Che un papa sia capitalista e soprattutto americano
Le reazioni e le manovre del clero tradizionalista americano e dei suoi sostenitori all’operato decennale di papa Francesco
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Le reazioni e le manovre del clero tradizionalista americano e dei suoi sostenitori all’operato decennale di papa Francesco
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• – Franco Cavani
Alla nuova segretaria dei Democratici italiani tocca il compito, nel compattare le diverse “anime” del partito, di rassicurare la componente cattolica
• – Ruben Rossello
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• – Federico Franchini
Scontro ai voti, in Gran Consiglio, sul tedesco in Prima Media: ha prevalso, una volta di più, un’idea “strumentale” di formazione scolastica, tutta orientata verso gli sbocchi professionali
• – Adolfo Tomasini
La permanenza di una “società delle famiglie” dietro le vetrine del boom immobiliare e delle criptovalute non offre segnali incoraggianti alle nuove generazioni (che infatti preferiscono fare le valigie)
• – Orazio Martinetti
Ci ha lasciati l'inventore del "Fosbury Flop" che aveva stupito il mondo dando la schiena all'asticella del salto in alto
• – Libano Zanolari
Il pur vago piano di pace cinese ha provocato qualche reazione positiva ma rischia di arenarsi di fronte all’intransigenza del neo-zar e all’ossessione imperialista degli Stati Uniti - Di Franco Cavalli
• – Redazione
Il fallimento della Silicon Valley Bank e le sue ripercussioni sul mercato finanziario internazionale
• – Enrico Lombardi
Sulla dignità dei pensionati secondo Donatello Poggi e sui premi delle casse malati
• – Silvano Toppi
Le reazioni e le manovre del clero tradizionalista americano e dei suoi sostenitori all’operato decennale di papa Francesco
Si sono celebrati, com’era giusto e opportuno, i dieci anni di pontificato di papa Bergoglio. Lodevole l’impegno della RSI, ammirevole essere riuscita ad ottenere dal Papa un’intervista, ottima anche perché molto “umana”, di Paolo Rodari, che ha pure rilasciato, qui, a sua volta, ad Aldo Sofia, le impressioni su quell’avvenimento e su quei momenti eccezionali; Sofia è pure ricorso a Markus Krienke che, da bravo e preciso teologo com’è, è stato esemplare e profondo nel riandare sulle parole del papa.
Forse era pure giusto e meno opportuno soffermarsi in quei momenti sulle opposizioni che papa Bergoglio incontra, non solo nel suo ambiente “ecclesiale” oppure “clericale”. Se ne è avuto un barbaglio quando il corrispondente da Roma del Tg, Claudio Bustaffa, ha intervistato il direttore della rivista Radici Cristiane, Roberto De Mattei, piuttosto negativo e deluso su questo papato.
Ci sono tuttavia un fatto, precedente, e un libro, ignorato, che forse val la pena di riesumare non tanto perché indicano con che cosa e con chi papa Bergoglio si trova in opposizione (a parte “il diavolo che entra nelle tasche”, gli affari e il “commercio delle armi,” gli “interessi imperiali” dell’una e dell’altra parte, che sono già di per motivo di divisione, cristianamente di divisione), ma perché ne fanno una sorta di spartiacque tra due mondi contrastanti e proprio per questo, invitando ad chiara una scelta, diventa estremamente “pericoloso” (altri diranno “ambiguo”), da programmaticamente denigrare, evitare, eliminare.
Il fatto di poco precedente si chiama Mike Pompeo, ex-direttore della Cia, segretario di Stato nell’amministrazione Trump, sempre probabile candidato alla Casa Bianca nelle prossime elezioni presidenziali (2024), apparso anche tra le mura del bellinzonese Castel Grande con tutti gli onori.
Pompeo (24 gennaio 2023) dopo essersi congratulato con la prima ministro Giorgia Meloni perché “l’Italia merita ed ha bisogno di una forte leadership conservatrice”, ha sferrato un duro attacco contro papa Francesco. Riprendendo in sostanza quanto ha scritto nel suo libro autocelebrativo “Never Give an Inch: fighting fort The America i Love”, nel capitoletto intitolato “L’ipocrisia della Santa Sede”. La politica estera del Vaticano sarebbe sempre inclinata verso sinistra (forse nel senso che non è mai stata dichiaratamente proamericana), ma mai lo è stata tanto come quando ha firmato un accordo con la Repubblica popolare cinese (per la nomina dei vescovi), “un massiccio fallimento del suo dovere e della testimonianza morale”. Nonostante Pompeo avesse cercato di convincere il Vaticano a rinunciarvi. Il Papa, in un incontro (2019) fece l’orecchio sordo alle sue rimostranze ed ebbe invece l’ardire di sollecitare gli Stati Uniti ad allineare le loro politiche sul confine meridionale “alla chiamata cristiana di aiutare i più deboli”; per Pompeo “proprio non capiva l’argomento”.
Insomma, o sei con noi o sei contro di noi, Washington non permette altro.
Il libro dimenticato, eppure assai interessante e documentato, è di Nicolas Senèze, corrispondente del quotidiano “La Croix” a Roma, frutto di un’ampia inchiesta, intitolato “Comment l’Amérique veut changer le pape” (ed. Bayard, 276 pag.; ora appare tradotto anche in italiano da Mondadori con un titolo più categorico: Lo scisma americano).
