Il Lenin dei Russi nei pensieri di oggi
A un secolo dalla scomparsa, l’atteggiamento di cittadini e pensatori russi nei confronti dell’artefice della rivoluzione bolscevica: incontro a Mosca con il filosofo marxista e dissidente Boris Kagarlitskij
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A un secolo dalla scomparsa, l’atteggiamento di cittadini e pensatori russi nei confronti dell’artefice della rivoluzione bolscevica: incontro a Mosca con il filosofo marxista e dissidente Boris Kagarlitskij
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Boris Kagarlitskij, qual è, a cent’anni dalla morte, l’atteggiamento del cittadino russo comune nei confronti di Lenin? E quello della classe politica?
Come è noto, recentemente io sono stato in prigione dove c’è gente che non ha nulla a che fare con la politica, e che pensa di Lenin esattamente ciò che pensa il cittadino medio russo: cioè nulla. La nostra società è entrata in una fase di amnesia politica. È catastroficamente confusa per quanto riguarda la storia del paese. Negli ultimi trent’anno, di cui venti con Putin al comando, il potere post-sovietico ha sostenuto che bisogna rivalutare completamente il passato. Ma poi, a proposito del passato, sostiene oggi qualcosa che verrà rimesso in discussione domani. In questo quadro molti russi hanno pensato: che differenza fa quindi cosa penso io? Il passato è passato e così sia. Per quanto riguarda i politici, gli ideologi e gli intellettuali, funziona come sempre la classica divisione: da una parte, a sinistra, si giudica Lenin un grande rivoluzionario, una figura progressiva che trasformò la Russia in un Paese industriale e una società moderna; a destra invece si sostiene che fu una spia tedesca, che fu la Germania nemica a riportarlo in patria per indebolire la nazione, e si tratterebbe dunque di un nemico della Russia che distrusse l’impero.
Per questo pensi che il discorso di Putin contro Lenin del 21 febbraio 2022 in occasione del riconoscimento delle “Repubbliche del Donbass”- e che fu di fatto una dichiarazione di guerra all’Ucraina – fosse rivolto in primo luogo contro gli ucraini?
Si tratta di una fantasia di Putin che potremmo suddividere su due piani. Da un parte egli sostenne qualcosa che non aveva nulla a che fare con quanto stava succedendo in quel momento in Ucraina, ma dall’altra affermava qualcosa d’interessante. In Russia questa ricostruzione storica non interessa a nessuno. In Ucraina invece effettivamente la faccenda è più complicata. A Kiev, non per forza all’interno del governo ma anche tra quei gruppi ideologici e intellettuali che determinano in profondità la politica ucraina del Cremlino, molto spesso si confonde il rigetto della Russia con il rigetto del comunismo. Da questo punto di vista ha ragione Oleksej Arestovich, fino a poco tempo fa uno dei più influenti uomini pubblici in Ucraina prima di rompere con Zelensky e fuggire negli Stai Uniti, quando sostiene che oggi dell’Ucraina, che rigetta la storia sia del periodo imperiale russo sia di quello sovietico, resta ben poco. Gli ucraini perdono così qualsiasi riferimento storico. Si cerca di isolare la storia ucraina da quella russa e polacca principalmente, ma questo tentativo risulta molto complicato. Da questo punto di vista Putin, sparando contro il “Lenin ucraino”, ha sparato contro un bersaglio che in realtà non esiste. Certamente qualche anno fa ci fu un momento in cui in Ucraina vennero tolti i monumenti a Lenin. Venivano eliminati non tanto per la figura di Lenin e neppure perché erano del periodo sovietico, ma perché erano qualcosa che teneva insieme il passato russo con quello ucraino. Ma quando furono tolti questi monumenti si pose il problema di come sostituirli. Molto spesso sono rimasti dei piedistalli senza monumenti. Simbolizzano il vuoto di narrativa che si è creato in Ucraina.
Si sostiene che negli ultimi anni siano sorti in varie zone della Russia dei “circoli marxisti”. Attraverso i “circoli marxisti” si sviluppò anche il partito bolscevico alla fine del XIX secolo. Vedi qualche analogia nei due fenomeni?
