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La società è diventata una mega-fabbrica
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La società è diventata una mega-fabbrica
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Una razionalità irrazionale ed ecocida impone di produrre e di consumare sempre e sempre di più, di crescere sempre di più ma non per soddisfare i nostri bisogni ma quelli del profitto del tecno-capitale


Lelio Demichelis
Lelio Demichelis
La società è diventata una mega-fabbrica
• 19 Marzo 2023 – Lelio Demichelis

Nel periodo elettorale i contributi di candidate e candidati sono benvenuti sulla nostra zattera secondo queste regole

Da venerdì è in libreria e online – anche in e-book – il nuovo libro di Lelio Demichelis, dal titolo: La società-fabbrica. Digitalizzazione delle masse e human engineering (Luiss University Press, pag. 360). È una critica radicale della razionalità strumentale/calcolante-industriale – come la definisce l’Autore – che ci domina dalla rivoluzione industriale e dal positivismo ottocentesco e che ha portato alla crisi climatica di oggi. Una razionalità irrazionale ed ecocida che impone di produrre e di consumare sempre e sempre di più, di crescere sempre di più ma non per soddisfare i nostri bisogni ma quelli del profitto del tecno-capitale. Non siamo quindi in una società post-industriale o post-moderna, bensì in una società iper-industrializzata, appunto una grande fabbrica dove tutti siamo forza-lavoro, h24, anche producendo dati gratuitamente. Una società-fabbrica organizzata, comandata e sorvegliata da manager, imprenditori, finanzieri, tecnocrati e oggi algoritmi, i nuovi meneur des foules con le loro tecniche di human engineering. E dunque, se non usciamo da questa irrazionalità tecno-capitalista, entrando invece in una razionalità diversa, umanistica ed ecologica, negheremo inesorabilmente il futuro alle prossime generazioni. Cioè non basta un po’ di sostenibilità e di resilienza e di riuso, ma il cambiamento del nostro (pessimo) modello economico, sociale e tecnologico deve essere radicale. Del saggio, anticipiamo alcuni stralci dalla parte iniziale e finale.

“Tempo verrà che non avrete un metro/di spazio per ciascuno:/lo spazio di un metro/che sia per voi. […] Non avrà spazio/neppure il pensiero/e tutto sarà nel Panottico:/pupilla di un/ Polifemo/fissa al centro del cielo:/ non ci sarà un solo angolo,/un remoto angolo/per il più segreto/dei pensieri./Il cuore sarà cavo/come il buco nero/in mezzo alle galassie./La mente di tutti/una lavagna nera…/Un groviglio di fili/senza corrente/i sentimenti/a terra.”

È con questa poesia – Tempo verrà – di David Maria Turoldo (1916-1992), poeta emozionante in ogni suo verso e inquieto uomo di Chiesa (un disturbatore di coscienze) che qui, noi, laici libertari, inquieti ma non credenti (o diversamente credenti), abbiamo deciso [per essere anche noi disturbatori di coscienze] di iniziare un nuovo percorso di analisi e di riflessione dentro e attorno a ciò che da tempo chiamiamo tecno-capitalismo e alla fabbrica che ne è l’espressione. Viaggio che idealmente parte da un saggio del 1947 del francofortese Max Horkheimer (1895-1973): Eclisse della ragione. Eclisse che oggi non è l’oscuramento temporaneo di qualcosa (come indicherebbe appunto il concetto di eclisse), ma l’oscuramento ormai totale e continuo di una ragione da tempo rovesciatasi nel suo contrario – e non solo nei totalitarismi politici del Novecento, ma anche e soprattutto in quello della societa tecnologica avanzata (Marcuse); la ragione perde così ogni potenziale di liberazione e di emancipazione (l’emancipazione è liberazione) divenendo invece meccanismo di auto-conservazione e di riproducibilità infinita e illimitata del sistema capitalista-industriale (ancora Horkheimer). […] ciò dipendendo da quanto sempre più siamo dominati e ingegnerizzati [è lo human engineering prodotto da management e marketing e oggi dal digitale] da una razionalità solo calcolante e positivista/industrialista. Come dimostra l’accettazione del cambiamento climatico e del crescere delle disuguaglianze sociali, senza che si attivi nella gente una reazione e una volontà/capacità di emancipazione/liberazione non solo dal dominio del capitale ma soprattutto, come qui sosteniamo, dal dominio/egemonia della (s)ragione strumentale/calcolante-industriale [è questa razionalità irrazionale che ci sta portando al collasso sociale e climatico e che è a monte del capitalismo e della tecnologia, predeterminandone il funzionamento]. […] Razionalità che è il meta-livello di governo del mondo, con la sua specifica Carta costituzionale di fatto. Il cui unico articolo recita: “Il mondo è un sistema tecno-capitalista fondato sulla razionalità strumentale/calcolante-industriale. I diritti fondamentali sono solo quelli del capitale e della tecnica ed essi valgono come diritti pre e sovra-statuali. Essi sono riconosciuti da stati e individui come pre-esistenti e come indisponibili, immodificabili, incontestabili, impermeabili al potere politico democratico e universali.” […]

