“Sto scrivendo questo messaggio da dietro le alte e fredde mura di una prigione”
"Sono una donna del Medio Oriente, di una regione intrappolata nella guerra e preda delle fiamme del terrorismo e dell'estremismo”. Il discorso della militante iraniana Narges Mohammadi, letto dai figli in occasione del conferimento del Premio Nobel per la pace 2023
Vostre Maestà Reali, Eccellenze, Membri del Comitato norvegese per il Nobel, Signore e Signori,
desidero esprimere la mia gratitudine agli onorevoli membri del Comitato per il Nobel per la Pace per aver assegnato il prestigioso Premio Nobel per la Pace al magnifico movimento “Donne, Vita, Libertà” e a una donna imprigionata, difensore dei diritti umani e della democrazia. Il vostro significativo e determinato sostegno è importante ed apprezzato. Sono convinta che l’innegabile impatto del Premio Nobel per la Pace sulla recente e potente mobilitazione degli iraniani per la pace, la libertà e la democrazia sarà di gran lunga superiore a quello della mia personale lotta e resistenza. Per me è una fonte di speranza e di ispirazione.
Sono una dei milioni di donne iraniane orgogliose e resistenti che si sono opposte all’ingiustizia/oppressione, alla repressione, alla discriminazione e alla tirannia. Ricordo le donne anonime e coraggiose che hanno condotto una vita di resistenza in vari campi, nonostante la spietata repressione. Sto scrivendo questo messaggio da dietro le alte e fredde mura di una prigione. Sono una donna del Medio Oriente, di una regione che, sebbene erede di una ricca civiltà, è attualmente intrappolata nella guerra e preda delle fiamme del terrorismo e dell’estremismo.
Sono una donna iraniana che è orgogliosa e onorata di aver contribuito a questa civiltà e che oggi è vittima dell’oppressione di un regime religioso tirannico e misogino. Sono una donna imprigionata che, di fronte alla profonda e straziante sofferenza causata dalla mancanza di libertà, uguaglianza e democrazia, ha capito la necessità della sua esistenza e ha trovato la fede. In mezzo alle fiamme della violenza e alla persistenza del dispotismo, per anni la nostra lotta è stata più per la sopravvivenza che per il miglioramento della qualità della vita. Fondamentalmente, si tratta di rimanere vivi, di sopravvivere e di vivere in un mondo in cui la vita umana è esposta senza alcuna difesa o protezione al potere arrogante di governi dispotici e rimane impotente di fronte a tutto.
Nel mondo di oggi, c’è un enorme divario alienante tra queste due situazioni. Siamo impegnati in una lotta per rimanere in vita. Questa è la nostra realtà. Viviamo questa lotta consapevolmente e volontariamente, intraprendendo azioni che possono non garantire una vita sicura. La tirannia è un male infinito e sconfinato, che getta la sua ombra minacciosa su milioni di persone da tempo allontanate. La tirannia trasforma la vita in morte, le benedizioni in lamenti e il conforto in tormento. La tirannia schiavizza l’umanità, la volontà e la dignità umana.
La tirannia è l’altra faccia della medaglia chiamata guerra. Entrambe hanno un’enorme intensità distruttiva. Una si manifesta con le fiamme devastanti dei suoi incendi, mentre l’altra dilania l’umanità in modo subdolo, attraverso la menzogna. Rischiare la propria vita in mezzo al terrore e all’insicurezza della tirannia è come vivere nel panico di una persona indifesa esposta al fuoco di missili e proiettili. La tirannia e la guerra creano un gran numero di vittime, non solo morti. La tirannia e la guerra sono anche una sfida per i sopravvissuti, i testimoni, coloro che sono costretti al silenzio. Chi oserebbe affermare che l’umanità può sopravvivere a una simile battaglia? Il popolo, il fattore determinante nell’equazione democratica in Iran. […]
Vorrei tornare al momento dell’annuncio del Premio Nobel per la Pace e alle parole della signora Reiss-Andersen. E al magnifico e significativo slogan del movimento popolare iraniano, “Donna, Vita, Libertà”. Ho aperto il mio discorso di accettazione del Premio Nobel per la Pace citando il nome del movimento di lotta popolare iraniano, e la mia analisi e strategia ruotano intorno al popolo iraniano e alla società iraniana. La complessa equazione dei cambiamenti e delle trasformazioni fondamentali volti a far progredire la democrazia, la libertà e l’uguaglianza in Iran dipende essenzialmente da un fattore determinante, il popolo, sebbene anche altri parametri costanti o variabili giochino necessariamente un ruolo cruciale in questa equazione e non debbano essere trascurati.
