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Naufragi

La virulenza degli effetti collaterali

Dalla zattera una modesta proposta per evitare che si allarghi il fossato tra vaccinati e non vaccinati


Enrico Lombardi
Enrico Lombardi
La virulenza degli effetti collaterali
• 10 Settembre 2021 – Enrico Lombardi
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Confusa e convulsa, verrebbe da definire la situazione in cui ci troviamo immersi, in piena pandemia, fra costanti aggiornamenti, sempre più rapidi, sempre più rigidi, sempre più puntuali ed il crescente “malessere” di quello che è diventato un “fronte sociale” costituito dalle persone che non possono o non vogliono sottoporsi alla vaccinazione.

All’ennesima restrizione delle regole sanitarie, con l’obbligo del COVID-pass per il personale sanitario e per i locali pubblici (ristoranti e teatri, in particolare) fanno da contraltare esternazioni sempre più esasperate di chi vive, in modo più o meno legittimo, tutto ciò come un abuso, un’ingiustizia, un attentato alle libertà personali.

A rincarare la dose, in questo senso, ci si sono messi anche intellettuali di indiscusso rilievo, quali il filosofo Cacciari o lo storico Alessandro Barbero, forse il più acceso (ed eccessivo) nel contrastare pubblicamente quanto sta avvenendo sul versante della lotta contro la pandemia non solo in Italia, impugnando una posizione davvero eccentrica, eppure, parrebbe, ad effetto. La potremmo riassumere così: se lo Stato obbliga a vaccinarsi, d’accordo, si deve eseguire l’ordine; se lo Stato non obbliga, ma favorisce in ogni modo i vaccinati a scapito dei non-vacccinati è un comportamento iniquo, da combattere.

Come ha osservato opportunamente Francesco Cundari nel portale informativo “Linkiesta”, “qualunque cosa pensiate dei vaccini, fermatevi un attimo a riflettere sulla semplice logica interna dell’argomentazione di Barbero. Perché è lo stesso Barbero a dirsi favorevole all’obbligatorietà, dunque lui per primo è convinto che se tutti facessero il vaccino si salverebbero moltissime vite, ed è proprio questo che rende la sua posizione ingiustificabile. Se infatti dicesse di considerare il vaccino inutile o pericoloso, la sua posizione sarebbe a mio parere sbagliata, ma l’argomentazione sarebbe perfettamente consequenziale. Qui invece Barbero ci sta dicendo che lui per primo è convinto che con l’obbligatorietà dei vaccini si salverebbero moltissime vite, ma che, se questo risultato può essere raggiunto senza dirlo esplicitamente, senza chiamarlo col suo nome, allora no, allora non vale la pena, e pazienza per tutti quelli che avremmo potuto salvare: la forma prima di tutto. Vi pare razionale? Vi pare credibile? Vi pare un ragionamento che possa essere fatto in buona fede?” (si veda qui l’intero articolo intitolato “Il populismo delle élite”.

Dalle nostre parti le polemiche, anche molto accese, sono alimentate da Massimo Suter [verosimilmente non vaccinato, ndr], presidente di “Gastrosuisse Ticino”, che non ce l’ha con la vaccinazione ma con la politica vaccinale che costringe gli esercenti a poter ospitare nei bar e ristoranti soltanto il 55% della popolazione (dimenticando di dire che, comunque, è oggettivamente molto meglio che chiudere tutto, come lo scorso anno durante il lockdown).

Poi, ancora più inquietante, c’è il dottor Werner Nussbaumer, che, anche lui, per carità, non ha niente contro il vaccino, ma lo ritiene inefficace, strumentalmente utilizzato per affermare una campagna che, a suo giudizio, è assolutamente immotivata e fallace. Naturalmente, da medico, a sostegno delle sue posizioni, evoca studi sconosciuti e soprattutto la propria esperienza personale di medico generalista, che ha numerosi pazienti, nessuno dei quali si è ammalato, perché lui “fa prevenzione”.

Entrambi sono stati protagonisti dell’ennesimo dibattito televisivo, chiamati come ospiti a “Matrioska”, che ha avuto il suo momento “clou” proprio in un intervento di Nussbaumer: «Probabilmente, c’ho delle prove quasi certe – ha detto – che Borradori si era vaccinato pochi giorni prima». Una sassata no-vax che ha scosso l’altro ospite, il municipale Filippo Lombardi: «Ha fatto la vaccinazione 6 settimane prima! Non accetto – ha sbottato da par suo – che Marco Borradori venga strumentalizzato in questo dibattito».

