprile delle nostre vacanze di Pasqua portava con sé diverse commemorazioni della storia partigiana vissuta da quelle parti: la più importante era il ricordo della strage della Benedicta, in provincia di Alessandria, l’11 aprile 1944, quando durante un rastrellamento nazifascista vennero uccisi in combattimento o catturati e poi fucilati ben 147 partigiani. Una dei peggiori massacri del Nord Italia. E poi naturalmente il 25 aprile, giorno della Liberazione, una giornata solare e splendida, che segnava l’affrancamento definitivo dallo spaventevole giogo di nazisti e repubblichini, dalla sopraffazione, dall’antisemitismo e dalla caccia agli ebrei. L’aria stessa di aprile, la luce e i colori della primavera sembravano riflettere la gioia di quell’avvenimento, reso possibile anche dalla rinascita morale e civile che furono la Resistenza e l’opposizione al nazifascismo.
Questi fatti erano – e in gran parte restano – una memoria condivisa, un patrimonio comune sul quale si è poi costruita la Repubblica italiana nata con la Costituzione del 1948. Le forze che allora reagirono contro la prepotenza e l’orrore dell’occupazione tedesca furono le più diverse: c’erano i comunisti delle divisioni garibaldine, i partigiani di Giustizia e Libertà, i cattolici che militavano in diverse formazioni. La repressione durissima e le stragi nazifasciste non avevano sortito l’effetto voluto di allontanare la popolazione dal movimento partigiano, ma anzi la repulsione per quella violenza aveva prodotto l’effetto contrario legando ancora di più la gente alla resistenza.
Numerosissimi gli atti di eroismo di ragazzi, donne e preti che sostenevano e aiutavano. Nel piccolo paese di mia mamma sui Colli tortonesi era nato don Angelo Bassi, poi dichiarato “Giusto” di Israele, per aver nascosto durante due anni una famiglia ebrea di cinque persone. E non era l’unico: in quelle valli furono riconosciuti “Giusti” di Israele diversi altri preti e persino il cardinale Boetto, arcivescovo di Genova, che mise in piedi una struttura segreta per soccorrere gli ebrei perseguitati.
Tutto questo si era tradotto in una memoria collettiva potente e assieme modesta e dignitosa. Si celebrava l’aprile e in particolare il 25 aprile come una data fondativa che tutti riuniva. Senza cancellare le differenze, e non senza il coraggio dell’autocritica là dove era necessario per capire e per spiegate. Infatti dalla Resistenza sono poi nati importanti Istituti storici e la ricerca storica con rigore ha affrontato ogni cosa. Anche le vendette inutili del dopoguerra, le pagine nascoste, soprattutto in Veneto e in Friuli legate al fenomeno delle foibe. Senza scandalismo fine a sé stesso, scandagliando e segnando ogni aspetto.
Da qualche anno, complici anche i libri di Giampaolo Pansa e le reticenze di chi oggi comanda, un’aria revisionista sembra voler giudicare e sovvertire quello che un tempo era un valore importante e da tutti condiviso. La forza della Repubblica nasceva proprio da questo atto rigeneratore al quale molte forze collaborarono. Senza nascondere e senza negare le proprie differenze, ma con uno spirito comune che oggi sarebbe importante riaffermare: lo spirito del 25 aprile.
Nell’immagine: il comando della divisione garibaldina Cichero
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