Quando un quarto del reddito se ne va per l’assicurazione sanitaria
Il Ticino è il cantone nel quale i premi di Cassa malati pesano maggiormente sui redditi delle famiglie
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Il Ticino è il cantone nel quale i premi di Cassa malati pesano maggiormente sui redditi delle famiglie
“Paghiamo sempre di più per servizi sempre meno comprensivi”: questo il sentimento generale per quanto riguarda l’assicurazione malattia che è emerso quando abbiamo incontrato due famiglie ticinesi che fanno parte di quella categoria di persone per le quali la cassa malati rappresenta una spesa troppo importante nel budget famigliare.
Anna (nome conosciuto alla redazione) e suo marito hanno tre figli, di cui due adolescenti ancora a carico, mentre la terza ormai è uscita di casa, lavora ed è indipendente. Vivono in Ticino, Cantone che è stato il più colpito dal recente aumento dei premi (+10,5%, contro il +8,3% a livello nazionale). E le spese per la salute Collegamento esternoassorbono una grossa fetta del reddito disponibile: “Usiamo circa il 25% dei nostri soldi per pagare le assicurazioni per tutti. E questo con la franchigia più alta [2’500 franchi, ndr]. Oltre all’assicurazione obbligatoria di base, poi, abbiamo anche delle assicurazioni complementari”.
Teresa (nome conosciuto alla redazione) e suo marito lavorano entrambi a tempo parziale. Hanno due figli maggiorenni, entrambi studenti universitari. Il figlio si mantiene ormai da solo grazie a diversi lavori, la figlia, invece, dipende ancora dai genitori per una parte delle spese che deve affrontare. “Penso che circa un terzo di quello che guadagniamo lo usiamo per la cassa malati”, ci spiega.
Anna e Teresa fanno parte di quella classe media che in Ticino si trova nella situazione di guadagnare troppo per poter ottenere sussidi e altri aiuti, ma troppo poco per affrontare serenamente gli aumenti del costo della vita. Come ci spiega Laura Riget, co-presidente del Partito Socialista ticinese, promotore di uno dei due testi in consultazione popolare il prossimo 9 giugno, ossia l’iniziativa che chiede che i premi dell’assicurazione malattie obbligatoria non superino il 10% del reddito disponibile, “negli ultimi 20 anni i premi sono esplosi soprattutto se paragonati all’evoluzione dei salari e delle pensioni. Ci sono sempre più famiglie del ceto medio che fanno fatica a pagare i premi e che non ricevono i sussidi. In passato i premi erano più bassi e quindi i sussidi bastavano a coprire i costi. Il sistema di sussidi aiuta le persone più fragili, ma non la fascia di ceto medio-basso”.
Per le compagnie assicurative, il “sì” all’iniziativa sul tetto massimo dei premi di cassa malati non porterebbe cambiamenti: “La nostra iniziativa – prosegue Riget – chiede di limitare i premi al massimo al 10% del reddito disponibile di una famiglia. Quando sono superiori, intervengono i sussidi. Il testo chiede anche un maggiore contributo da parte della Confederazione poiché attualmente sono i Cantoni ad assumersi la grande fetta dei costi generati da questi sussidi”. In Ticino in particolare.
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Lo conferma il responsabile dell’Area di gestione sanitaria del Dipartimento cantonale della sanità e della socialità Salvatore Simone: “Il nostro è uno dei Cantoni che eroga il maggior importo per gli aiuti di questo tipo nel Paese”. La ragione è da cercare “nella particolare attenzione alle fasce economicamente più deboli della popolazione”, aggiunge, ma anche nella situazione finanziaria delle lavoratrici e dei lavoratori a sud del Gottardo. E in effetti, stando ai dati più recenti, nel 2023 hanno beneficiato della cosiddetta RIPAM (Riduzione dei premi dell’assicurazione malattia) 110’000 persone, ossia circa un terzo della popolazione (che, secondo il censimento 2019, il più recente, è di 353’343 abitanti). Si tratta di una spesa per il Cantone di diverse decine di milioni di franchi (erano 20,5 nel 2022, mentre i dati per il 2023 non sono ancora disponibili). Inoltre, l’ultima analisi dell’Ufficio federale di statistica in questo campo ha mostrato che i salari ticinesi sono i più bassi della Confederazione (situazione che peraltro si ripete da diversi anni). Ed è proprio questa combinazione di entrate basse e premi sempre più alti che spinge un crescente numero di persone a far capo ai sussidi per il pagamento dei premi.
