Quei due popoli sotto assedio
Di Domenico Quirico, La Stampa 13 Ottobre 2023 alle 01:00Assedio. La definizione sembra facile: una città, un castello, un luogo munito di mura, torri, bunker che viene circondato...
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Di Domenico Quirico, La Stampa 13 Ottobre 2023 alle 01:00Assedio. La definizione sembra facile: una città, un castello, un luogo munito di mura, torri, bunker che viene circondato...
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Dopo poche ore è già la vita negli scantinati senza più luce, in mezzo a giacigli improvvisati, con scorte accuratamente razionate ma che si riducono a vista d’occhio. Le rovine si riempiono di ombre vacillanti , qualche palazzo è ancora in piedi, si corre allora negli appartamenti e si scende con pacchi che si nascondono in posti forse sicuri. Giovani rischiano ad uscire in strada, tra un bombardamento e l’altro, per avere e portare notizie: di stragi, vittorie, miracolose sopravvivenze. L’acqua non esce più dai rubinetti, c’è il pellegrinaggio furtivo con secchi e brocche per avvicinarsi ai pozzi .
I palestinesi di fatto sono assediati, prigionieri da decenni, ma la realtà di un assedio così, totale, implacabile, forse definitivo, è completamente diversa da come si era immaginata. Così quando giunge non è solo iniziato, non è più una ipotesi, un forse e un chissà, ma una realtà come la vita e la morte. C’è una sola unità di misura del tempo, una unica dimensione: l’assedio.
Ma che succede i due attori della tragedia della guerra si scambiano i ruoli o meglio: li ricoprono entrambi? Che assedio è quello in cui il Muro è stato costruito non da quelli che si difendono, i palestinesi, ma da quelli che assalgono, gli israeliani? Che ora proprio quel muro devono espugnare, con grandi rischi, per procedere, come annunciano, alla rioccupazione fisica della striscia e all’annientamento di Hamas? E poi chi è l’assediante e chi è l’assediato? i palestinesi certo, che non hanno vie di fuga. Una delle antiche regole della poliocertica’, l’arte di assediare le città, sapere complicato che dava, da solo, diritto alla fama come accadde a Demetrio Antigonide, uno dei mediocri eredi del divino Alessandro, intimava di non concedere mai alla popolazione assediata, quella degli inermi, di lasciare la città. Offrire oggi si direbbe l’invocato “corridoio umanitario’’. Perché sono bocche da sfamare, grida, pianti, disperazione che intaccano la volontà di battersi anche dei fanatici più puri del resistere fino alla morte. Una arma in più nel cuore stesso delle mura.
Ma lo Stato ebraico non è esso stesso una città assediata fin dalla sua nascita, circondata come era da regimi arabi che ne invocavano la distruzione? Con guerre vittoriose poteva finora illudersi di aver allentato quell’assedio. Ma oggi, dopo il sabato sanguinoso di Hamas, si volge intorno e vede i quattro fronti da cui nemici altrettanto implacabili lo minacciano di un assalto generale per purificare il peccato originale della sua esistenza. A Nord dal Libano l’esercito sciita di Hezbollah di cui ha sperimentato l’efficiente furore, e la Siria di Bashar ma soprattutto dei guardiani della Rivoluzione, la Wagner degli ayatollah; a est la Cisgiordania dove ribolle, forse ancor più insidiosa, la enorme quinta colonna degli altri palestinesi pronti a muovere, sull’esempio delle sanguinarie vittorie di Hamas, verso intifade più radicali; e a sud il fortilizio-emirato di Hamas. Il loro raid oltre il Muro non è forse una di quelle sortite che i tecnici della guerra consigliano per indebolire l’assediante e rendergli il compito ancor più costoso?
L’assedio è una realtà e segue una serie di regole interne ed esterne. L’assedio c’è, ben riconoscibile nelle rovine, nei rifugi di fortuna. Ormai riconoscere questo dato di fatto, questa realtà, dà consistenza e senso alla vita. Quello che è iniziato finirà una volta che si sarà compiuto il suo tempo e allora tutto sarà diverso: il compito è semplicemente sopravvivere fino a quel momento. Non è un caso che la storia delle guerre inizi con un assedio, il più celebre, il più indimenticabile, quello di Ilio. La guerra vi acquista la sua monumentalità fisica ben più che in una battaglia e il significato sacrificale, il complesso di Abramo, si fa completo: perchè chi comanda non invia a un ordinato combattimento ma a morte certa. Hitler la personificò perfettamente quando spedì il telegramma con cui ordinava ai trecentomila prediletti assediati a Stalingrado, il fior fior dell’esercito tedesco, di morire sul posto. Stalingrado: dove gli assedianti erano diventati assediati… dentro e fuori le mura i combattenti si consacrano ancor più alla prova di una obbedienza passiva e attendono che si ordinino loro sacrifici inauditi.
L’assedio modella gli spiriti. E per questo ben suggeriva Machiavelli: l’assedio perfetto è quello che è breve. Il tempo che passa inutilmente deprime gli assedianti. Dall’altra parte rende anche i tiepidi e gli indifferenti dei fanatici disposti a combattere fino alla morte. La fame e le bombe sigilleranno il controllo totale di Hamas su due milioni di assediati, li spingeranno a compiere il passo che finora hanno rifiutato, superare la linea che li divide da una realtà in cui la morte e non la vita è la principale certezza. Gli estremisti del jihad che sabato scorso hanno sconfitto Israele non saranno più i colpevoli della ennesima disgrazia che si è abbattuta sui palestinesi inermi ma solo uomini che, con ogni strumento a disposizione, lottano per cambiare un destino. Sotto le bombe con il nemico al di la del suo Muro, affamati, senza medicine in quel groviglio di calcinacci e di fumo che una volta erano case, ogni evento diventa memorabile: i bambini uccisi… i razzi che restituiscono paura e morte anche dall’altra parte… i luoghi dove sono caduti gli eroi… L’assedio è un paesaggio interiore che diventa a poco a poco mito e che sarà impossibile sradicare.
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