Bruno Breguet, da rivoluzionario collaboratore di Carlos allo spionaggio in favore della CIA
Una serata dedicata al ticinese scomparso, con gli interventi di Olmo Cerri, autore di un documentario che sarà presentato in gennaio al Festival di Soletta, e dello storico Adrian Hänni, che ha trovato le prove di Breguet agente dei servizi segreti americani e che abbiamo intervistato
Il terzomondista. Il rivoluzionario internazionalista. Il terrorista collaboratore di Carlos. Infine, a sorpresa, l’agente dei servizi segreti statunitensi. Sono istantanee e sintesi della vicenda del locarnese Bruno Breguet. Rievocate alla Biblioteca cantonale di Locarno dal regista ticinese Olmo Cerri, autore del film “La scomparsa di Bruno Breguet” (nominato per il premio “Visioni” che verrà assegnato in gennaio alle Giornate del Cinema di Soletta), e dallo storico e giornalista svizzero Adrian Hänni, autore di “Terrorist und Cia-Agent” che ha di recente rivelato l’attività per l’intelligence americana del locarnese che sparisce dal novembre del 1995, dopo un trasferimento dalle coste della Grecia al porto di Ancona. Traiettoria di vita, di scelte politiche, di atti e ripensamenti. In cui ancora molti sono i misteri.
Comunque troppi per poter tratteggiare un quadro circostanziato. Tranne che per il periodo del “primo Breguet”, illustrato nel suo intervento da Olmo Cerri : Il Breguet che si è interessato quasi ossessivamente alla causa palestinese, che ha visitato i campi profughi del Libano, si chiede ostinatamente cosa possa fare di concreto per la causa di un popolo a cui viene violentemente negato il diritto a una patria, aderisce al “Fronte democratico popolare” di Nayef Hawatmeh (uno dei pochi della galassia palestinese di ispirazione marxista), ventenne sbarca ad Haifa (1973) con del tritolo che ha l’incarico di piazzare all’ultimo piano del più alto edificio della città, è identificato e arrestato dagli agenti alla dogana israeliana (verosimilmente già segnalato durante il viaggio, forse tradito, ma da chi?). Quindi il processo, la condanna a 14 anni di carcere (ne sconterà la metà), l’immediata mobilitazione internazionale per la sua liberazione cui aderiscono diversi e noti intellettuali militanti, da Paul Sartre a Noam Chomsky. “La scuola dell’odio”, è il libro in cui Breguet descriverà quell’esperienza e quegli anni. Un “primo Breguet” su cui Olmo Cerri ha concentrato parte delle sue ricerche, in un lavoro che raccoglie materiali d’archivio, lettere, testimonianze. Materiale che, per quanto anticipato e mostrato nell’incontro locarnese, parla di un ragazzo serio, studioso, interessato alla politica internazionale e alle sue ingiustizie, subito proiettato sul tema che in quelle prime convinzioni più lo ossessiona e tormenta, laggiù, fra mar Mediterraneo e fiume Giordano.
Poi gli “altri Breguet”. Che aderisce all’organizzazione terroristica dello “sciacallo”, alias Ilich Ramirez Sanchez, detto Carlos. E che giunge alla conclusione che la soluzione a un problema di ingiustizia regionale non possa che essere perseguita in una strategia globale, internazionalista; o forse che ha capito tardivamente (come è capitato ad altri giovani europei, ragazzi e ragazze, accorsi e addestratisi nei campi libanesi) che quella dei palestinesi non era una rivoluzione anche di equità sociale bensì pura lotta nazionale, guidata da una borghesia di commercianti, spesso teleguidata dai particolari da Stati arabi in realtà poco interessati alla soluzione del problema. Si trasferisce a Damasco, Bruno Breguet, la capitale della Siria è diventata la base operativa di Carlos, che dal regime di Assad viene aiutato ed accolto, nascosto e protetto. A quali operazioni, a attentati, ha attivamente partecipato il ticinese?
Non si sa. Ma vi sono tracce e messaggi di un Carlos che loda le doti di Bruno, anche come ‘amministratore’ del gruppo. È quanto, nella seconda parte della serata, sottolinea lo storico Hänni, attentissimo a distinguere fatti accertati e supposizioni, pur suffragate dalla logica. E qui siamo al Breguet che riappare a Parigi, arrestato mentre con Magdalena Kopp, la moglie tedesca di Carlos, sta trafficando attorno a un’auto parcheggiata nei grandi posteggi sotterranei degli Champs Elysées. Il ticinese impugna una pistola, secondo la versione della magistratura la punta su un poliziotto, ma l’arma si inceppa. All’arresto seguono le lettere autentificate di Carlos (attraverso le impronte digitali), in cui lo ‘sciacallo’ chiede al governo socialista di Mitterrand di rilasciare immediatamente i “compagni rivoluzionari”. Al rifiuto, fa esplodere due bombe su altrettanti treni francesi, ci sono morti e feriti. Magdalena e Bruno vengono condannati a quattro anni di detenzione. Troppo pochi per non destare sospetti. Le pressioni e le minacce dello “sciacallo” dal Medio Oriente devono essere state costanti. Questo spiegherebbe, ipotizza Hänni, la ragione di una sentenza discussa.