Il popolo iraniano ha cercato di raggiungere la democrazia, la libertà e l’uguaglianza. Ha sempre posto l’accento sulla non violenza e sulla resistenza civile nel perseguire le proprie istanze, cogliendo ogni opportunità per costruire una società di pace, prosperità e sviluppo. Tuttavia, il mondo sta assistendo alla brutale e spietata repressione da parte del governo, che si oppone alle richieste civili del popolo per la libertà e l’uguaglianza usando la repressione, il massacro, le esecuzioni e la detenzione. La democrazia, in quanto portatrice di libertà e uguaglianza, è la richiesta fondamentale della società iraniana. Quasi tutta la società civile chiede cambiamenti fondamentali e una transizione verso la democrazia come elemento costitutivo del futuro sistema politico iraniano.
La Repubblica islamica: un regime religioso tirannico e anti-femminile
Dal punto di vista politico, la Repubblica islamica blocca ogni forma di movimento politico nella società, limita ciò che è politicamente possibile e reprime l’azione collettiva e individuale. In sostanza, la Repubblica islamica è estranea al suo popolo. A causa del suo approccio intransigente al potere, della sua struttura rigida, delle sue leggi antidemocratiche e dei suoi meccanismi e procedure opachi e fraudolenti, le elezioni e l’espressione del voto non sono più scelte rilevanti per la maggioranza del popolo iraniano. La Repubblica islamica ha ridotto a zero il tasso di partecipazione politica e reprime duramente le organizzazioni civili indipendenti, per non lasciare nessuno spazio di libertà che non sia da essa controllato. Il governo discrimina sistematicamente sulla base della religione, del genere e dell’etnia, al fine di colpire gli “altri” nel suo programma. Sul fronte legale, vorrei chiarire che il sistema giudiziario della Repubblica islamica è l’incarnazione dell’ingiustizia e della tirannia, nonché un fattore di violazione dei diritti umani. L’indipendenza della magistratura è impossibile perché il capo della magistratura è nominato direttamente dalla Guida suprema del governo e i tribunali rivoluzionari sono sotto il controllo degli organi di sicurezza e dei militari. Ciò che è impossibile ottenere in un sistema giudiziario di questo tipo è ovviamente la giustizia. Nella sfera culturale, il governo ha cercato di sostenere la sua macchina ideologica e le organizzazioni di propaganda a costi esorbitanti, con l’obiettivo di mantenere l’accettazione ideologica e la propaganda ideologica permanente e sistematica.
Attraverso la censura, la soppressione totale dei media indipendenti, il controllo e la repressione, il governo cerca di manipolare la vera cultura della società. Nonostante ciò, la macchina ideologica del governo ha perso la sua efficacia, mettendo in discussione la legittimità del governo agli occhi dell’opinione pubblica. Nella sfera economica, il sistema sostiene un’economia basata su rendite, favoritismi e saccheggi, assegnando monopoli e privilegi speciali a gruppi fedeli, trasformando l’economia in un sistema di saccheggio e repressione. La corruzione sistematica, l’inefficienza, la cattiva gestione, l’appropriazione indebita e il saccheggio dei beni pubblici hanno fatto sprofondare la società iraniana nella povertà, nelle profonde disuguaglianze, nella disoccupazione e in altre nuove disfunzioni.
Le gravi conseguenze di queste politiche hanno portato la vita umana, la dignità umana e lo status umano sull’orlo del collasso e dell’annientamento. La risposta del regime ai manifestanti è sempre stata la criminalizzazione, l’arresto, la detenzione e i proiettili. Il novembre 2019 ne è un esempio. In sintesi, vorrei sottolineare che la Repubblica islamica si fa beffe di molti dei diritti sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e dalle convenzioni che coprono tutte le dimensioni della vita delle persone, siano esse politiche, economiche, sociali, culturali o ambientali.
Il movimento “Donne, Vita, Libertà” è un catalizzatore del processo democratico
In queste circostanze, il vasto movimento “Donne, vita, libertà” è emerso come estensione delle lotte storiche, con la partecipazione attiva delle donne iraniane, dopo l’assassinio di Mahsa Amini ed è stato massicciamente sostenuto da uomini e giovani della società civile. In questo contesto, il popolo iraniano, in particolare le donne, confrontandosi direttamente con il regime religioso autoritario, ha acquisito la capacità di mettere in discussione i modelli culturali e istituzionali, diventando una forza potente nella lotta e nella resistenza, delineando una visione della futura governance e della democrazia in Iran.