Forse una domanda, ma proprio solo un dubbio, sull’autorevolezza di un medico che arriva a sostenere simili posizioni potrebbe davvero venir posta all’Ordine dei Medici, che per ora ha sanzionato e multato soltanto il dottor Ostinelli.

Una domanda che non vuole essere espressione di giustizialismo fuori luogo, ma che dovrebbe inscriversi nel contesto di un grande tema, come quello della gestione della pandemia a livello mondiale, che non trova in simili esternazioni – da parte di un rappresentante della classe medica – alcuna fonte utile a chiarirsi le idee, a rasserenare, se possibile, un clima già rovente. No, serve solo a rinfocolare le polemiche, le interminabili discussioni in uno scontro nefasto e funesto fra due fronti sempre più marcati e distanti fra loro (in gran parte anche loro malgrado).

Un ricco contributo del “Canale Cultura” del sito della RSI curato da Mattia Cavadini aiuterebbe invece molto di più a capire che se “da un anno a questa parte si scende in piazza a manifestare anche contro il grande Male, l’eresia scientista, il complotto del nuovo millennio, ovvero il vaccino anti-SARS-coV2 (…) lo si fa non già corroborati dai dati, ma sulla base di una semplice convinzione, ovvero che il vaccino non sia affatto un’arma contro la pandemia (che sta salvando vite e riducendo il contagio) bensì veleno, farmaco dai malefici effetti collaterali, quando non droga, colpevole di generare sudditanza al Potere e alle Big Pharma. 

Ora, invece di “infierire” su un simile atteggiamento, l’articolo di Cavadini cerca di capire le ragioni, le molle emotive, che spingono gli oppositori alla politica vaccinale ad assumere posizioni tanto estreme e radicali, individuandone e descrivendone tre cause scatenanti: la paura, l’ideologia e la disinformazione.

Ecco un contributo che, appunto, cerca di capire le ragioni e le condizioni altrui, riallacciandosi, fra l’altro, ad un interessante sito italiano, “Pillole di ottimismo”, che cerca di trovare, in questo momento tanto difficile e di acute divergenze, gli aspetti positivi, gli argomenti di un possibile dialogo sulla base di indicazioni che vengono da specialisti nell’ambito scientifico.

Perché forse questo è il momento in cui urge, eccome, che il fossato delle divergenze non cresca ulteriormente, generando un effetto di aperto scontro sociale che investirebbe un po’ tutti gli ambiti della vita quotidiana con conseguenze incalcolabili, certamente gravi.

E allora come non concordare con le osservazioni di Daniele Ritzer, che su “laRegione” (9.9.21) scrive che un tale inasprimento del dibattito, una sorta, ormai, di dialogo fra sordi “non è di certo la via che ci permetterà di proteggerci in modo efficace dal virus, e tantomeno la possibilità di lasciarci alle spalle la pandemia. Il Covid pass è un valido strumento di prevenzione, ma probabilmente è poco adatto a convincere le persone più scettiche a vaccinarsi. (…) Forse un primo passo per vincere qualche resistenza del fronte anti-vaccino sarebbe quello di ripristinare la gratuità dei test diagnostici. E così garantire la parità di trattamento a tutte le persone di fronte all’estensione dell’uso del certificato”.

Un’ipotesi certamente da considerare, cui potremmo provare ad aggiungere una piccola precisazione: i non-vaccinati, fra le tante differenziazioni che li caratterizzano, sono suddivisibili fra coloro che non possono vaccinarsi (per questioni mediche) e quelli che non vogliono vaccinarsi (per le ragioni più diverse, oltre a quelle che hanno portato Barbero, Suter e Nussbaumer sul fronte no-vax).

Una modesta proposta dalla zattera (ma forse vi sarà chi l’ha già avanzata) è di mantenere la gratuità dei test diagnostici per chi non può vaccinarsi, mentre per coloro che non vogliono vaccinarsi sarà richiesta una “partecipazione ai costi” con un prezzo “politico” che starà al Medico Cantonale e alla politica indicare.

Insomma, chi non può, ha tutte le possibilità di dimostrarlo. Chi non vuole, un po’ meno, e forse, col tempo, e con il dialogo (che però deve accettare senza pregiudizi) si potrebbe gradualmente anche convincere dell’opportunità di vaccinarsi.

Senza che nessuno sia obbligato.






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