Inferno Rafah, “Ho camminato sui cadaveri”: il racconto delle madri sotto i colpi dei cannoni
Di rifugio in rifugio, si lotta per la sopravvivenza: «Dormo con i mie bimbi in letti fradici, il cibo sono scatolette»
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Di rifugio in rifugio, si lotta per la sopravvivenza: «Dormo con i mie bimbi in letti fradici, il cibo sono scatolette»
• – Redazione
Per raggiungere l’obiettivo della morte della democrazia, oltre al neoliberalismo e alla tecnologia servono le zone economiche, i paradisi fiscali, i nazionalismi per la creazione di sempre nuovi stati che per vivere avranno bisogno di capitale e di capitalisti, di città-stato, di porti franchi, di hub per l’innovazione
• – Lelio Demichelis
Sentenza di secondo grado contro l'ex presidente francese, che per la sua elezione all'Eliseo spese 43 milioni di euro, il doppio del consentito dalla legge; un problema anche per la strategia dell'Eliseo contro Marine le Pen
• – Aldo Sofia
Il cardinale Parolin aveva definito l'operazione su Gaza "sproporzionata". Rabbiosa la replica del rappresentante di Tel Aviv presso il Vaticano: «Dichiarazione deplorevole». La risposta indiretta sui media vaticani: «Fermare la carneficina»
• – Redazione
Una questione di coraggio: quello necessario per continuare a rivendicare diritti e a denunciare ingiustizie in nome dei valori della democrazia - Di Guido Tognola
• – Redazione
Il sesso senza consenso è sempre uno stupro. Eppure in Europa, nel 2024, non tutti i paesi sembrano pensarla così
• – Redazione
I luoghi e gli anni d’infanzia e giovinezza di Claudia Quadri nel libro “Infanzia e bestiario”, pubblicato da Casagrande, per cui l’autrice si è vista assegnare il prestigioso Premio svizzero di letteratura
• – Enrico Lombardi
Nel giorno di San Valentino, ricordando il suono e le parole di Jacques Brel in una delle più straordinarie, indimenticabili canzoni d’amore
• – Enrico Lombardi
A Budapest il recente “Giorno del ricordo” ha raccolto centinaia di neonazisti per la commemorazione dei tedeschi e dei loro alleati neo-nazisti locali, che si batterono contro l’Armata Rossa; alla rievocazione, anche cittadini svizzeri; in sfregio alla memoria di Carl Lutz
• – Aldo Sofia
La giornalista indipendente: «Le accuse a Salis sono vaghe, ancora non provate e non ci sono testimoni»
• – Redazione
Di rifugio in rifugio, si lotta per la sopravvivenza: «Dormo con i mie bimbi in letti fradici, il cibo sono scatolette»
Ogni notte bisogna trovare un letto per dormire e ogni notte, racconta Aisha, 24 anni, madre di tre figli, «sono costretta a mettere i miei figli in un giaciglio sporco, contaminato, con la paura che prendano un’infezione, una malattia che non saprò come curare, perché non ci sono medicine». Il bambino più piccolo Ahmed, soffre di una malformazione all’apparato genitale, ha dovuto essere operato più volte, prima della guerra. Adesso avrebbe bisogno di un altro intervento, ma non è neanche da pensarci. Bisogna sopravvivere. Aisha ha perso i contatti con il marito, rimasto bloccato nel Nord, durante il primo esodo, da Gaza City. Spera che sia vivo, lei ha attraversato la Striscia da sola, di rifugio in rifugio, fino a quello di Rafah, all’interno di una scuola dell’Unrwa che pensava sicura, sotto l’ombrello dell’Onu. Non è stato così.
«Ero all’interno con i bambini – racconta – quando i tank hanno cominciato a sparare, i proiettili sono esplosi, anche a distanza ci hanno storditi, ho preso i miei figli per mano e trascinati via, per salvarci, a un certo punto dovevamo scavalcare i corpi dei morti, ci camminavamo sopra. È stato uno choc terribile. Da allora il mio secondo figlio si sveglia di colpo ogni notte e piange, trema, per l’orrore di quel giorno».