Le donne hanno acquisito questa posizione influente grazie all’esperienza di 45 anni di discriminazioni e ingiustizie in tutte le sfere private e pubbliche, nonché di “segregazione sessuale e sessista”, e alla loro instancabile resistenza. Il movimento “Donne, Vita, Libertà”, la cui priorità è la transizione dall’autoritarismo religioso, ha accelerato il processo di realizzazione della democrazia, della libertà e dell’uguaglianza in Iran, portando chiarezza e significato alle richieste storiche del popolo iraniano. Questo movimento ha dato un contributo significativo alla diffusione della resistenza civile in Iran, riunendo i movimenti delle donne, dei giovani, degli studenti, degli insegnanti, dei lavoratori, dei diritti umani, dell’ambiente e così via. Questo movimento è essenzialmente incentrato sul cambiamento e si occupa di fondare la vita.
Il movimento è visto come una estensione della politica conflittuale nella tradizione delle lotte civili, dei movimenti sociali e degli sforzi instancabili delle persone per realizzare una società civile. Anche se attualmente sta subendo una forte repressione da parte del governo, rimane vivo e vegeto. L’aumento della repressione delle donne attraverso l’hijab obbligatorio – una vergogna del governo – non ci costringerà al conformismo, poiché riteniamo che l’hijab obbligatorio imposto dal governo non sia né un obbligo religioso né un modello culturale, ma piuttosto un mezzo di controllo e sottomissione dell’intera società. Abolire l’hijab obbligatorio equivale a rimuovere tutte le radici della tirannia religiosa e a spezzare le catene dell’oppressione autoritaria.
La realtà è che il regime della Repubblica islamica è al suo minimo livello di legittimità e di sostegno sociale popolare e si trova in una posizione di “squilibrio instabile”. L’emergere di un qualsiasi elemento come catalizzatore del cambiamento segnerà la forma finale della politica di contestazione e di transizione dalla tirannia religiosa. Perché la fede nella democrazia e nei diritti umani non si limita alle questioni intellettuali discusse tra gli intellettuali iraniani, ma si è concretizzata in azioni collettive e individuali in tutta la società.
Strategia per rafforzare la società civile e garantire i diritti umani in Iran
Per avere successo, il potente e diffuso movimento del popolo iraniano ha bisogno della crescita, dell’espansione e del rafforzamento delle istituzioni della società civile, nonché dello sviluppo di una struttura di rete per mobilitare le forze del movimento. D’altra parte, la società civile è l’essenza stessa della democrazia. Senza una società civile forte, il futuro della democrazia in Iran non è garantito. La società civile iraniana ha una preziosa esperienza storica e, nonostante la dura repressione da parte del governo, è riuscita a sopravvivere in varie forme. È giunto il momento che la società civile internazionale sostenga la società civile iraniana e io dedicherò tutti i miei sforzi per questo obiettivo.
L’instaurazione della democrazia dipende dall’applicazione dei diritti umani. I diritti umani hanno raggiunto un livello storico di consapevolezza tra il popolo iraniano e sono al centro delle attività di un gran numero di movimenti, correnti e gruppi, con la capacità di creare solidarietà e coalizioni nazionali diffuse. Il sostegno dell’opinione pubblica mondiale attraverso media internazionali riconosciuti avrà senza dubbio un impatto importante sulla continuità e sul rafforzamento del movimento democratico del popolo iraniano.
Cari ascoltatori, non c’è dubbio che il popolo iraniano continuerà a lottare, ma nella società globalizzata di oggi è innegabile il ruolo dei governi, della società civile mondiale, comprese le organizzazioni e le istituzioni internazionali, dei media e delle organizzazioni civili indipendenti e non governative. Sono profondamente grata per il sostegno delle organizzazioni internazionali per i diritti umani, così come delle organizzazioni civili femminili, degli artisti, dell’Associazione mondiale degli scrittori, degli intellettuali e dei media globali per il loro significativo supporto al movimento “Donne, Vita, Libertà”. Tuttavia, la realtà è che i governi e le organizzazioni internazionali non sono riusciti a fornire l’attenzione prolungata, la coerenza pratica e l’approccio proattivo necessari per contribuire alla vittoria del popolo iraniano. Le politiche e le strategie dei governi occidentali sono state troppo superficiali per attuare la volontà del popolo iraniano, per consentirgli di raggiungere i propri obiettivi e per rendere più fattibile l’attuazione della democrazia in quella parte del mondo e per garantirvi la pace.