No, non ce la vedo. Lo sviluppo dei “circoli” nella Russia zarista era una forma dell’agire politico di partito in una situazione in cui ogni forma di attività politica era illegale. I “circoli” contemporanei sono qualcosa di diverso e avendo viaggiato molto per la Russia posso dirlo con cognizione di causa. Si è trattato di un fenomeno che ha attratto dei giovani verso il marxismo non come una forma dell’agire politico ma in quanto puri “circoli di lettura”. Tutto ciò nasceva dal presupposto che l’agire politico fosse senza speranza di successo. Nell’ultima fase però questi circoli sono entrati in crisi: “abbiamo letto tutti i libri che c’erano da leggere, che facciamo ora?”. Penso tuttavia che la sinistra abbia ancora un futuro in questo Paese. Ho visto in quanto professore l’interesse degli studenti per queste idee anche se finora lo spazio per un’azione politica di fatto non esiste. Praticamente tutti i partiti che oggi esistono in Russia, al di là del nome che portano, sono delle succursali del Cremlino. La radicalizzazione di molti giovani in Russia è evidente, ed avviene a sinistra, a differenza di quanto succede nel resto dell’Europa. Da voi la crisi della democrazia liberale ha aperto la strada al populismo di destra, ma da noi in Russia non esiste la democrazia liberale per cui si cerca una strada verso una maggiore giustizia anche sociale. Nel momento in cui la pressione del potere autoritario si ridurrà, vedremo emergere questa tendenza.
Qualcuno potrebbe dire che la fase storica aperta con la rivoluzione leninista si sia conclusa male. Oggi i regimi che si definiscono socialisti o marxisti non rappresentano certo un riferimento, tanto per usare un eufemismo, per gran parte dell’umanità…
Tutti i movimenti conoscono dei cicli definiti “di esistenza”. Il bolscevismo ha avuto un ciclo vitale nella prima metà del XX secolo, e quello classico era già stato sconfitto negli anni ’30. La politica di Stalin fu già qualcosa di diverso dal bolscevismo degli esordi. Penso che Trotsky avesse ragione quando sosteneva che il regime staliniano fosse assimilabile al Termidoro della rivoluzione francese. Lungo quel percorso si giunse alla restaurazione del capitalismo. il bolscevismo è stato sconfitto tanto quanto lo fu il movimento della Riforma nel XVI secolo. Ma tutto ciò non è “la fine della storia” profetizzata, sbagliando, da Fukuyama. Ritengo che l’epoca del passaggio dal capitalismo al socialismo sia ancora in corso. Si sta dimostrando certamente più lunga e contraddittoria di come inizialmente si poteva immaginare. Più tragica, certamente. È di sconfitta in sconfitta, come ha sostenuto Jean-Paul Sartre, che avanza il progresso umano. E da questo punto di vista anche Marx resta attuale.
E del leninismo cosa rimane oggi fra gli schieramenti in Russia e al di fuori di essa?
Per quanto riguarda coloro che si ritengono gli eredi ufficiali di quella storia, beh il partito comunista della federazione russa è un fenomeno vergognoso, e nessuno lo tiene in seria considerazione. Molti dei suoi membri affermano che se ci fosse in Russia la possibilità legale di fondare un altro partito sarebbero già da un’altra parte. La Cina invece non è null’altro che un sistema capitalistico. In particolare di un capitalismo di Stato, nel senso classico del termine: ovvero di come era stato concepito nella seconda metà del XIX secolo in Germania e Gran Bretagna, come struttura dell’organizzazione del capitalismo. In Cina, e ciò è interessante, il capitalismo è stato restaurato dal partito comunista. Anche qui, nulla di strano: ogni idea può essere usata per diversi fini. E più il potere è conservatore, più ha bisogno di tradizioni. E dato che in Cina la tradizione comunista è quella più forte e legittimata, viene usata a piene mani. Mi recai in Cina nel 2008 e parlando con gli economisti di quel Paese capii che non profumano di marxismo, neppure da lontano: sono solo la rappresentazione del pragmatismo tecnocratico.
C’è qualcosa che rimane attuale dell’azione e dell’opera di Lenin?
Lenin fu in primo luogo un politico. E credo che ogni politico serio che voglia lottare per la conquista del potere, al di là della propria ideologia, deve studiarlo. Lo fa la stessa destra americana di “Alt-Right” che spesso lo cita. Certo, la riflessione teorica non si conclude con Lenin, di cui vanno certamente compresi anche gli errori, e progredisce; ma credo che la sua riflessione sull’imperialismo resti utile anche per comprendere il presente, e lo possiamo del resto costatare con chiarezza nelle vicende mondiali degli ultimi due anni.
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