Quel generale senza volto

Quel generale senza volto

In Ucraina il gelo invernale potrebbe essere un’arma decisiva, come in passato nella storia russa


Roberto Antonini
Roberto Antonini
Quel generale senza volto

Dopo il fallimento consumato dai suoi generali in una guerra che sarebbe dovuta durare tre giorni e che puntava su Kiev, Vladimir Putin si affida ora a quel condottiero senza volto a cui è legata parte della memoria bellica della Russia zarista dapprima e dell’Unione Sovietica poi. Il generale inverno fa oggi  la sua apparizione con le prime nevi: lo preannunciano i fitti bombardamenti alle installazioni civili e alle centrali elettriche. 

Nella guerra asimmetrica agli ucraini non è consentita una rappresaglia in territorio russo, e la loro strenue difesa entra ora in una delle fasi più difficili. Le temperature invernali in quelle “Terre di sangue” (proprio in questi giorni a Kiev si ricorda l’Holodomor, lo sterminio staliniano per fame del 1932-33) possono scendere molto al di sotto dello zero. L’atroce strategia consiste nel condannare la popolazione al gelo.

Con l’assedio a Leningrado  (il più lungo dopo quello serbo a Sarajevo dal 1992 al 1996) iniziato nel settembre del 1941, Hitler tentò di sterminare per freddo e fame la popolazione, ma malgrado il più duro inverno della storia e inenarrabili sofferenze, l’ex e futura San Pietroburgo non si piegò. Nell’immaginario patriottico russo, l’inverno è un alleato  imbattibile o quasi. Ne fece le spese proprio  l’Operazione Barbarossa lanciata il 22 giugno del ’41 dai nazisti: quello che doveva essere un Blitzkrieg si rivelò un decisivo rovescio per la Wehrmacht (e le truppe italiane alleate) decimata dalle glaciali temperature durante l’assedio di Mosca, falcidiata e in rotta poi nella battaglia di Stalingrado conclusasi nel febbraio del ’43. 

Non vi è unicamente  la retorica patriottarda, ma vi sono pure  la Storia fattuale e il maggior romanzo storico dell’800, Guerra e Pace, a ricordarci  l’antecedente più celebre, che si concluse più di un secolo prima con la “berezina” delle truppe napoleoniche quando la “Signora in Nero” si presentò anticipatamente nel tardo autunno portandosi via centinaia di migliaia di soldati francesi. Fu ben più lei che non Alessandro I Romanov a cacciare l’invasore. 

Nella testa di Putin si palesano anche altri “gloriosi” momenti, come la guerra (non a caso battezzata “guerra d’inverno”) che in base al trattato germano-sovietico, Stalin dichiarò alla Finlandia nel 1939. La neve, il gelo, le bufere di ghiaccio alleati di bombe, missili e cannoni per una nuova offensiva in una  fase in cui  lo Zar sta perdendo terreno (in marzo occupava il 25% dell’Ucraina, oggi il 15%). 

Molti ucraini hanno fatto scorte di candele, acqua, cibo, si sono muniti di generatori. Il paese entra nella morsa del freddo e anche se ogni tanto al fronte vi è  un po’ di bonaccia, non ci si fanno illusioni: la tempesta di bombe si scatenerà di nuovo. A loro, ai civili, il coraggio non manca. Come non manca a Olga Tsukanova e al “Consiglio delle madri e mogli russe” che alzano la voce, in un oceano di silenzio, per attaccare pubblicamente l’autocrate a cui sembra sempre formicolare nelle mani un’insaziabile volontà di distruggere.

Leonardo Tricarico, generale e analista strategico, prevede un inverno di grande sofferenza per gli ucraini, ma esclude una loro resa: malgrado il freddo non alzeranno bandiera bianca. Forse anche  perché la Storia  ci ricorda che se è vero che infligge dolore agli innocenti, è altrettanto vero che quel condottiero senza volto tende a punire in modo pesante, se non definitivo, l’aggressore.

Scritto per “laRegione”
Nell’immagine: l’Ucraina al buio, vista dal sistema LAADS della NASA

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