Se l’italico eroe delle supercazzole razzial-sessiste, l’incontinente generale Roberto Vannacci, denuncia il vincitore svizzero dell’Eurovision di essere semplicemente il prodotto del “pensiero unico”, di essersi “autonominato non binario” (quindi né uomo né donna), e quindi che il “mondo al contrario è sempre più nauseante”, poteva forse tacere il presidentissimo dell’Udc ticinese, Piero Marchesi, posto di fronte allo sfregio portato da Malmö alla netta separazione (e condizione sociale) fra maschietti e femminucce che deve invece marchiare la distinzione di genere del tipico esemplare elvetico? No, che non poteva tacere.
Quindi, ha sentenziato il ‘nostro’: “L’Eurofestival si è trasformato da festival della musica a evento del politicamente corretto, e questo politicamente corretto è vomitevole”, e c’è da sperare (invano) che non consideri tale anche il vincitore Nemo (nativo di Berna e che di cognome fa Mettler; ma perdiana nessuno pensi che Mettler sia patronimico più elvetico di un mediterraneo Marchesi!).
Naturalmente dalla vicina Repubblica ci si è messo anche il Salvini Matteo, sponsor elettorale del sunnominato alto ufficiale in congedo, con una delle sue leggiadre e lievi spiritosaggini: “In questo caso non si può dire che ha vinto lui o che ha vinto lei, perché altrimenti sei rovinato; da quanto ho capito bisogna dire ‘han vinto loro’“. Ma si sa, il leghista megalomane che da sempre sta sulle scatole al Bossi Umberto, da anni porta avanti una sua personale e fiera battaglia, con relativo rabbioso monitoraggio, anche sui Festival canori, esattamente da quando un tale Mahmoud ha vinto il “Sanremo è Sanremo”. Gara canzonettara, pensa e dice il ‘neo Alberto da Giussano,’ che negli ultimi anni è diventata troppo “mattarelliana” e naturalmente troppo di sinistra radicale sotto la guida di quello zapatista di Ama, quell’Amadeus, campione di incassi pubblicitari, che adesso in Rai gioca ancora un po’ con i pacchi dopo aver “dato il pacco” (annunciando le dimissioni) al più meloniano dei canali pubblici italiani.
E che importa ai crociati anti-gender se il trionfo di Nemo è stato ottenuto con un’adesione di voti di giuria e di voti popolari di cui non si ha memoria nei quasi settant’anni di storia della manifestazione? È il mondo che è debosciato, mica gli araldi della “moralità” che, insieme al Consiglio federale, Nemo o non Nemo, tornano a respingere l’idea di varare una riforma di giustizia per gli umani “binari”, che su ogni documento che richiede di specificare il sesso possono scrivere solo “maschio” o “femmina”, una terza possibilità è negata, nonostante la firma di 3.600 svizzeri che lo hanno formalmente chiesto a Berna.
Che “giramento di”, deve essersi detto il leader massimo dei nostri democentristi, “e che tristezza pensare che la Svizzera dovrà organizzare, in qualità di paese vincitore, l’Eurofestival 2025”: quindi farsi invadere da migliaia di “politicamente corretti”, eventualmente in calzamaglia rosa. Che invece tanto sarebbero piaciuti a Lugano, ha detto il vicesindaco della città, peccato però che non abbiamo una struttura adeguata, cioè gigantesca: quindi ciccia, niente “eurosonghisti” sulle rive del Ceresio, e niente manna per albergatori e ristoratori, in genere elettoralmente vicini ai demo-centro.
Potrà sempre rifarsi, l’on. Marchesi, con una vigorosa battaglia politica per impedire che la SSR – non proprio felicissima in tempi di tagli e altri minacciati sacrifici – spenda svariati milioni per garantire le tre serate di diretta radio-televisiva del caravan-serraglio canoro più costoso del continente. Oppure cogliere la palla al balzo per ripetere che di fronte a tanto scempio di costumi e moralità “200 fr bastano” eccome.
Quindi abbiam pensato di fare tre omaggi al consigliere nazionale:
- Qui può ottenere più informazioni su chi vuole negare i diritti della galassia LGBTQ+
- Qui invece può familiarizzarsi un po’ più con lo svizzerissimo Nemo
- E, premio di consolazione, qui può riguardarsi la canzone svizzera, eseguita da Lys Assia, al primo Eurofestival, organizzato al Teatro Kursaal di Lugano nel 1956