Un uomo solo al comando
La Lega si affida a Norman Gobbi per riscoprire la propria anima barricadera: un segnale preoccupante, non solo per gli orfani del Nano e del suo carisma
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La Lega si affida a Norman Gobbi per riscoprire la propria anima barricadera: un segnale preoccupante, non solo per gli orfani del Nano e del suo carisma
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La Lega si affida a Norman Gobbi per riscoprire la propria anima barricadera: un segnale preoccupante, non solo per gli orfani del Nano e del suo carisma
Dalla montagna scende oggi, solitario, un altro meno eroico e leggendario eroe, solo al comando di un movimento politico, la Lega dei Ticinesi, che, pieno di gregari e in manco di personalità trainanti e soprattutto di appeal elettorale, negli ultimi anni in picchiata si affida a lui, Norman Gobbi, neo-conducator, per ridare vigore e vitalità ad un partito dal fiato corto, anzi cortissimo.
Da un’assemblea tradizionalmente tenuta a porte chiuse, per paura degli spifferi, è uscita l’unica ventata di novità che il movimento di Via Monte Boglia pare ormai capace di esprimere, cioè affidarsi ad una “personalità forte e carismatica” (come ai tempi del Nano) per ritrovare un’anima leghista popolare e battagliera che le faccia ritrovare lo smalto elettorale perduto, sottrattogli dagli ex-gregari dell’Udc, in un gioco di squadra che ha avuto in Norman Gobbi l’indiscusso protagonista (e beneficiario).
Il fatto è che, uscendo di metafora ed entrando nella triste realtà politica attuale, quello che per la Lega dovrebbe essere un segnale di “recupero” delle proprie peculiarità, quello spirito “battagliero” che aveva conquistato una buona fetta di elettorato a partire dagli anni Novanta con iniziative anche roboanti (si pensi alla più che discutibile “carovana della libertà”) dopo trent’anni di successi e di gestione del potere, comunale e cantonale, non sa esprimersi diversamente che con il dare in mano le sorti del Movimento all’uomo forte, di potere istituzionale, appunto, che siede in Governo. Una sorta di sigillo della formula “governare facendo gli oppositori” (un po’ tanto come la Meloni, per dire).
La Lega, poi, non solo si affida al proprio rappresentante più “potente”, ma anche a quello che è pure iscritto all’Udc, e che non più tardi di un anno fa, nell’acceso dibattito a destra sui rapporti fra i due schieramenti, aveva tranquillamente lasciato intendere che in Consiglio di Stato avrebbe potuto anche sedere (al posto del suo collega Zali – alquanto alterato) anche un rappresentante degli “amici” dell’Udc. Non contento, per le più recenti federali non ha battuto ciglio di fronte al successo di Marchesi e Pamini con l’ulteriore erosione di voti del proprio partito.
La designazione di Gobbi a Coordinatore unico della Lega, con pieni poteri di scegliersi, da subito, chi vuole per dar vita ad una Lega 2.0, appare dunque, in chiave strettamente leghista, come una sorta di enorme paradosso, perché tutto lascia presagire che finirà per essere la consacrazione dell’Udc quale partito di destra trainante anche in Ticino.
Ma se si esce dalle logiche (chiamiamole così, con un principio di depressione) tutte interne al fronte della destra cantonale, resta perlomeno un altro clamoroso paradosso che peraltro hanno già messo in evidenza numerosi esponenti dei partiti così come le edizioni odierne dei due quotidiani, e che riguarda la compatibilità dei due ruoli di Gobbi, quello di Consigliere di Stato e quello di Coordinatore della Lega, che, a suo dire, meritano da parte sua la stessa lealtà.
Certo, come ci dice il Corriere del Ticino, non c’è formalmente niente di “irregolare” in questa versione una e bina di Norman Gobbi, giacché ci sono stati casi, in passato (vedi Bervini, ad esempio) di dirigenti, presidenti di partito che hanno avuto contemporaneamente il ruolo di Consigliere di Stato.
Ma qui il caso è francamente diverso: Gobbi siede all’esecutivo cantonale da 12 anni. Da quattro legislature rappresenta, oltre che il proprio movimento o partito, anche l’intero Cantone, è stato due volte Presidente del Consiglio d Stato (e lo sarà, probabilmente, di nuovo fra due anni), oltre che rappresentante del Ticino di vari consessi politici nazionali. Naturalmente tutto ciò con un congruo riconoscimento finanziario che gli viene da noi cittadini, tutti, anche quelli, (la stragrande maggioranza) che non lo votano e non l’hanno mai votato.
Ora, in questa veste, e con questi presupposti (e con i nostri soldi) sarà chiamato a metter mano alle sorti della Lega cui è tanto affezionato e cui deve tanta lealtà, proprio nei mesi che preparano un appuntamento cruciale come quello delle comunali (che a Lugano, in particolare, mettono la Lega in particolari ambasce). Un compito arduo e impegnativo (almeno sulla carta) che davvero non si capisce come possa essere compatibile con l’attività di governo cantonale e come possa legittimarsi quale attività sostenuta finanziariamente dal contribuente. Forse Morisoli saprà fornire in proposito qualche risposta (chessò, un “decreto salvagobbi”).
E ancora una piccola annotazione: stando alle prime dichiarazioni, in casi particolarmente delicati che potrebbero presentarsi riguardo a decisioni che mettono in conflitto i due ruoli, il nostro Giano bifronte si farà sostituire dal collega più adatto all’uopo. Da preoccuparsi, visto che in Consiglio di Stato, accanto a lui, siede Claudio Zali, proprio l’amico e collega che un anno fa avrebbe tranquillamente visto spodestato, e che da par suo è talmente pronto a parlare e spiegarsi che, come rivelato pochi giorni fa, ha deciso di non concedere più alcuna intervista a “La Regione” ed ha ordinato ai propri collaboratori del Dipartimento del Territorio di non leggere il quotidiano bellinzonese.
Insomma, si boccheggia, e a dirla tutta c’è da domandarsi se, a proposito di dichiarazioni ed esternazioni, non abbiano da dire qualcosa gli altri tre “gobbi” che stanno seduti in Governo. Che la Marina ci salvi dall’uomo della montagna è forse sperare troppo, ma che alla prossima conferenza stampa dell’uomo del Monte torni a comparire un giornalista che gli chieda conto di quel che fa e dice senza che lui risponda picche, pare il minimo sindacale, oltre il quale si potrebbe legittimamente gridare alla scandalo. Forte e chiaro.
Nell’immagine: Norman Gobbi “uno e bino”
Il sito francese di informazione ed approfondimenti Mediapart ha lanciato un appello già condiviso da parecchie testate internazionali e a cui aderisce anche il nostro blog
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