Riecco il Trump che ti aspetti
“Gli immigrati avvelenano il sangue degli americani”, l’ultima uscita di un candidato figlio di immigrati e che si ricandida alla guida di una nazione che sull’immigrazione si è costruita
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
“Gli immigrati avvelenano il sangue degli americani”, l’ultima uscita di un candidato figlio di immigrati e che si ricandida alla guida di una nazione che sull’immigrazione si è costruita
• – Aldo Sofia
Lavoro minorile, agricoltori mal pagati e ingiusta distribuzione globale dei profitti: questi gli ingredienti chiave dell’industria del cioccolato
• – Roberta Bernasconi
A rischio uno dei pilastri delle nostre democrazie
• – Redazione
La strage continua dei civili palestinesi a Gaza provoca il tracollo del supporto allo Stato ebraico
• – Redazione
La Lega si affida a Norman Gobbi per riscoprire la propria anima barricadera: un segnale preoccupante, non solo per gli orfani del Nano e del suo carisma
• – Enrico Lombardi
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Una serata dedicata al ticinese scomparso, con gli interventi di Olmo Cerri, autore di un documentario che sarà presentato in gennaio al Festival di Soletta, e dello storico Adrian Hänni, che ha trovato le prove di Breguet agente dei servizi segreti americani e che abbiamo intervistato
• – Aldo Sofia
Siamo e restiamo nel solco di un’idea di politica che sin dall’Ottocento ha trovato modo di opporre le libertà democratiche liberali ad un presunto statalismo socialista. Oggi come allora tutti liberi… di arrangiarsi
• – Orazio Martinetti
In Europa la lotta contro l’antisemitismo è diventata la bandiera dietro la quale si coalizzano le estreme destre neo e post fasciste pronte a manifestare contro la barbarie islamica. In nome della memoria dell’Olocausto si invoca il sostegno indiscriminato a Israele, con effetti devastanti per le nostre culture e la nostra pedagogia democratica
• – Redazione
In Serbia, il nuovo trionfo di Vučić e della coalizione di centrodestra lascia aperte tutte le scottanti questioni dei rapporti con l’Europa e con il Kosovo
• – Redazione
“Gli immigrati avvelenano il sangue degli americani”, l’ultima uscita di un candidato figlio di immigrati e che si ricandida alla guida di una nazione che sull’immigrazione si è costruita
Nulla di sorprendente da parte del campione del suprematismo bianco, ideologia razzista. Ribadita. Anche se in stridente dissintonia con la storia americana e con quella famigliare. Dal 1620, anno dello sbarco dei Padri Pellegrini inglesi dal mercantile “Myflowers”, gli Stati Uniti si sono realizzati e costruiti con successive ondate migratorie. “Melting pot”, immenso calderone di etnie diverse e di diversa provenienza geografica, inizialmente soprattutto europea. Spesso in fuga da imperi dispotici e soffocanti.
Come accadde a una famiglia tedesca di Kallstadt, villaggio allora parte del Regno di Baviera, dove il cognome del capostipite e dei suoi eredi cambiò innumerevoli volte nel registro della locale prefettura: Drumb, Tromp, Tromb, Trum, Trumpff, Trumpf. Fino a quel nonno Friedrich, renitente alla leva, che per non aver ulteriori guai attraversò l’Atlantico, mise su un negozietto di barbiere, e tolse la “f” da quel cognome così misteriosamente ballerino. Trump, appunto.
Oggi suo nipote Donald (due mogli, due immigrate) per logica potrebbe dunque classificare quell’avo fra gli “avvelenatori di sangue”. Sangue di chi non si capirebbe, visto che i nativi americani erano già stati abbondantemente massacrati dalla violenza e dalle malattie dei conquistatori venuti dal Vecchio Continente. Immigrati. Come “immigrati” erano stati gli schiavi deportati dall’Africa, dove, disse il penultimo capo della Casa Bianca, vi sono praticamente nazioni “di merda”: “Why are we having all this people from shithole countries?”. Parole impunemente pronunciate di fronte a una delegazione di parlamentari statunitensi, quando già si era installato nello studio ovale. Associandovi, naturalmente un bel pacchetto, di paesi centro e sud-americani.
Questo è l’uomo che, sondaggi alla mano, potrebbe tornare alla guida della “più grande democrazia del mondo” (piccola forzatura). Nemmeno quattro processi a suo carico sembrano frenarne la corsa. Probabilmente nemmeno la freschissima sentenza della Corte suprema del Colorado, che lo ha espulso dalle primarie locali per il partito repubblicano. Interdizione basata sul quattordicesimo emendamento della Costituzione, che esclude da cariche pubbliche i funzionari coinvolti in insurrezioni e rivolte. Nello specifico, l’assalto da lui benedetto e incitato nell’occupazione di Capitol Hill, epifania del 2021.
Se il provvedimento dovesse applicarsi a livello nazionale sarebbe la campana a morte della storia politica del “Don”. Ma chi lo potrà decidere in ultima istanza? La Corte suprema federale. Dove i giudici ultraconservatori (gli stessi che hanno decretato il ‘no’ all’aborto) sono netta maggioranza, proprio grazie alle calcolate nomine fatte dallo stesso Trump nei suoi quattro anni di presidenza. Un altro dei fondamentali contro-poteri della democrazia americana invalidato dal rivale di Joe Biden, l’attuale capo dello Stato che per popolarità risulta fra gli ultimi, nonostante i non cattivi risultati economici, della storia americana.
Davvero sconcerta l’idea che la metà degli americani insista nel ritenere un personaggio come il tycoon ancora degno della massima carica istituzionale del paese che si ritiene predestinato, nel mito fondativo della “città sulla collina”: civiltà posta al cospetto dell’umanità, edificata dall’altissimo per dominare l’ “ecumene”, la parte migliore della Terra. Nazione tenace nei suoi istinti e nelle sue contraddizioni; e che – complice la mancanza di strategia da parte dei rivali democratici nel proporre alternative ad un Biden che sconta anche problemi di salute – potrebbe riconsegnarsi a Donald Trump. Rianimando ulteriormente il crinale di quel nazional-populismo che un po’ ovunque nel mondo è stato troppo spesso segnalato in fase calante.
Come quando, al falso annuncio del suo decesso apparso anche sui giornali, Mark Twain ironizzò rispondendo che “la notizia della mia morte è piuttosto esagerata”.
La produttività economica può perseguitarti anche da trapassato
Dopo l’annullamento dell’incontro all’Eliseo fra Parmelin e un Macron irritato anche con l’America che gli ha soffiato un contratto da oltre 50 miliardi