La Svizzera nelle braccia della NATO
Il Consiglio federale è contro la proibizione delle armi nucleari e non rispetta la volontà del Parlamento
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Il Consiglio federale è contro la proibizione delle armi nucleari e non rispetta la volontà del Parlamento
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Il Consiglio federale è contro la proibizione delle armi nucleari e non rispetta la volontà del Parlamento
Il Parlamento svizzero, approvando una mozione del socialista Carlo Sommaruga, aveva invitato il Consiglio federale a firmare il prima possibile il trattato sul divieto delle armi nucleari e a sottoporlo immediatamente al Parlamento per la ratifica.
Risposta pilatesca del Consiglio federale, che “condivide l’obiettivo di un mondo senza armi nucleari. Ritiene inoltre che un divieto di tali armi rappresenti un importante passo per raggiungere questo traguardo, che coincide sostanzialmente con gli interessi e i valori centrali della Svizzera, nello specifico la tutela dei suoi interessi in materia di sicurezza, della sua tradizione umanitaria e del suo impegno per il rispetto, il rafforzamento e la promozione del diritto internazionale umanitario. A questo divieto si allinea anche al suo supporto dei diritti umani, per una convivenza pacifica dei popoli e per la salvaguardia delle basi naturali della vita”. C’è un però, dettato da elvetico opportunismo: “raggiungere questi obiettivi potrebbe essere però più complicato se gli Stati detentori di armi nucleari e i loro alleati, che non partecipano ai negoziati, non ratificheranno il trattato nel prossimo futuro”. Tradotto: Berna si dice favorevole a un mondo senza armi nucleari, ma siccome chi possiede le armi nucleari non intende liberarsene, Berna si adegua.
Sommaruga è tornato alla carica tre anni dopo, chiedendo al Consiglio federale di attuare la mozione, come vuole la legge sul Parlamento, e ponendo una domanda semplice: “il Governo ritiene che, in materia di sicurezza, la Svizzera debba fare affidamento sulle armi nucleari in mano agli Stati membri della NATO?” Berna ha risposto, nel febbraio del 2021, con un’arrampicata sugli specchi: “Il Consiglio federale ribadisce la sua posizione – ribadita da lunga data – secondo cui la compatibilità tra il principio del diritto internazionale umanitario e l’impiego di armi nucleari è difficilmente concepibile”. Non si concepisce, ma ci si adegua; ancora!
Negli ultimi due anni, dopo l’aggressione della Russia all’Ucraina e la guerra che ancora ferisce l’Europa, la Svizzera ha fatto ulteriori passi verso la NATO. La capa del dipartimento della difesa Viola Amherd ha dichiarato in più occasioni di volere una più stretta collaborazione con l’alleanza militare atlantica. L’eventuale futuro generale Thomas Süssli ha detto più di una volta che in caso di aggressione l’esercito svizzero in due settimane sarebbe liquidato e dovrebbe appoggiarsi alla NATO. (Domanda da dieci miliardi di franchi all’anno: ha senso foraggiare un esercito inutile?)
Il ritornello è chiaro: la Svizzera non vuol disturbare le potenze atomiche sostenendo il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari che non piace agli Stati Uniti e neanche alla Russia. Commentando la decisione, il CF scrive: “L’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari può essere concretizzato solo collaborando con gli Stati che le detengono, e non opponendosi a questi”. Ovvero, di nuovo, siamo contrari alle armi atomiche, ma pronti a lasciarle usare portando tutti alla catastrofe.
La recente decisione di non firmare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari conferma che da cinque anni il Consiglio federale si rifiuta di dar seguito a un ordine del Parlamento. Non è una quisquilia: ne va della democrazia del nostro Paese!
Non sono mancate le reazioni negative alla decisione bernese. L’ICAN ha dichiarato che “la Svizzera avrebbe avuto bisogno di più coraggio”. Ma del resto, Elvezia e il suo governo quando mai hanno brillato per coraggio? Il Gruppo per una Svizzera senza esercito ritiene “vergognoso che il Consiglio federale si rifiuti di inviare un segnale forte in un momento in cui la minaccia delle armi nucleari è di nuovo in aumento”.
L’Alleanza per il divieto delle armi nucleari, costituita da diverse associazioni della società civile, intende correggere questa decisione lanciando un’iniziativa popolare. La raccolta delle firme dovrebbe iniziare la prossima estate.
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