Aiuti che, però, stando ad Anna, diventano sempre più complessi da ottenere: “Quest’anno non li ho nemmeno richiesti perché quando ho visto la lista di documenti necessari, ci ho rinunciato. Sono troppi”. Complicazioni amministrative, insomma, che portano molte e molti a desistere. Anche perché, aggiunge, “per la mia generazione non è sempre facile capire il funzionamento dei nuovi sistemi. Bisogna imparare a usare un’app, capire come funzionano le fatture elettroniche, imparare a inoltrare le fatture che mi arrivano a casa. Se poi aggiungiamo il fatto che dopo essere stati 25 anni fedeli a una cassa malati, quest’anno abbiamo deciso di cambiare quella di base, la situazione si complica ancora di più”.
Il Ticino è uno dei Cantoni in cui l’incremento dei premi negli ultimi anni è stato più consistente (il 20% solo negli ultimi due anni). Per quali ragioni? “Riflettono l’aumento dei costi della sanità”, prosegue Salvatore Simone. “E in Ticino questi sono tra i più alti in Svizzera pro capite. È un mix di fattori a influire sull’andamento, ma i due principali sono l’alta concentrazione di offerta sanitaria sul territorio e il fatto che il nostro Cantone abbia la più alta percentuale di assicurate ed assicurati over 65”. Per quanto riguarda il primo aspetto è una sorta di ‘circolo vizioso’: più offerta c’è (un grande numero di professionisti, studi medici, farmacie, ambulatori), più le persone ricorreranno a questi servizi. Servizi che poi devono essere pagati. Per cercare di contenere i costi in Ticino si sfruttano i margini di manovra a disposizione per limitare l’offerta, spiega Simone, introducendo per esempio dei limiti al numero di medici di determinate specializzazioni sul mercato o gestendo l’evoluzione dei volumi di attività nel settore ospedaliero stazionario. Eppure, il sentimento generale della popolazione è che nonostante questa grande offerta, il servizio sia peggiorato. Ci dice Teresa: “In passato, quando andavo dal medico avevamo anche il tempo di chiacchierare. Ora invece mi sembra che non abbia nemmeno il tempo di salutarmi. So che sono oberati anche loro dall’amministrazione, ma lo trovo un peccato”.
Il secondo aspetto, invece, è noto già da tempo, “ma è importante ricordarsi che non è il capro espiatorio di tutto”, ricorda Salvatore Simone. È però anche un dato di fatto che gli e le over 65 sono la fascia della popolazione che in genere ricorre di più alle prestazioni mediche e che la popolazione elvetica sta invecchiando.
Soluzioni miracolo, però non ne esistono. Contenere l’esplosione dei costi sembra essere impossibile e quindi si cercano soluzioni alternative, come le proposte in votazione il prossimo 9 giugno. Quali siano le probabilità di riuscita non è dato saperlo. Anche perché in diverse occasioni in passato quando la popolazione è stata chiamata alle urne per decidere le sorti della cassa malati, i cambiamenti radicali sono sempre stati respinti: è stato detto “no” a una cassa malati unica e “no” a quella pubblica. In uno Stato dove, ricordiamo, si tratta di un’assicurazione obbligatoria. “Non capisco perché – dice a questo proposito Anna – non mi si lasci la possibilità di scegliere come avviene in molti altri Paesi. Soprattutto se non vado spesso dal medico”. “E se deve essere obbligatoria – le fa eco Teresa – perché non inglobarla nelle imposte oppure detrarla direttamente dallo stipendio? Cambierebbe poco in sostanza, ma per me sarebbe psicologicamente più facile da accettare”.
Intanto, oltre ad ammettere di evitare di recarsi dal medico il più possibile perché non in grado di affrontare le spese, entrambe stanno considerando la possibilità di traslocare in un cantone con premi più contenuti. Un sacrificio, certo, lasciarsi alle spalle amici, parenti e luoghi conosciuti, ma che di anno in anno sembra farsi sempre più necessario per continuare a “mantenere uno stile di vita dignitoso”. Anna guarda a una soluzione ancora più radicale: suo marito è di origini italiane e una volta che i figli saranno indipendenti, la coppia valuterà se lasciare la Confederazione per traslocare al di là del confine, dove il sistema sanitario pubblico viene finanziato dalle tasse.
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