Ancora nel novembre 2011, a Parigi, all’apertura di un altro processo a suo carico, la prima dichiarazione di Carlos (che era stato catturato in Sudan da un commando francese) lesse una missiva pubblica all’allora presidente americano Obama in cui chiedeva agli Stati Uniti (e non anche ad altri paesi potenzialmente coinvolti (dalla Siria a Israele) di fornire spiegazioni sulla sorte del “rivoluzionario scomparso” Bruno Breguet: alla luce di quanto si sa oggi dalle scoperte di Hänni, al momento in cui lo ‘sciacallo’ fa questa dichiarazione nell’aula del tribunale parigino, il locarnese opera già al servizio degli Stati Uniti. La dichiarazione di Carlos fu forse un messaggio e un avvertimento trasversali all’ex amico?
Ma come, quando e perché Bruno Breguet si stacca dal gruppo terrorista di Carlos mettendosi poi al servizio degli Stati Uniti, in tal modo, del tutto imprevedibilmente e clamorosamente “tradendo gli ideali” che lo hanno a lungo ispirato? E poi: come, quando e perché sceglie addirittura la collaborazione proprio con la Cia americana, sempre indicata nelle analisi della sinistra radicale come braccio operativo dell’imperialismo statunitense?
Al termine della serata locarnese, Adrian Hänni, che nel suo libro ha documentato questa clamorosa scoperta, Hänni ci ha rilasciato questa intervista. Qui il video dell’incontro con lo storico e giornalista, seguito dalla trascrizione del colloquio.
Come mai gli americani le hanno consentito di accedere a documenti che provano la collaborazione di Bruno Breguet con la centrale dello spionaggio statunitense, che per alcuni anni lo ha anche stipendiato?
Non mi hanno dato direttamente questo tipo autorizzazione. Avevo chiesto alla Cia di avere accesso a tutti i loro documenti relativi a Breguet. Ma mi hanno risposto che se di una persona che era stato loro agente non vi sono prove certe del suo decesso non sono autorizzati a fornire questo tipo di informazioni. Tuttavia ho avuto l’opportunità e la fortuna di seguire un’altra pista, imbattendomi su documenti che riguardavano relazioni fra Breguet e lo svizzero François Genoud. In effetti, l’ex presidente Bill Clinton aveva varato una apposita legge che negli Anni Novanta rendeva pubblico l’accesso a tutta la documentazione dei servizi segreti relativa a tutti i crimini nazisti. Fra costoro, negli Anni Duemila era stato individuato appunto il losannese Genoud, il quale era stato agente dei servizi segreti nazisti durante tutta la seconda guerra mondiale, e poi aveva sempre ribadito le sue convinzioni pro-naziste. Negli archivi americani vi è un dossier che lo riguarda, si tratta di alcune centinaia di pagine. È consultando questo dossier che ho trovato le informazioni su Breguet collaboratore della Cia: Bruno spiava Genoud e informava la centrale dello spionaggio statunitense. Quindi, non è la Cia che mi ha offerto la possibilità di visionare il materiale relativo a Bruno Breguet, ma è il dossier su Genoud che mi ha permesso di verificare che in effetti Breguet era al servizio della Cia. Tuttavia, visto che non ho potuto consultare tutti i dossier relativi direttamente all’attività di Breguet, rimangono molti misteri su questa storia.
MI limito a ricordare che Francois Genoud era non solo pro-nazista ma anche molto vicino ai paesi arabi nella fase della decolonizzazione; e il giornalista inglese David Jallop in un saggio sullo “sciacallo” sostiene che Genoud e uno stretto collaboratore di Carlos si recarono anche nel Locarnese, per chiedere un aiuto finanziario a una zia di quel militante dell’organizzazione che abitava appunto in Ticino. Dunque, Breguet collaboratore della Cia. Lei può indicare una data precisa del momento in cui è cominciata questa collaborazione
Sfortunatamente non si sa quando questa collaborazione ha avuto inizio. Si sa comunque che fu lo stesso Bruno a offrire i suoi servizi alla Cia, presentandosi in una ambasciata degli Stati Uniti. Non è stata la Cia a fare il primo passo, a cercarlo e a reclutarlo. Comunque, non si sa esattamente quando cominciò. Di sicuro si sa invece che nel febbraio 1991 era già stato inviato dalla Cia in Grecia per raccogliere informazioni sui militanti di quel paese. Quindi, pur non potendo stabilire la data di inizio di questa sua attività, se ne deduce che Breguet fosse già attivo per i servizi americani da qualche tempo. C’è del resto un avvocato americano, pure lui ex della Cia, che aveva riletto il dossier di Bruno negli Anni Novanta, che ha sostenuto che l’inizio della collaborazione è degli ultimi Anni Ottanta. Certo, è possibile che questo avvocato si sia sbagliato, ma con certezza possiamo affermare che all’inizio degli Anni Novanta Breguet era già un agente operativo della Cia
Cercando di ricostruire la storia di Breguet, una volta chiesi a un noto giornalista della TV greca se poteva raccogliere informazioni sulle ipotesi che il ticinese avesse collaborato anche nello smantellamento delle cosiddette “Brigate rosse greche”, cioè l’ “N17”, che aveva compiuto molti attentati anti-americani nel ellenico. Tempo dopo mi rispose confermando che qualcosa di vero c’era, ma rimanendo nel vago. Le sa qualcosa in proposito?