L’hanno battezzata operazione “The Red Hat Report”; rosso certamente riferendosi alla berretta che i cardinali ricevono dal papa quando sono nominati. È in sostanza un’inchiesta lanciata da un gruppo di ricchi cattolici ultraconservatori americani, irritati e incattiviti per la piega che ha preso il pontificato di Francesco. Riuniti a Washington (settembre 2018) decidono di passare al vaglio tutti i cardinali nell’età “giusta” per partecipare a un conclave (sono 19 ad avere meno di 80 anni), quando sarà il momento di scegliere il successore del pontefice della “fine del mondo”, l’argentino Bergoglio.
Lo scopo è uno solo: preparare il terreno per favorire l’elezione di un papa a loro immagine e somiglianza. Che sia insomma, per dirla in maniera esplicita e senza perifrasi: un papa capitalista e filoamericano (non latino-americano, statunitense).
Un papa che non passi il suo tempo a denigrare il “dio denaro” e il liberismo o il capitalismo sfrenati; a denunciare la politica degli Stati occidentali per la questione degli emigranti, di coloro che cercano di sfuggire alla miseria, alle guerre, all’oppressione, alle conseguenze devastanti del clima (generate da chi?); che ponga un limite a quella sua pretesa misericordia cristiana che è lassitudine nei confronti della morale cattolica (omosessuali, donne che hanno abortito, coppie non sposate, divorziati rimaritati, carcerati disumanizzati ecc.). Dunque, che sia un conservatore ben riaggiustato che restauri l’ordine cattolico ora profanato (a loro avviso) da Francesco.
Questo movimento, stando ai risultati dell’inchiesta, ha già allestito un sistema di alcune diecine di “inquisitori” qualificati (ex-poliziotti del FBI, avvocati, universitari, giornalisti prezzolati ecc.), con un budget che per il momento supera il milione di dollari. Il cui compito è di passare al setaccio il passato di ogni cardinale, individuandovi atteggiamenti discutibili da un punto di vista teologico-dogmatico oppure di corruzione o di copertura di abusi sessuali o ancora di prese di posizione o di relazioni (politiche) ritenute devianti e deprecabili (come pronunciarsi per la pace e contro le armi).
Gli elettori (del futuro papa) saranno così debitamente informati di quanto convenga o meno agli occhi, ai desideri e alla politica di quei potenti americani che sono anche importanti “donatori” della Chiesa.
Questa iniziativa, impregnata di liberalismo economico, di “sano” capitalismo, di conservatorismo familiare e sociale, di America-first baluardo di libertà e di giusti principi evangelici, non è stata una scoperta del giornalista de “La Croix”. E’ stata rivelata (ci dice lo steso giornalista) da importanti siti cattolici, è stata diffusa in rete, per far presente che finalmente importanti e potenti gruppi del cattolicesimo americano hanno deciso di porre fine all’era di Francesco e alle sue devianze. Non essendo riusciti ad ottenere le sue dimissioni lo scorso anno (in particolar modo dopo l’incredibile lettera aperta pubblicata da Mons. Carlo Maria Viganò, ex-nunzio a Washington, appartenente a quel movimento, che invitava espressamente il papa a dare le dimissioni), si preparano ora, come nei tempi medievali o imperiali, a manipolare l’elezione del successore, screditando o ricattando i cardinali suscettibili di ripetere… l’errore francescano.
Questi agenti anti-papa Francesco hanno anche dei nomi e dei volti. Nicolas Senèze cita i Cavalieri di Colombo (enorme organizzazione caritativa che dispone di 100 miliardi di dollari), la rete televisiva Eternal World Television Network (EVTN) con tutto il suo gruppo di media, il cui promotore, l’avvocato Timothy Busch è ritenuto uno degli uomini chiave del movimento. Ha infatti fondato il Napa Institute, la galassia formata da esponenti integralisti, movimenti pro-vita, negazionisti del cambiamento (l’enciclica “Laudato sì” del 2015 è ritenuta blasfema), anti scienziati e anti-vax (come affiorano ancora singolarmente in certe pagine redazionali-pubblicitarie, complottiste, su nostri giornali), sostenuto e finanziato dalla lobby delle armi. I quali sostengono sia “una teologia conservatrice” sia “una visione libertaria dell’economia” e organizzano incontri, anche nei salotti più chic e volevano cerare un centro di irradiazione anche presso Roma. Altri attori: il gruppo di imprenditori e finanzieri Legatus (che ha tra l’altro sospeso con papa Francesco il suo contributo annuo al Vaticano dopo la lettera di Mons. Viganò) o ancora George Weigel e il suo “pensatoio” Ethics and Public Policy Center.
Come curiosa annotazione “nostrana” rileviamo che tra i nomi degli agitatori anti-Francesco appare anche quello Steve Bannon, manager e politologo statunitense, già stratega di Trump, sostenitore di movimenti di destra e di estrema destra, ispiratore del Dignitatis Humanae Institute (che voleva stabilire un proprio centro di irradiazione alla Certosa Trisulti, a settanta chilometri da Roma), approdato anche in Ticino in illustri salotti finanziari.
Nell’immagine: i pittoreschi Cavalieri di Colombo
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