Ucraina due anni di guerra – I “portafogli” e i “prestanome”, così il patrimonio di Putin sfugge a tutte le sanzioni
La galassia che ruota attorno al Cremlino. Le proprietà ufficiali sono modeste, quelle stimate sono enormi. E nessuno le colpisce
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La galassia che ruota attorno al Cremlino. Le proprietà ufficiali sono modeste, quelle stimate sono enormi. E nessuno le colpisce
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Follow the money. Inseguire i soldi. Il team di Fbk, la Fondazione anti-corruzione creata da Aleksej Navalny, l’oppositore russo morto in carcere il 16 febbraio, lo chiede da anni inascoltata. «Navalny è il prigioniero personale di Vladimir Putin, l’unico a poter decidere un suo eventuale rilascio. Che cosa potrebbe convincerlo? Inseguire i suoi soldi», ci disse il suo braccio destro Leonid Volkov nel dicembre 2021 a Strasburgo, dopo che il Parlamento Europeo aveva insignito in contumacia il detenuto politico del Premio Sakharov per i Diritti Umani.
Allora Volkov e Fbk avevano stilato una lista di 35 oligarchi vicini a Putin da prendere di mira. Nell’aprile 2022, due mesi dopo l’offensiva russa in Ucraina, l’elenco era arrivato a comprendere oltre 7mila nomi: «La spina dorsale del sistema Putin, con i suoi manager di medio livello, i suoi amici, i detentori dei suoi asset». Un mese dopo il Parlamento europeo aveva approvato una risoluzione perché venissero sanzionati, ma «da allora non è successo niente», ha detto ieri Volkov in un’audizione da remoto alla Commissione Esteri del Parlamento Europeo. «Se volete onorare la memoria di Aleksej, colpite gli amici di Putin, sequestrate i loro asset», ha insistito.
Nei sei anni dell’ultimo mandato, Putin avrebbe guadagnato 67,5 milioni di rubli (circa 678mila euro al cambio attuale), stando alla dichiarazione dei redditi che lo stesso leader del Cremlino ha presentato un mese fa alla Commissione elettorale candidandosi alle presidenziali del 17 marzo. Tra i suoi beni figurano un appartamento di 77 metri quadri e un garage di 18 metri quadri a San Pietroburgo, tre auto e il rimorchio Skif prodotto nel 1987. Una modestia apparente di cui Putin si è vantato spesso in passato.
«Non si possono mettere miliardi in una bara», disse una volta. Secondo diverse inchieste, però, la reale fortuna di Putin sarebbe intestata a vari prestanome che talora ignorano persino il patrimonio delle società a cui sono stati messi a capo. La loro ricchezza totale ammontava a 24 miliardi di dollari nel 2017, secondo un’inchiesta dell’Organized Crime and Corruption Reporting Project (Occrp). Ma la BBC, citando un rapporto segreto della Cia, ha parlato di 40 miliardi di dollari, mentre inchieste russe sono arrivavate a ipotizzare un giro d’affari intorno ai 200 miliardi.
Li chiamo nominalshchikov, “prestanome”, o koshelki Putina, “portafogli di Putin”. Sono parenti lontani di Putin, come Mikhail Shelomov, figlio della cugina Ljubov Shelomova. Lavora in una compagnia di spedizioni. Stipendio medio annuo: 8.500 dollari. Eppure avrebbe partecipazioni in diverse società multimilionarie collegate ai ricchi amici di Putin e beni per centinaia di milioni di dollari. Stessa storia per gli amici d’infanzia Pjotr Kolbin e Sergej Rodulgin. Kolbin, ex macellaio, fa una vita modesta, ma sarebbe stato comproprietario di una società, Gunvar, che, in passato, ha commerciato circa un terzo del petrolio russo e che fa capo a un altro ricco miliardario amico di Putin. Il violoncellista Roldugin, padrino della figlia, dice di non essere un uomo d’affari, ma avrebbe maneggiato circa due miliardi di dollari, secondo i Panama Files, in azioni di aziende di oligarchi.
Perché i nuovi amici di Putin sono così generosi con i suoi vecchi amici d’infanzia? Secondo Bill Browder, l’ex finanziere promotore del Magnitsky Act americano, funziona così. I miliardari russi, che lui chiama «amministratori», «hanno moltissimo da perdere se ostacolano Putin». E per mantenere la loro ricchezza «sono stati costretti a consegnarne una parte a Putin». O meglio, ai suoi prestanome. «Non c’è un solo centesimo registrato a nome di Putin», ha aggiunto. «È registrato a nome di altre persone». Shelomov, Roldugin e Kolbin sono tutti nominalshchikov che possiedono solo formalmente miliardi di rubli, ma per Browder «si tratta del denaro personale di Putin».
Secondo Browder, ogni oligarca in Russia è stato costretto a dare a Putin il 50% della sua ricchezza. «La metà di 15 miliardi è meglio del 100% di niente», ha spiegato a Occrp. Un sistema confermato anche da Mikhail Khodorkovskij, l’ex magnate del petrolio esiliato a Londra dopo 10 anni di carcere. «Tutto quello che appartiene al territorio russo, Putin lo considera suo», commentò anni fa Sergej Pugaciov, soprannominato il “banchiere di Putin”, anch’egli esiliato a Londra. «Tutto. Gazprom, Rosneft, aziende private». Perciò, ribadisce Volkov, «prendete di mira gli amici di Putin, sequestrate le loro proprietà!».
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