I diritti umani non nascono dal nulla
I diritti umani in Iran sono soggetti a pressioni multilaterali da parte di potenze repressive. I governi occidentali non dovrebbero rimandare la democrazia e i diritti umani adottando strategie basate sulla perpetuazione del regime della Repubblica islamica. La società civile mondiale deve urgentemente fornire un sostegno più concreto agli sforzi del popolo iraniano verso la transizione democratica e alla sua lotta non violenta per la pace, la democrazia e i diritti umani. Strategia per la costruzione della volontà e del consenso internazionale.
Il riconoscimento del diritto alla sovranità nazionale e all’autodeterminazione dei popoli e delle nazioni, dopo gli alti costi della guerra, è stato un capitolo eminentemente progressista nella storia dell’umanità e un passo importante verso il mantenimento della pace. Tuttavia, il mondo ha visto e la storia conferma che la questione dell’aggressione e della violazione dei diritti fondamentali di un popolo da parte dei suoi governanti rimane un grande problema irrisolto, che mette in pericolo la pace mondiale e aggrava le sofferenze dell’umanità. Né l’adozione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo da parte delle Nazioni Unite, né i meccanismi, i trattati e i tribunali internazionali ed europei esistenti sono stati in grado di impedire abusi come la repressione persistente e brutale, la distruzione di vite umane, la violazione dei diritti fondamentali dei popoli, la tortura, la discriminazione e l’oppressione esercitata dai governanti sulle loro popolazioni indifese.
Nel mondo di oggi, l’economia, la religione e la governance di molte nazioni sono in mano a potenti gruppi di interesse saldamente radicati nella storia, che mettono quotidianamente in discussione, eludendoli, i principi basilari del rispetto dei diritti umani. Il mondo può constatare che nessun documento è stato tanto violato quanto la Dichiarazione universale dei diritti umani. Qual è la soluzione? Non è forse giunto il momento di trovare al più presto una soluzione unitaria e coerente? A mio parere, la globalizzazione della pace e dei diritti umani è più importante e più necessaria di qualsiasi altra forma di globalizzazione. La realtà è che le conseguenze e le ripercussioni delle violazioni dei diritti umani, che sono il frutto delle politiche dei regimi autoritari, non rimarranno confinate all’interno dei confini geografici. Le gravi e inevitabili conseguenze delle migrazioni, degli sfollamenti, dell’insorgere di guerre, disordini, interventi militari e della creazione di un terreno fertile per la crescita di gruppi terroristici e fondamentalisti, così come le conseguenze più ampie dei conflitti tra Paesi, riguardano il mondo intero.[…]
Cari ascoltatori, sono onorata di essere la seconda vincitrice del Premio Nobel per la pace della nostra orgogliosa nazione, l’Iran, insieme alla mia amata collega e collaboratrice, la signora Shirin Ebadi. L’Iran, questa antica e illustre civiltà, è sempre stato un simbolo di elevazione e progresso. Noi siamo gli eredi di questa civiltà e dei suoi valori. […]
Oggi i giovani iraniani hanno trasformato le strade e gli spazi pubblici in uno spazio di resistenza civile diffusa. La resistenza è viva e la lotta non sta scemando. La resistenza costante e la non violenza sono le nostre migliori strategie. Questo è lo stesso difficile percorso che gli iraniani hanno intrapreso finora, grazie alla loro consapevolezza storica e alla loro volontà collettiva. Con la perseveranza, il popolo iraniano supererà la repressione e l’autoritarismo. Questo è certo.
A fianco della società civile e degli uomini e delle donne iraniani, resilienti e coraggiosi, tendo la mano con speranza ed entusiasmo a tutte le forze, i movimenti e gli individui che favoriscono la pace, la Carta globale dei diritti umani e la democrazia. Sono convinto che la luce della libertà e della giustizia risplenderà sulla terra dell’Iran. In quel momento, celebreremo la vittoria della democrazia e dei diritti umani sull’oppressione e sul dispotismo, e il canto di vittoria del popolo nelle strade dell’Iran risuonerà in tutto il mondo.
Narges Mohammadi
La cerimonia nella sala del Municipio di Oslo
Adattamento e traduzione a cura della redazione
Nell’immagine: la sedia vuota di Narges Mohammadi fra i due figli