La manifestazione prevista per domani, sabato 20 gennaio, vedrà
ErrediPi marciare e manifestare con convinzione accanto a numerosi altri gruppi politici, professionali e di opinione contro la politica fiscale miope e insensata che lo Stato promuove da più di vent’anni, sostenuto dalla maggioranza dei tanti personaggi che in questo periodo hanno animato i governi e i parlamenti. Chi con maggiore convinzione e chi con meno, tutti costoro hanno assunto una serie di dogmi economici, la cui efficacia non è mai stata scientificamente dimostrata, secondo cui la prosperità economica del Paese debba essere subordinata al pareggio di bilancio, anche laddove questo implichi tagli ai gangli più sensibili della società, come scuola, socialità e sanità.
Nemmeno dalla sinistra è stato mai posto in serio dubbio che il pareggio di bilancio non sia un obiettivo in sé, così come anni fa l’elettorato è stato convinto a sancire in votazione popolare, elevando al rango costituzionale il freno al disavanzo. Certo, si sente ripetere che il pareggio di bilancio è la condizione sine qua non per poter fare politica, e si cita come esempio la capacità di far fronte all’emergenza Covid: “come avremmo potuto superare quella crisi se non fossimo partiti da una situazione di finanze sane?”. Beh, probabilmente avremmo fatto lo stesso anche se fossimo partiti da un preventivo in deficit o anche se il nostro debito pubblico fosse stato di qualche punto percentuale più alto. Il Giappone, d’altra parte, si è detto che abbia affrontato l’emergenza in modo esemplare, dall’alto del suo 260% di debito su PIL, a confronto con il Ticino, che se l’è cavata benino, forte del suo debito al 7% su PIL…
Dunque, quale sarebbe questa sbandierata progettualità politica che è stato possibile mettere in campo ogniqualvolta si è raggiunto il pareggio dei conti a costo di lacrime e sangue? Quella fondata su un altro dogma economico mai dimostrato, quello della competitività fiscale. Ed ecco quindi che l’agognata progettualità politica per rilanciare l’occupazione e i salari del Paese si è ridotta al semplice ritocco delle “condizioni-quadro” della competitività fiscale, in forza alla teoria secondo cui la riduzione delle aliquote fiscali eviterebbe la fuga dei buoni contribuenti verso i paradisi fiscali in Svizzera e all’estero. Il fatto che, secondo i dati dell’ufficio federale di statistica, nonostante le sue aliquote da “inferno fiscale” il Ticino sia il cantone che ha visto la maggiore crescita delle persone con più di 5 milioni di patrimonio, sembra non aver sollevato alcun ragionevole dubbio sulla solidità dell’impianto teorico alla base della politica fiscale del Cantone.
Viceversa, un principio economico universalmente riconosciuto insegna che sono i redditi a costituire il PIL, ossia la produzione di ricchezza. E sulla base di questo principio, dunque, tagliare i salari delle decine di migliaia di dipendenti pubblici e para-pubblici, così come i trasferimenti agli istituti sociali, che servono anche per pagare salari, significa sacrificare PIL. Lo stesso ragionamento, del resto, si applica anche alla riduzione delle pensioni (che costituiscono il “core business” di ErrediPi), in quanto le pensioni altro non sono che salario differito.
Alla resa dei conti, dunque, la politica di austerità alternata alla politica di sgravi fiscali a beneficio di imprese e persone benestanti, dove ci ha portato dopo 25 anni? Alla prosperità diffusa? Purtroppo no: siamo il cantone con il maggiore rischio di povertà, soprattutto a causa di un altro triste primato, quello dei salari più bassi, ma anche della disuguaglianza più marcata, che è stato dimostrato abbia una correlazione statistica significativa con il tasso di povertà.
Sabato marceremo e manifesteremo contro questa politica, sì, ma anche a favore di una radicale svolta che guardi alle strategie adottate da altri paesi a noi comparabili, che hanno scelto di non rassegnarsi a diventare tristi paradisi fiscali, dai quali la gioventù fugge, lasciando un “paese per vecchi” che, a fronte dei ripetuti attacchi alle rendite pensionistiche, sarà un paese solo per vecchi… e facoltosi stranieri.
Ormai lo ammette anche il Governo: da qui a poco anche l’Amministrazione non riuscirà più a trovare manodopera qualificata, un po’ a causa della “fuga dei cervelli”, quelli dei nostri giovani che vanno a far famiglia dove i salari sono dignitosi. Un po’ a causa della concorrenza con l’economia privata che, taglio dopo taglio ai salari e alle pensioni del pubblico impiego, finisce per fare concorrenza allo Stato nell’accaparrarsi i talenti migliori.
Questa è la prova che la competitività di un cantone non passa solo dalla fiscalità, ma soprattutto dalle opportunità che, in termini di salari di pensioni e di servizi sociali sanitari e scolastici si offrono alle giovani generazioni. Ed è proprio per loro, e per il futuro del nostro Cantone che scenderemo in piazza.
Paolo Galbiati è docente di Economia e Diritto al Liceo di Bellinzona e membro di comitato di ErreDiPi – Rete per la Difesa delle Pensioni