Amnesty nella bufera
Il rapporto che mette sotto accusa l’esercito ucraino continua a suscitare reazioni e discussioni, anche dentro l’organizzazione umanitaria
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Il rapporto che mette sotto accusa l’esercito ucraino continua a suscitare reazioni e discussioni, anche dentro l’organizzazione umanitaria
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Il rapporto che mette sotto accusa l’esercito ucraino continua a suscitare reazioni e discussioni, anche dentro l’organizzazione umanitaria
La forza dell’Ong, che nei 60 anni di vita si è conquistata un’indubbia credibilità internazionale, si nutre della propria indipendenza ed è speculare alle critiche di governi e regimi: AI non guarda in faccia a nessuno. Ciò non significa che a volte non possa prendere qualche pericolosa cantonata.
L’abbaglio, secondo molti critici, è contenuto nel rapporto, presentato a fine luglio, in cui AI punta il dito contro le forze ucraine che metterebbero in pericolo la popolazione civile. In estrema sintesi: nelle regioni di Kharkiv, del Donbass o di Mykolaiv, l’esercito di Kiev avrebbe violato il diritto umanitario internazionale installando, in 19 villaggi e città, proprie strutture e unità in edifici civili, ospedali, scuole. Il rapporto si basa su testimonianze dirette, rilevamenti degli inquirenti, immagini satellitari. Amnesty sostiene che ci sarebbero state alternative (spostando le installazioni a qualche chilometro, sulla linea del fronte).
Mosca applaude suscitando un tripudio di ola tra la sua eccitata tifoseria. AI si schermisce, replica e precisa: “nulla giustifica le violazioni russe. La Russia è l’unica responsabile delle violazioni commesse contro i civili ucraini”. Ma ciò non basta: Kiev respinge con indignazione, il presidente Zelensky calca la mano “Amnesty riprende la narrazione dell’aggressore”. L’Ong viene travolta da critiche ma anche da dissenso interno e dimissioni: sbatte la porta la presidente della sezione ucraina ma pure , dopo 60 anni di incessante attivismo, il co-fondatore Per Wästberg, autorevole accademico svedese membro del comitato per il Nobel della Pace.
Alcuni giornalisti presenti sul terreno (in Italia Tinazzi e Cremonesi) smentiscono AI e raccontano quanto hanno potuto vedere coi loro occhi: gli ucraini hanno fatto di tutto per proteggere i civili, sfollandoli dalle aree pericolose; le scuole erano comunque chiuse; per proteggere le città, a loro giudizio era impossibile avanzare sulla linea del fronte dove i militari si sarebbero fatti massacrare. Il vice-ministro della difesa ucraino precisa: per difendere le città e i suoi civili la contraerea deve essere operativa nelle aree urbane.
L’analisi dell’Institute for war and peace reporting (IWPR) entra nello specifico strategico e giuridico: il rapporto di Amnesty ha una grande pecca, non considera che questa guerra è asimmetrica, il diritto internazionale umanitario deve tener conto di come ci si può muovere di fronte a un’aggressione unilaterale. AI ha regolarmente dimostrato di essere al di sopra di ogni sospetto. Ma può ovviamente sbagliare.
Di fronte a un crimine russo paragonabile alla spartizione della Polonia tra Stalin e Hitler (Noam Chomsky), con massacri, stupri saccheggi, è opportuno indagare anche sugli aggrediti? Risposta a nostro giudizio affermativa, ma con la consapevolezza che errori anche importanti possono essere stati commessi. Sarà ora un panel esterno indipendente, incaricato dalla stessa Amnesty International, a tentare di dissipare gli innumerevoli dubbi.
Nell’immagine: la valutazione interna del rapporto sull’Ucraina nel sito di Amnesty International Svizzera
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