Aisha dorme nello stesso letto, in un giaciglio di fortuna, con i figli maschi Ahmed e Ali, che tremano e piangono, senza la possibilità di cambiarli, e senza poter cambiare o sterilizzare le lenzuola o il materasso. Dormono nella sporcizia, con il terrore di ammalarsi.
«L’igiene è un problema enorme – conferma Noura al-Barawi –. Non abbiamo i pannolini per cambiare i bambini, i pochi che si trovano hanno prezzi esorbitanti, non possiamo permetterceli, ho dovuto usare le bende per fasciare i feriti, che sono arrivate con gli aiuti umanitari, le ho tagliate a pezzi e le ho usate così». Anche Noura ne avrebbe bisogno. Soffre di un’infezione urinaria e deve cambiarsi spesso per non peggiorare. «Ho dovuto prendere pillole per non bloccare le mestruazioni, perché non sapevo come cambiarmi».
Accanto a lei c’è Iman, 30 anni, sola, con una bambina di due anni. Si lamenta per la mancanza di pannolini e spiega che ha usato «pezzi di stoffa e un sacchetto di plastica» per farseli per conto suo. Soffre, non sta bene. Nei rifugi di Rafah dilagano allergie, infezioni per la mancanza di acqua pulita, le mamme lavano i bambini con schiume che irritano la loro pelle delicata.
Per i disabili è un inferno ancora peggiore. La guerra non ha risparmiato nessuno. Ci sono bambini di ogni età feriti alle gambe o alle braccia, che si sono salvati ma hanno difficoltà a muoversi. Altri hanno problemi mentali, molto diffusi nella Striscia di Gaza, per via dei traumi delle guerre precedenti, il blocco decennale. Ma il conflitto non ha pietà di nessuno, né della loro infanzia né delle loro disabilità. Ahmed è uno di questi bambini, anche lui ha trovato rifugio a Rafah.
«Non mangia il cibo che prepariamo qui – racconta la madre –. Non è adatto a lui, tutto cibo in scatola, che gli fa male». Ahmed ha problemi al cuore, dovrebbe nutrirsi con cibo fresco, frutta, verdura. E ha bisogno di medicine, cure specifiche per evitare che la malattia si aggravi, ha problemi anche ai reni e all’udito. Ma queste cure sono un lusso per gli sfollati. Vivono giorno per giorno, senza sapere se riusciranno a sopravvivere alla macchina di oppressione e di bombe che li schiaccia. Dall’inizio delle operazioni di terra è stato un esodo continuo, di città in città, di rifugio in rifugio, verso il Sud, verso una salvezza che non arriva mai. Non sono semplici spostamenti, sono viaggi pieni di fatica, sofferenza, perdite e amarezza. Sono viaggi che hanno fatto sperimentare a tutti i gazawi la brutalità della guerra, hanno esaurito le energie dei loro corpi e dei loro cuori, hanno asciugato le loro vite.
Hanno perso i cari, le case, anche i soldi. Tutto quello che avevano costruito in una vita, i risparmi. La guerra è andata avanti a uccidere, poi è arrivata la fame, persino la sete. Nei rifugi si vedono uomini, tante donne e bambini, esausti per le malattie che contratto dall’acqua contaminata, l’unica poco acqua ancora disponibile nella Striscia, o per il sovraffollamento negli stessi rifugi. Rafah è diventata un immenso campo profughi. La popolazione si è decuplicata e quel che è peggio, vive nel terrore di doversi spostare ancora, perché incombe l’attacco alla città.
L’Oms ha lanciato l’allarme di un possibile rapido diffondersi delle infezioni, in quanto il sistema sanitario non esiste più, quasi tutti gli ospedali non sono più in grado di funzionare. L’organizzazione ha reiterato i suoi appelli perché arrivino più aiuti, cibo, medicine, carburante. E soprattutto serve acqua pulita, per lavarsi, per bere. Per poter cambiare i propri figli che piangono, soffrono e non capiscono perché.
Nell’immagine: bambini a Rafah
A complicare la situazione mediorientale il frazionamento delle posizioni tra Fatah e Hamas
In una lettera ai collaboratori (5000 in Svizzera) c’è molto dell’idea e del futuro del lavoro nell’economia globalizzata