[Come uscire da questa irrazionalità?] “Ormai solo un Dio ci può salvare” è una delle risposte – forse la più famosa (e dalle molte interpretazioni possibili) – date dal filosofo Martin Heidegger nella sua intervista del 1966 a Der Spiegel, pubblicata nel 1976 solo dopo la sua morte, per volontà dello stesso filosofo. Qui invece, da laici e da illuministi, da libertari e da francofortesi, ripetiamo di nuovo che solo un’altra ragione – umanistica, libertaria e insieme ambientalista e radicalmente opposta/contraria alla razionalità strumentale/calcolante-industriale-capitalista dominante da tre secoli e criticata nei capitoli precedenti – ci può salvare. Salvare: bloccando e poi invertendo la deriva totalitaria che abbiamo nichilisticamente imboccato e che ci sta portando alla dannazione sociale e ambientale. Salvare: ovvero, di nuovo, come ha scritto anche papa Francesco nella sua Enciclica Laudato si’ – “si tratta di ridefinire il progresso”, cioè di ripensarlo dalle radici e di iniziare a finalizzarlo in termini di cura dell’uomo e dell’ambiente, di responsabilità per il futuro e di giustizia sociale e ambientale, facendolo gentile verso gli uomini e la Terra e saggio verso le future generazioni. Salvare: tornando all’illuminismo e rovesciando la sua negazione/perversione tecno-capitalista, che ha prodotto un’epoca “in cui le macchine diventano sempre più complesse e i cervelli sempre più primitivi”, come scriveva Karl Kraus già nel 1907, avendo anch’egli ben compreso che per il sistema capitalista la vita deve essere tenuta in movimento solo per produrre e consumare.

Per salvarci occorre appunto, e al contrario di quanto dettato e insegnato fin dalle scuole dal sistema tecno-capitalista, educarci e educare a un pensiero critico e a un pensare riflessivo […] – ovvero saggio. Scoprendo – usando una frase dell’attrice Rosamund Pike a proposito della sua interpretazione di Marie Curie – che usare il cervello e più sexy che saper usare Instagram. Un pensiero e un pensare diversamente razionali perché responsabili; diversamente razionali perché capaci di lungimiranza e di cura e non più di sfruttamento compulsivo e per profitto privato dell’uomo e dell’ambiente. […] Si tratta cioè di de-industrializzare la società e di invertire la trasformazione della società intera in fabbrica e dell’uomo in operaio/forza-lavoro; si tratta di rovesciare le logiche solo appropriative, sfruttatrici, produttivistiche e consumistiche del sistema. Occorre un gatto capace di rovesciare la scacchiera e le regole del gioco imposte – per il solo profitto del tecno-capitale – da questa razionalità irrazionale [e per capire chi e cosa sono il gatto e la scacchiera occorre leggere il libro…N.d.A.].

Da Lelio Demichelis, La società-fabbrica. Digitalizzazione delle masse e human engineering (Luiss University Press) 






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