“Le terga in una stanza” sarebbe il titolo perfetto sul quale far calare il sipario. Il riferimento è all’ ultima di una lunga serie di polemiche che hanno agitato i media e infiammato i social italici. “Il culo in una stanza”, pardon:
“Le terga in una stanza” si riferisce alla polemica tra Paoli – “oggi emerge chi mostra il culo” – e Elodie – “anche grandi artisti posson esser delle me**e” – a sigillare l’infinto scontro tra le differenti scuole di pensiero, tra chi promuove la libertà di mostrar le proprie mercanzie e chi “vade retro Satana”, il focus deve esser posto sulla musica. Si evince che nel sistema odierno, quello
mainstream, quello figlio di una industria musicale in ginocchio e in fase di trasformazione, che
più si mostrano le armi di seduzione di massa più si acchiappano consensi, followers, articoli; e si mascherano al contempo le carenze artistiche, a tratti abissali.
Non parlo ovviamente di chi ha giocato già nel corso del tempo con la propria fisicità e sessualità a complemento di una certificata caratura artistica e musicale. Dal bacino basculante di Elvis a Iggy Pop, che ha fatto del suo fisico una sorta di marchio di fabbrica, da Bowie che ha giocato con la sessualità androgina a Jim Morrison che per essersi calato i pantaloni sul palco è finito in gattabuia di esempi ne abbiamo collezionati a bizzeffe. E in tempi più recenti ricordate i tour provocanti di Madonna o le mise di Cher? Un tempo erano loro, oggi invece abbiamo Elodie, Arisa, Annalisa, Achille Lauro, Damiano dei Manskin. La gara è rimanere in mutande, per chi le indossa ancora. Non a scrivere “Light my fire”, “Lust for life”, “Heroes” o “Il cielo in una stanza”. Canzoni che hanno attraversato il tempo e lo spazio, vincendoli con levità e una qualità espressiva ed artistica a dir poco straordinarie.
Breve digressione: avete notato che la maggior parte dei capolavori che hanno edificato la storia della musica pop e rock recano poche firme autoriali, tendenzialmente e al massimo dei binomi? Che so Jagger- Richard, Lennon- McCartney, Reed-Cale, John-Taupin, Page-Plant? Ma anche Battisti-Mogol quando ovviamente non sono gli stessi interpreti a scriversi testo e musica? Oggi i successi pop del mainstream italiano vantano una panchina di autori che neppure quella dell’Inter di Moratti. Ma i risultati?
Nell’anno ormai appena passato il mainstream musicale italiano, quello sempre più povero, come non mai, e figlio di un analfabetismo preoccupante, musicale, culturale, lessicale e sentimentale ha dato il meglio di sé. A fronte di una produzione artistica spesso di qualità scadente, a tener banco sui principali media tradizionali e non, sedicenti artisti e argomenti il cui peso specifico è nullo, e che con la musica proprio non c’azzeccano. Il bacio tra Fedez e “non mi ricordo chi” a Saremo, le baruffe estive tra Meneguzzi e J Ax, l’ennesimo sbrocco di Morgan a X Factor, le nudità delle varie Elodie e Arisa e via discorrendo. Elette a eroine contro il patriarcato! In tutto questo tramestio la musica è spesso la grande assente tanto nella “leggera” quando nel pop italico; salvo lodevoli eccezioni. Come lo è ormai da tempo dai principali talent, davvero alla frutta, primo fra tutti X Factor: dati d’ascolto a picco, giudici inadeguati al ruolo, proposte scadenti. Un circo barnum caciarone e patetico nel quale la musica è ridotta una volta ancora a mero orpello.
Seconda breve digressione: avete notato come stanno iniziando a circolare con una certa puntualità docufilm dedicati a che so: i “Ferragnez” o Ilary Blasi? L’ultimo in ordine di apparizione è quello che ha Achille Lauro come protagonista: «Un film sulla mia vita come un poema epico», che già fa ridere così. Il meccanismo è sempre quello: infanzia infelice e problemi famigliari che accendono l’empatia del pubblico, la retorica delle lacrime e la commiserazione, e poi la strada, le amicizie deviate, i furti al supermercato e la redenzione grazie alla musica. Per consegnarti anche quale paladino di una presunta generazione. Così come se esponi i tuoi problemi psichici, leggasi Fedez, hai garantito fiumi di inchiostro più che se invadi uno stato qualsiasi.
Ps. L’annunciato concerto di Lauro a Roma in occasione della fine dell’anno è stato annullato causa scarsissima prevendita di biglietti, nonostante lo sperato traino del biopic di cui sopra.
Per fortuna la bellezza esiste ancora, esisterà sempre. La troviamo “altrove”. In un “altrove” davvero ricco di declinazioni artistiche ma che non ha diritto di cittadinanza nei palinsesti televisivi e radiofonici dei grandi network commerciali e, sempre più spesso, sulle pagine dei quotidiani nazionali, più attenti a rincorrere e amplificare il nulla o giù di lì. Un altrove importante, eccitante e urgente. Dobbiamo frugare nei circuiti alternativi contemporanei se non vogliamo crogiolarci col passato, esercizio comunque fonte di gioia: rileggere i classici è sempre formativo ed eccitante.
Questa bellezza la troviamo spegnendo i programmi televisivi che impongono e marciano sui soliti noti. Che sono una minoranza, anche se “esasperati” al parossismo.
Cercare questa bellezza che si esprime attraverso l’arte, la cultura e la comunicazione è vitale. È una forma di resistenza etica alla barbarie sociali e del “mercato”. L’arte è bellezza, elevazione dell’anima, capacità visionaria, identità e tanto altro ancora. E l’elenco è ricco assai anche se ci riferiamo alla sola musica italiana. Ottima, grande musica e contenuti distanti anni luce dal quel mainstream che sta implodendo nonostante si mostrino con un certo affanno numeri e cifre clamorose tra live, vendite e streaming. Ma anche qui il Re è sempre più nudo, appunto in mutande da quando qualcuno si è messo a verificare e a far i conti in tasca aprendo il classico vaso di Pandora. Cifre gonfiate, biglietti dei concerti invenduti, acquisizioni di streaming e follower per gonfiare il personaggio di turno con lo scopo di amplificarne l’“hype”. Che significa garantirne la visibilità sui media, tradizionali e non, per fare rumore, proseguire con una narrazione fallace per la quale la musica di consumo sia davvero solo quella. Argomento comunque interessante e complesso, che merita un approfondimento per i tasti che tocca – economici, industriali, relativi alla comunicazione – e che inoltre ci parla “dell’estetica” ma anche dell’etica dominante di una società.
Buon Sanremo comunque! Mancano giusto poche settimane…
Nell’immagine: dettaglio dalla locandina del biopic “Ragazzi Madre – L’Iliade” di Achille Lauro