La rabbia di Ramallah: “Escalation disastrosa per noi palestinesi”
In Cisgiordania si vivono ore di tensione: “Pagheremo noi la guerra dell’Iran”. Ma adesso non si esclude una nuova Intifada
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In Cisgiordania si vivono ore di tensione: “Pagheremo noi la guerra dell’Iran”. Ma adesso non si esclude una nuova Intifada
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In Cisgiordania si vivono ore di tensione: “Pagheremo noi la guerra dell’Iran”. Ma adesso non si esclude una nuova Intifada
Il traffico senza speranza di Ramallah riempie il sabato dell’attesa. Clacson isterici, macchine scassate in fila su vie storte, puzza di gas, la radio che manda a nastro la notizia dell’assalto di un gruppo di estremisti israeliani al villaggio arabo di Al-Mughayir, a quaranta minuti di macchina dalla Muqata’a. «Un palestinese è stato ucciso», «un israeliano è stato ucciso prima», «stanno attaccando le città arabe». È un sabato cisgiordano. Si parla di Al-Mughayir e si parla di Iran. Un bambino sulla groppa di un dromedario punta il fucile giocattolo verso un taxi. «Si è appena conclusa al Fitr, i tre giorni di festa che segnano la fine del Ramadan. C’è quest’abitudine che durante al Fitr i piccoli giocano in strada a fare la guerra». Anche i grandi giocano a fare la guerra. Più o meno, tutti i giorni dell’anno. Hanno questa abitudine.
I Territori occupati ribollono di rancore verso lo Stato ebraico. Non da ora e nemmeno da quando è cominciata l’invasione di Gaza. Da prima, da molto prima. Eppure nessuno si fida di Teheran. Nemmeno ora che gli ayatollah si stanno vendicando con gli israeliani per l’attacco al consolato di Damasco, con una pioggia di droni che può aprire un conflitto diretto. Il vecchio detto “il nemico del mio nemico è mio amico”, riferito alla Repubblica islamica, non funziona. «All’Iran non è mai fregato niente di noi palestinesi», è l’opinione che a Ramallah come a Nablus, a Tulkarem e a Jenin, trova tutti d’accordo. «Se gli ayatollah avessero voluto darci davvero una mano, sarebbero intervenuti a Gaza sei mesi fa».
Appurato per logica che le miserie di questa terra non saranno sanate da una guerra regionale, ci si chiede come reagirà adesso la Cisgiordania, dovessimo a breve ritrovarci nel peggiore degli scenari possibili. «È Netanyahu che sta cercando di trascinare l’Iran nel conflitto, perché spera che poi noi ci faremo coinvolgere e potrà attaccarci come ha fatto con Gaza», premette Sabri Saidam, uno dei leader di Fatah e membro del comitato centrale del partito che fu di Arafat. «Il premier israeliano non combatte Hamas, combatte i palestinesi. Non vede l’ora che si apra un fronte in Cisgiordania, per eliminare o deportare tutti noi e creare un nuovo ordine in Medio Oriente». Qualsiasi cosa succederà tra Iran e Israele, è il ragionamento di Sabri Saidam, porterà guai ai palestinesi. E come reagirà un popolo che si sente usurpato, maltrattato e derubato, nessuno lo può prevedere.
«Le strade sono pronte a qualcosa di grave», si sente dire a un crocicchio un gruppo di tre uomini che discute attorno a un carretto pieno di semi di cardamomo. Sono davanti al municipio di Ramallah, è sabato e non c’è nessuno dentro. Un signore di nome Abu Mohammed elenca i motivi della sua convinzione. «I coloni che ci attaccano e ci prendono i campi senza che il mondo dica niente, il massacro che stanno facendo a Gaza, la frustrazione…». L’altro, il suo compare, gli chiude la frase. «…e quanti palestinesi hanno perso già il lavoro? Non abbiamo leader all’altezza, nessuno controlla i campi profughi». Il terzo uomo, un anziano venuto a comprare il cardamomo, con tono serio emette la sua sentenza: «Nessuno vuole la guerra in Cisgiordania, ma nessuno è in grado di garantire che non ci sarà una nuova intifada se, con la rappresaglia iraniana, si accende l’intero Medio Oriente».
Sostiene Ibrahim Rabayaa, ricercatore e docente di Scienze politiche all’università di Bir Zeit che i palestinesi vivano queste ore nel dilemma. «Ovvio che per la nostra gente è meglio la pace, ma è anche vero che così siamo in trappola. Alla mercé delle decisioni che sono di Israele e dell’Iran, e non dei Paesi arabi che potrebbero veramente aiutarci». Secondo il professor Rabayaa è improbabile l’ipotesi del sorgere di un nuova intifada che coinvolga l’intera Cisgiordania. «La maggior parte dei palestinesi sta nelle città, i punti di contatto sono nei villaggi attorniati dagli estremisti israeliani degli insediamenti. In quelle zone l’Idf li protegge, controlla tutto. E Israele avrà sempre e comunque il sostegno degli americani, dovesse scoppiare una rivolta».
La notizia degli scontri al villaggio di Al-Mughayir è passata di bocca in bocca per tutta la giornata, senza bisogno della radio e del web. Fino a quando non si è saputo che uno sciame di droni iraniani era in volo verso lo Stato ebraico. «Nella mia cittadella negli ultimi due giorni gli israeliani hanno assaltato 43 case, un ragazzo è stato ucciso, altri sei sono stati feriti di cui due in modo grave» racconta al telefono Amin Abualia, il capo dell’amministrazione araba locale. «Se ora scoppia la guerra con l’Iran ci sarà ancor meno attenzione di adesso sulla Cisgiordania e su violenze come queste che stiamo subendo». A Tulkarem, nel campo profughi dove negli ultimi quattro giorni i bambini si rincorrevano con armi finte, Fatima, 35 anni, segue alla televisione gli aggiornamenti. Risponde ai messaggi con un audio via chat. «Non mi fido dell’Iran, non mi fido dell’Iran», ripete. «La Repubblica islamica non farà niente di buono per noi, non ci sostengono, non sono interessati. I loro piani sono altri».
L’ultima telefonata, in questo sabato dell’attesa che si è trasformato nel sabato della grande inquietudine, è per il medico Mustafà Barghouti, cugino del più noto Marwan e leader del partito Iniziativa Nazionale Palestinese, il terzo per numero di aderenti dopo Fatah e Hamas. “È incredibile che gli americani proteggano e proteggeranno solo Israele e non facciano niente di concreto per fermare l’occupazione della nostra terra. Continuo a sperare che, alla fine, non ci sarà l’escalation. Ma siamo in Medio Oriente. Tutto può accadere».
Nell’immagine: oltre il muro, Ramallah
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