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Naufragi

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• 20 Maggio 2023 – Redazione

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Naufragi

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Così Putin educa alla guerra piccoli patrioti
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Redazione
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Così Putin educa alla guerra piccoli patrioti
• 21 Maggio 2023 – Redazione
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Di Vera Politkovskaja, La Repubblica

È opinione diffusa in tutto il mondo che la totalità della popolazione russa sia a favore dell’operato delle proprie forze armate in Ucraina. Osservando i dati degli studi indipendenti e analizzando attentamente le tendenze sociali, tuttavia, otteniamo un quadro ben diverso. La piattaforma di ricerca analitica “Chroniki” di Aleksei Miniailo afferma che la percentuale dei convinti sostenitori della guerra da una parte e quella dei suoi oppositori dall’altra sono pressoché sovrapponibili: rispettivamente il 22% e il 20%; il 58% non appartiene a nessuna delle due fazioni.

Dal momento che le circostanze attuali rendono particolarmente oneroso identificare i reali umori diffusi nella società, l’obiettivo di “Chroniki” è comprendere e raccontare la percezione della popolazione russa rispetto alla guerra con l’Ucraina non sulla base di semplici quesiti preconfezionati, bensì analizzando più nel dettaglio la struttura dei sondaggi svolti a livello nazionale. A giudizio dei sociologi coinvolti nel progetto, in tempi di guerra le classiche modalità di rilevazione statistica e studio sociologico non hanno alcun tipo di effetto e, stando alle loro analisi, l’operato del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin è approvato solo dal 25%, mentre il 21% dei cittadini esprime un’opinione critica.

La questione è ora riuscire a cogliere se quanto sentiamo e vediamo dalle fonti ufficiali, am- mansite dallo Stato, sia generatore dell’idea fallace secondo cui la popolazione russa “supporta” la guerra. Le numerose dichiarazioni pubbliche, alcune delle quali rilasciate dallo stesso Vladimir Putin, secondo cui la maggioranza dei cittadini di passaporto russo sostiene la guerra, portano a un travisamento dei fatti. Il che è reso possibile dai dati mendaci e calcolati in maniera arbitraria da parte del megafono degli umori sociali russi, ossia il Centro russo di ricerca sull’opinione pubblica (Vciom). Secondo le statistiche del Vciom, sarebbe circa il 68% dei russi ad essere attualmente a favore della guerra. 

In primis occorre chiarire che i mezzi di informazione di massa (leggansi mezzi di propaganda di massa) rimasti in Russia possono avvalersi dei dati forniti dalle fonti ufficiali, tra le quali figura non solo il Vciom stesso, ma anche alcuni altri centri russi statali di ricerca sociologica. Nel corso dei primi sei mesi della guerra lo Stato ha operato un vero e proprio ripulisti dei mezzi di informazione del Paese: chi era solito non solo leggere e pubblicare i comunicati stampa, ma anche paragonare le diverse fonti di informazione, analizzare e valutare criticamente le posizioni della classe dirigente, da tempo non c’è più o si è visto revocare la licenza e molti siti web sono stati bloccati. 

In secondo luogo, non può non essere considerato il fatto che i cittadini russi sono pienamente consapevoli delle conseguenze che sarebbero costretti a subire, qualora esprimessero un punto di vista “differente”, che costerebbe loro inevitabili repressioni. Subito dopo l’inizio della guerra, la Duma russa ha approvato in fretta e furia una serie di leggi che disciplinano la responsabilità civile e penale per eventuali pubbliche dichiarazioni o prese di posizione in contraddizione con la linea ufficiale. Migliaia di cittadini ormai sono rinchiusi negli istituti penitenziari del Paese, rei di aver violato numerosi articoli del codice penale e, consci o meno delle ripercussioni in cui sarebbero incappati, ritenuti colpevoli di avere un punto di vista personale in merito ai recenti fatti. Il loro futuro è segnato: trascorreranno i prossimi anni della loro vita nella cella che li ospita. 

Cosa significa dunque tutto questo? Sono liberi di esprimere liberamente la propria opinione solo coloro i quali sostengono l’operato dei vertici russi. Tutti gli altri che mentano o stiano zitti. In questo contesto si è venuta a formare una contingenza parallela, ma non per questo meno significativa: l’evidente brusca accelerata della militarizzazione della popolazione. Abbiamo tutti assistito al 9 maggio, la data che in Russia ormai sembra diventata la più im- portante di tutte. La giornata della vittoria del popolo sovietico sulla Germania nazista. La mi- litarizzazione di questa ricorrenza non è cosa recente, ma ha inizio quando Putin arriva al po- tere. Tuttavia, quest’anno, il secondo anno della guerra totale scatenata contro l’Ucraina, la follia che accompagna questa fatidica data ha assunto una nuova dimensione. In russo si chia- ma Pobedobesie, una smania di vittoria che prova quella fetta di popolazione che sembra essere posseduta dal valore simbolico della data, la cui portata si fa considerevole proprio in questo periodo dell’anno. 

