Volkswagen, la sconfitta di un gigante
Le cause interne ed esterne, la chiusura di tre stabilimenti in Germania per la prima volta in oltre 80 anni, la promessa controffensiva del potente sindacato IG Metall
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Le cause interne ed esterne, la chiusura di tre stabilimenti in Germania per la prima volta in oltre 80 anni, la promessa controffensiva del potente sindacato IG Metall
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È oltretutto un segno premonitore delle grosse difficoltà in cui versa l’intero settore automobilistico europeo confrontato con la transizione verso la vettura elettrica. L’Europa dell’auto ha sonnecchiato irresponsabilmente per troppo tempo, dando cosi modo alla Cina di batterla in contropiede. Lo choc è oltremodo doloroso perché interviene dopo un periodo di relativa prosperità. Volkswagen, Mercedes, BMW, Stellantis ma anche Renault che, con la vicenda oscura dello spregiudicato Goshn, è stata sull’orlo del precipizio, hanno realizzato, negli ultimi anni, ragguardevoli profitti. Ma le condizioni favorevoli di cui hanno beneficiato, grazie anche al Covid, sono state un fuoco di paglia. La pandemia era sfociata in uno squilibrio tra domanda e offerta di cui i gruppi automobilistici hanno potuto approfittare. La fornitura centellinata di semi-conduttori in provenienza da Cina e Taiwan ha indotto le case europee a dare la precedenza alle vetture di lusso, quelle più redditizie, ritardando invece la produzione delle auto di segmento medio e basso. All’uscita dal Covid, grazie anche alle sovvenzioni statali, il passaggio all’auto elettrica o ibrida è stata per molti una grande opportunità. Spariti gli incentivi statali, la Germania in primis, il crollo delle vendite delle auto elettriche VW è stato immediato e fatale.
Martedì 3 settembre 2024. Una data da ricordare per due fatti concomitanti che hanno investito Volkswagen. In primo luogo, l’annuncio a sorpresa da parte dei vertici VW, della prospettata chiusura di almeno 3 stabilimenti. In secondo luogo, l’inizio del processo all’ex direttore generale del gruppo, Martin Winterkorn, per l’affare “Dieselgate”, il più grave scandalo che la lunga storia dell’automobile abbia mai conosciuto, e costato al gruppo 30 miliardi di Euro. Come nel caso del “dieselgate”, la crisi che investe attualmente Volkswagen sottolinea la fine di un certo modello industriale, che ha potuto reggere fintanto che i benefici realizzati all’estero compensavano le carenze strutturali della produzione in casa propria.
Non è un mistero che i costi dello scandalo dei motori truccati fosse compensato dai profitti in Cina. Una mucca che purtroppo non dà più latte per gli stranieri non allineati alla Musk. Ora c’è da vedere come reagirà il sindacato IG Metall, combattente tenace, che ha un diritto di co-decisione al 50% (caso unico nel mondo industriale e sindacale) e quindi un peso enorme nelle scelte a venire. Daniela Cavallo, presidente dell’organo di co-decisione (Mitbestimmung), ha affermato di voler opporre una “resistenza feroce” al vertice del gruppo, che, dal canto suo, non solo è determinata a chiudere degli stabilimenti, ma ipotizza persino la rottura di un accordo di protezione dei posti di lavoro che, secondo contratto, andrebbe a scadenza solo nel 2029., All’orizzonte, per migliaia di dipendenti, il posto di lavoro è fortemente a rischio.
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