C’è un documento della Cia in cui si dice che Breguet aveva fornito agli Stati Uniti informazioni importanti su quel gruppo, il gruppo ‘Novembre 17’. Lo si sa perché il contatto americano di Breguet aveva inviato un rapporto alla centrale con le indicazioni ricevute e sottolineando che si trattava di informazioni solide e utili. Ma non possiamo sapere se davvero queste informazioni fornite alla Cia da Bruno siano state quelle determinanti per la fine di “N17”. Affermarlo sarebbe semplice speculazione. Comunque anch’io mi sono posto la stessa domanda, e penso che sarà un capitolo importante della mia prossima ricerca. C’è comunque un fatto, c’è un legame. Bruno Breguet abitava nella regione di Perdika, e la prefettura di Perdika era operativa in un’area che si è scoperto ospitava diverse riunioni dei militanti di N17. C’è dunque questo legame geografico. E sappiamo, come detto, che Breguet fornì informazioni su quel gruppo. Però lo ripeto, ancora non sappiamo se quelle informazioni fornite dal ticinese siano state decisive per lo smantellamento di quel gruppo terroristico.
Ad un certo punto della sua vita, Breguet decide dunque di collaborare con i servizi americani, tradendo così gli ideali da cui era partito e a lungo lo avevano ispirato. Ma quale fu, a suo avviso, la ragione principale per cui diventò addirittura un agente della Cia, agenzia di spionaggio che in tutto il periodo precedente deve aver detestato, condannato per le sue attività, e considerato un nemico da tutte le forze progressiste?
Di sicuro nella vita di Breguet arriva il momento della disillusione, la delusione per come agiva il gruppo di Carlos, per la vita in clandestinità, e per il fatto che la guerra fredda, cioè il contesto internazionale in cui Carlos e i suoi avevano potuto operare, stava terminando: siamo alla fine degli anni ottanta, cade il muro di Berlino, ed è possibile che Bruno abbia capito che per il progetto del gruppo Carlos non vi era più un futuro; può aver pensato di cambiare vita, anche per avere un salario e per mettere al sicuro la sua famiglia, la compagna e la figlia. È anche possibile che in quel momento si sia sinceramente pentito o fosse dispiaciuto per atti violenti commessi dall’organizzazione dello “sciacallo”; negli anni della sua detenzione in Francia il gruppo aveva commesso attentati in Francia, uccidendo adulti e bambini, ed è possibile che Bruno non avesse accettato tutto questo, e che abbia voluto porvi rimedio, dimostrare il suo pentimento, ripulirsi la coscienza. È anche possibile che il fatto di aver scelto di collaborare con la Cia sia stato determinato dal fatto che il suo rapporto con Carlos non funzionasse più.
Ma presentarlo come qualcuno che vuole pagare per il suo passato, scegliendo l’altra parte, non comporta il rischio di farlo passare tutto sommato come qualcuno che tutto sommato è innocente, soprattutto agli occhi di chi non aveva condannato le scelte rivoluzionarie e di lotta armata di Bruno Breguet?
Si, rimane comunque un enigma, perché in realtà non abbiamo degli scritti lasciati dallo stesso Bruno su questa svolta e sula decisione di offrirsi alla Cia. È comunque possibile che rivolgendosi ai servizi americani abbia detto ‘respingo ciò che ho fatto, voglio porvi rimedio”, affermazioni che sapeva che Cia voleva sentire da lui. Bruno era sicuramente capace di presentarsi in quel modo. Comunque ci sono degli ex della Cia che lo affermano, non è certo che si possano prendere le loro affermazioni parola per parola, è possibile che Bruno abbia voluto costruirsi un’altra identità. Sì, era un uomo in crisi che cercava di costruirsi un’altra identità, Ma anche questa versione, in mancanza di documentazione certa, può essere una semplice ipotesi. Bisogna continuare nelle ricerche su questa vicenda. E bisogna esercitare pressioni sulla Cia affinché siano resi accessibili i documenti relativi a Bruno Breguet per finalmente arrivare a risposte certe.
E oggi che ne è di Bruno. Dove si trova? Si nasconde? È ancora vivo?
Io credo che sia morto, che sia stato ucciso
Da chi?
Da sospettare vi sono soprattutto gruppi terroristi dell’estrema sinistra. Di certo Bruno Breguet aveva molti nemici, diversi dei quali interessati alla sua scomparsa
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