Non riesco a definire “festa” il 9 di maggio, perché so che per ottenere questa vittoria la guerra ha mietuto e rovinato la vita di milioni di persone. Cosa ci sarebbe da festeggiare? Io non lo so, ma da noi in Russia è considerata una festa statale. L’evento principale della giornata della vittoria è da sempre costituito dalla parata delle truppe e delle tecnologie belliche che si svolge in centro a Mosca sulla Piazza rossa, nel cuore della capitale. Solitamente la parata viene trasmessa su tutti i canali federali del Paese, ma quest’anno gli organizzatori della “festa” hanno deciso di sfruttare anche gli schermi delle metropolitane. In tanti altri luoghi, nelle vie di tante città sono stati eretti dei cartelloni pubblicitari che hanno raccolto le persone mentre prestavano attenzione all’intervento di Putin dalla tribuna della principale piazza della Russia. La tribuna era tra l’altro montata nelle estreme vicinanze del principale cadavere della Russia, il mausoleo dove ancora si trova il corpo di Vladimir Lenin. 

La preparazione alla giornata della vittoria e ai diversi eventi collaterali ha inizio molto prima del 9 maggio. Quest’anno alla vigilia della celebrazione in alcune città russe si è svolta la parata… degli asili. Bambini dai 3 ai 7 anni, allievi degli asili comunali della Kamčatka, di Čeboksary, Tjumen’ e altre città hanno sfilato in un delirio pseudopatriottico sotto gli occhi degli adulti presenti. I piccoli, invece che contare gli anatroccoli o scendere dallo scivolo, sono stati costretti a indossare uniformi militari delle truppe sovietiche ai tempi dell’Urss e a imparare a marciare al passo (potete immaginare i progressi ottenuti da bambini di 5 anni). Il tutto per rendere felici mamme, papà e insegnanti, i cui occhi pieni di lacrime di commozione osservavano con attenzione questi momenti di follia. 

In numerosi asili e scuole russe lo scoppio della guerra ha innescato una deliberata propaganda a sostegno della guerra. Gli alunni e le alunne spesso devono scrivere lettere ai soldati al fronte, preparare candele per i militari in trincea e partecipare a ulteriori iniziative propagandistiche di stampo militare patriottico. Come tutto ciò sia possibile, purtroppo, lo si comprende facilmente: nella stragrande maggioranza dei casi negli uffici di queste scuole e asili siedono… deputati del partito del potere Russia Unita. Ai bambini vengono messe in testa delle bustine militari e devono portare uniformi color cachi su cui vengono cucite le lettere simbolo dell’invasione russa in Ucraina, la Z e la V. Di recente è comparsa in rete un’immagine che ha sconvolto gli animi di molti: gli allievi di un asilo, dell’età di 4-5 anni, disposti a semicerchio mentre indossano tutti la stessa maglietta “militare” con il disegno di un’enorme lettera Z. In altri asili è inoltre ormai consuetudine far coricare i bambini in modo che formino una Z. 

Ma il raggio d’azione della propaganda agisce anche sugli scolari un po’ più grandi, che si vedono costretti a ricevere una cosiddetta educazione patriottica. Questa prevede degli incontri scolastici con soldati tornati dal fronte ucraino, che ora per diverse ragioni si trovano nelle retrovie. Gli eroi della patria raccontano ai piccoli che «morire non è terribile» e la cosa migliore che si possa fare è «dare la propria vita per la patria». Si organizzano anche lezioni di canto, in cui, per esempio, gli alunni imparano a memoria brani patriottici rimodulati sui “nuovi” confini geografici russi: «da Donetsk al Cremlino, da Lugansk al Cremlino, dall’Alaska al Cremlino: è questa la patria mia». 

L’operazione di educazione patriottica non prosegue però sempre secondo i piani: un paio di mesi fa Maria Moskaleva, bambina di tredici anni dell’oblast’ di Tula, ha approfittato dell’ora dedicata alle arti figurative per fare un disegno contro la guerra. Il personale scolastico ha comunicato l’accaduto agli uffici competenti che hanno deciso di chiedere alla piccola di presentarsi al cospetto dell’Fsb. Nei confronti del padre Aleksey Moskalev, che deve provvedere da solo alla figlia, hanno prima aperto un fascicolo per “discredito” dell’esercito russo, poi è stato promosso un procedimento penale per reiterata “diffamazione” delle forze armate russe, dopo che l’uomo aveva pubblicato alcuni commenti sospetti su uno dei social network. Aleksey dovrà scontare due anni di detenzione, mentre la figlia è stata mandata in una struttura di accoglienza, dove l’ha ritirata la madre che prima di allora non aveva avuto alcun tipo contatto con lei. Ancora prima di essere condannato, Moskalev era riuscito a scappare dagli arresti domiciliari, anche se poco dopo è stato identificato e mandato in un carcere dove trascorrerà molto tempo. 

È proprio così che prosegue l’indottrinamento della popolazione russa sulla base di valori pseudopatriottici, mentre le nuove generazioni vengono predisposte a una vita alquanto analoga a quella che vivrebbero in Corea del Nord: “uniti” attorno al leader sì, ma in condizioni di paura e indigenza. 

(Traduzione di Andrea Bertazzoni) 






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