Lugano “capitale della cultura”
Gli slogan elettorali sono buoni ogni quattro anni, e ogni quattro anni si ricordano anche della cultura. Basta che sia istituzionalizzata - Di Bruno Brughera
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Gli slogan elettorali sono buoni ogni quattro anni, e ogni quattro anni si ricordano anche della cultura. Basta che sia istituzionalizzata - Di Bruno Brughera
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Gli slogan elettorali sono buoni ogni quattro anni, e ogni quattro anni si ricordano anche della cultura. Basta che sia istituzionalizzata - Di Bruno Brughera
Poi, regolarmente, noi cittadini, elettori, scopriamo che in verità, a seggi attribuiti, a carriere politiche consolidate, sorgono sempre varie impreviste difficoltà, i tempi si allungano inesorabilmente, fra rinvii, revisioni, ricorsi, incidenti e accidenti cui segue, se del caso, un compendio di scuse e giustificazioni, quando va bene: altrimenti si va avanti comunque, dimenticando le promesse fatte come se nulla fosse.
Sarebbe interessante confrontare i vari progetti sbandierati ai quattro venti in campagna elettorale negli ultimi vent’anni per vedere quali sono giunti a buon fine e quanti fossero campati in aria, semplicemente promozionali e ad effetto. Proviamo ad esempio a focalizzarci su quelli annunciati nel campo della cultura e dei riscontri oggettivi che ne sono seguiti negli ultimi anni a Lugano.
Proprio in questi giorni si è saputo che la città che ama definirsi, fra le varie cose (e non senza enfasi),“capitale della cultura” (oltre che, naturalmente, dell’innovazione, del bitcoin e già che ci siamo anche della movida) ha lasciato partire una bella e ricca serie di collezioni artistiche ( se ne è parlato in questa sede con un opportuno intervento di Aurelio Sargenti). Allo stesso tempo, alcuni candidati liberali lanciano un’iniziativa volta a favorire fiscalmente l’attività di “benemerite” fondazioni culturali private, quelle che ingenerano sicuro indotto promuovendo iniziative di ogni genere (anche rispettabilissime, ovviamente). A proposito, chissà quale sarà l’indotto dell’attività della Fondazione Bally a Villa Heleneum?
Ma c’è qualcuno che sia capace di parlare, una volta, di un progetto “complessivo”, di un’idea di promozione della cultura a Lugano che consideri tutti i suoi diversi aspetti, la variegata natura dell’offerta, la diversità di chi la propone e di chi ne fruisce, in un quadro generale?
E qui arriviamo alla questione dell’offerta culturale “dal basso”, che pure dovrebbe entrare in considerazione (non solo per eventuali benefici fiscali) come espressione della necessità di dar spazio (e spazi) a realtà composite che da tempo chiedono semplicemente “accesso” ed un minimo di sostegno.
Intervenendo alla conferenza stampa di presentazione da parte dell’Associazione Idra della “Carta della Gerra”, lo scorso mese di febbraio, un noto politico luganese nonché vice sindaco, prendendo la parola non ha esitato ad usare, in merito, termini fortemente elogiativi, specie riferendosi all’esperienza della “Straordinaria”, (La Tour Vagabonde, per intenderci): pareva essere un discorso fatto da chi quell’esperienza l’aveva sempre voluta e promossa, sembrava che la Città ne fosse, implicitamente, artefice. Sappiamo tutti molto bene che non è così, che Lugano è sempre stata restìa a concedere spazi e attenzioni ad iniziative non istituzionali, e sappiamo altrettanto bene che il merito del successo dell’operazione “La Straordinaria”, con quel che ne è seguito a livello di dibattito, è dell’Associazione Idra, che ha raccolto l’adesione di 707 gruppi, collettivi, singoli operatori culturali per richiamare l’attenzione sull’importanza e la portata di questo specifico ambito.
La capacità di appropriarsi dei meriti altrui è una nota caratteristica dei politici di lungo corso. Ma se ci fossero stati, in questo contesto, dei meriti reali e concreti, non è che avremmo visto qualche vero cambiamento? O perlomeno un progetto chiaro per strutturare, quindi dare spazi e offrire gli strumenti per la crescita della scena culturale alternativa alla polarizzante programmazione del LAC?
In tempi recenti, uno slogan trainante per il municipio, era la Lugano dei poli. Polo sportivo, Polo degli eventi ecc. Ora, apprendiamo dal sindaco uscente che la città ha una nuova vocazione. Lugano capitale della cultura! Evidentemente i poli non bastavano più.
La megalomania è una “brutta bestia”, un’attitudine fin troppo presente tra i politici. La concretezza e l’umiltà sono invece per lo più assenti.
Concretezza che tocchiamo con mano grazie, appunto, alla “Carta della Gerra”, un lavoro pragmatico di presentazione delle realtà culturali e artistiche presenti sul territorio che da anni cercano spazi per progettare, sperimentare e presentare i loro lavori. Allora c’è da chiedersi perché fino ad ora nessun politico luganese abbia avuto l’illuminante idea di rispolverare il progetto Matrix (il Polo Culturale immaginato e progettato nel 2020) e di riproporlo con nuovi contenuti magari proprio per rispondere ai bisogni che l’Associazione Idra e gli oltre 700 firmatari hanno sottoscritto.
È vero anche che il comparto dell’ex macello è bloccato da un’inchiesta giudiziaria (e sappiamo bene perché), ma nulla impedisce di mettere su carta dei contenuti nuovi alla luce delle rivendicazioni recenti. Il progetto Matrix prevede degli spazi di coworking che possono essere trasformati e adattati. Rivedere in parte il concetto (invero raffazzonato e riempito di tutto e di più) per dar vita ad un centro culturale di progettazione, sperimentazione e di offerta in sale adeguate, permetterebbe anche alla popolazione di trovare un punto di riferimento interessante e complementare rispetto all’offerta classica, un po’ ingessata e, diciamolo pure, non alla portata di tutti sia per interesse della programmazione sia per i suoi costi.
Certo, se pensiamo esplicitamente al progetto Matrix e all’area in questione, non possiamo dimenticare, come detto, che rimane in totale stallo la situazione relativa alla contrapposizione tra città e autogestione. Soluzioni se ne potevano trovare, ma le parti si sono irrigidite con azioni inconcludenti: chissà mai che una complessiva rivalutazione del comparto in chiave di “cultura dal basso” non possa diventare anche uno strumento di riavvicinamento con l’autogestione politica. È vero anche che c’è un terzo attore in ballo, e di un certo peso: l’Università. La richiesta di occupare quegli spazi è nota, molti vorrebbero metterci le mani, ma l’interesse pubblico dovrebbe avere la precedenza, sempre che ci siano politici a difenderlo.
Nell’immagine: propaganda elettorale della Lega luganese (“Lugano è la capitale della movida – Qui i locali non chiudono presto come a ‘Belli’…”)
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