Perché la “Svizzera ufficiale” lavora contro l’UNRWA?
Berna ha sempre avuto una posizione chiara sui diritti dei palestinesi, fino alla nomina a ministro degli esteri di Ignazio Cassis
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Berna ha sempre avuto una posizione chiara sui diritti dei palestinesi, fino alla nomina a ministro degli esteri di Ignazio Cassis
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• – Redazione
Berna ha sempre avuto una posizione chiara sui diritti dei palestinesi, fino alla nomina a ministro degli esteri di Ignazio Cassis
Le recenti posizioni della ’Svizzera ufficiale’ – soprattutto quella di parlamentari liberali e UDC – ci interrogano in merito all’UNRWA. Sulla base di quali informazioni i nostri consiglieri nazionali prendono le loro decisioni? Subiscono l’influenza della propaganda israeliana attraverso organizzazioni quali “UN Watch” o “NGO Monitor”? Dopo un anno di guerra a Gaza, la “Svizzera ufficiale” non ha ancora richiamato Israele ai suoi doveri in merito al diritto internazionale e alle Convenzioni di Ginevra, di cui la Confederazione è depositaria. Il suo appello alla sostituzione dell’UNRWA è scioccante.
È necessario un passo indietro. Istituita nel dicembre 1949 dall’assemblea generale dell’ONU, dando seguito alla risoluzione 194 del giugno 1948 relativa al diritto al ritorno e/o all’indennizzazione dei palestinesi, il mandato dell’Agenzia (UNRWA) riguarda l’aiuto umanitario in Cisgiordania, Gaza, Giordania, Libano e Siria, dove si è rifugiata la maggioranza delle vittime palestinesi della guerra del 1948. Originariamente, gli Stati occidentali speravano di promuovere il reinsediamento dei rifugiati attraverso una serie di progetti che favorissero la loro integrazione economica nei paesi d’accoglienza.
Dopo la guerra del 1948, la Giordania procedette all’annessione della Cisgiordania e concesse ai suoi abitanti arabi la nazionalità del Regno hashemita. Gaza passò invece sotto amministrazione militare egiziana. In Siria e Libano i palestinesi in fuga ricevettero certificati attestanti il loro statuto di profughi.
Ma i rappresentanti dei rifugiati rifiutarono presto i piani di reinsediamento promossi dall’UNRWA. A partire dal 1958, l’Agenzia fu costretta a operare prioritariamente su quattro attività principali: l’educazione, la salute, i servizi sociali, e le infrastrutture. Quanto al suo personale, soltanto l’1% degli attuali 30 mila impiegati sono stranieri che occupano posti dirigenziali. Tutti gli altri sono rifugiati palestinesi, o di nazionalità araba.
Oggi l’UNRWA garantisce assistenza a circa 6 milioni di rifugiati. La sua missione dovrebbe terminare quando il conflitto israelo-palestinese sarà stato risolto. L’Agenzia dipende dai fondi garantiti dai donatori internazionali e il suo statuto è “temporaneo” da… 75 anni!
La creazione dell’UNRWA contraddice uno degli slogan fondatori di Israele: “una terra senza popolo per un popolo senza terra”, visto che durante la guerra del 1948 ben 750.000 arabi risiedevano sul 78% della Palestina sotto mandato di Israele. Il cui governo continua a propagare il mito in base al quale i palestinesi partirono di loro volontà. Questo mito è stato sconfessato dai “Nuovi storici” israeliani che, sulla base degli archivi del Ministero della difesa israeliano, hanno dimostrato come nel ’48 vennero invece obbligati a lasciare le loro case, spinti dagli eccessi delle diverse milizie ebraiche, qualcosa di vicino alla “pulizia etnica”.
In occasione degli accordi di Oslo, nel 1993, Arafat accettò di escludere la risoluzione 194 (diritto al ritorno) dalle basi giuridiche degli accordi, limitando questi ultimi alla risoluzione ONU 242 del 1967, relative al ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati (il che provocò dissenso in seno al movimento nazionale contro Fatah, un dissenso che perdura).
Questo “diritto al ritorno” è stato recentemente contrastato in un’opera che ha provocato discussioni nella comunità ebraica, “The war of return”, co-firmato nel 2007 dal giornalista Adi Schwarz e dalla palestinese Einat Wilf. La loro tesi è che l’indulgenza occidentale verso il sogno palestinese del diritto al ritorno ha contribuito a perpetuare il problema, e a far deragliare il processo di pace; e propongono dunque lo smantellamento dell’UNRWA.
La Svizzera ha sempre avuto una posizione chiara sui diritti dei palestinesi, questo fino alla nomina di Ignazio Cassis a ministro degli esteri nel 2017. Nel maggio 2018, il neo consigliere federale ed ex presidente dell’inter-gruppo parlamentare Svizzera-Israele ha sorpreso affermando che i rifugiati e l’agenzia dell’ONU facevano ormai parte del problema e non della soluzione.
Come interpretare allora la recente sospensione, o annullamento, dei finanziamenti svizzeri all’UNRWA? Due rapporti su altrettante inchieste relative alle accuse israeliane concludono che c’è stata complicità di qualche impiegato dell’UNRWA nei crimini di guerra del 7 ottobre 2023, ma ciò non ha impedito alla maggioranza dei paesi donatori di continuare nel loro impegno. Il dibattito sulla sostituzione dell’UNRWA con altre organizzazioni o sul suo smantellamento sembrano entrambe mal poste, poiché una simile decisione deve essere comunque sottoposta all’Assemblea generale dell’ONU. E come immaginare concretamente la sostituzione di 13.000 impiegati dell’Agenzia a Gaza?
Tutti i fatti qui segnalati sono verificabili e disponibili in numerose pubblicazioni e siti di informazione, accessibili anche ai nostri decisori politici. Ed è davvero stupefacente che la “Svizzera ufficiale” non sia meglio informata.
Nell’immagine: la fotografia ufficiale dell’incontro fra Ignazio Cassis e Philippe Lazzarini, commissario generale dell’UNRWA, nel 2021
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