La guerra in Medio Oriente accresce le ansie ucraine
E a preoccupare Kiev c’è anche la sfiducia dei suoi soldati sul fronte della mancata controffensiva anti-russa
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
E a preoccupare Kiev c’è anche la sfiducia dei suoi soldati sul fronte della mancata controffensiva anti-russa
• – Yurii Colombo
Progressi ma ancora salari femminili più bassi e problemi di carriera: cosa ci dice sul "gender gap" Claudia Goldin, vincitrice del Nobel per l'economia 2023
• – Aldo Sofia
Processo Xenia. Condannato solo per abuso d’ufficio a un anno e sei mesi. In molte città italiane ed europee iniziative di solidarietà all’ex sindaco di Riace
• – Redazione
Il sondaggio SSR mostra chiare perdite per Verdi e Verdi liberali. Anche il PLR non riesce a riprendersi dal crollo annunciato. Udc e Ps in crescita, come la polarizzazione
• – Redazione
Un terzo dei cittadini non riesce a pagare le imposte, e il Cantone dipende da un numero ristretto di ricchi cittadini
• – Silvano Toppi
Le bombe sul valico spengono ogni speranza di fuga per gli abitanti della Striscia
• – Redazione
ORRORISMO. Da opposizioni e sostenitori condanna senza appello. Per mesi l’esercito lo ha avvertito delle criticità: lui ha tutelato soltanto l’ultradestra
• – Sarah Parenzo
Ogni giorno a Lampedusa sbarcano centinaia di profughi. Alcuni arrivano poi in Ticino. Lì, il problema dell'immigrazione è visibile anche negli spazi più piccoli - Un reportage del “Tages Anzeiger”
• – Redazione
L'attacco di Hamas sembra destinato ad avere un prezzo altissimo per i suoi stessi miliziani. Ma ha almeno tre importanti obiettivi
• – Redazione
L'ex ambasciatore israeliano in Francia Elie Barnavi scrive su "Le Monde" che "questa mini guerra del Kippur, come l'altra, rischia di sconvolgere l'equilibrio regionale" e che "la prossima Intifada è questione di tempo"
• – Redazione
E a preoccupare Kiev c’è anche la sfiducia dei suoi soldati sul fronte della mancata controffensiva anti-russa
Fin troppe volte, negli ultimi tempi, una concatenazione di fattori politici e sociali (e forse chissà, astrali) hanno fatto mutare radicalmente e improvvisamente l’agenda internazionale.
In questo caso, proprio mentre si andava spegnendo la controffensiva ucraina nel Donbass, è ripreso furiosamente il conflitto israelo-palestinese che qualche tempo sembrava sopito. I due conflitti sorgono da contesti storici diversi e non possono essere in alcun modo confrontati; tuttavia la situazione politico-diplomatica internazionale li intreccia e li rende, in qualche misura, “paralleli”.
Ieri, a sorpresa, Volodomyr Zelenskij è volato a Bruxelles per incontrare i capi della Nato. Ha battuto di nuovo cassa: ha chiesto che gli vengano concessi gli attivi russi congelati in Occidente, ottenendo però solo un garbato silenzio di circostanza (solo il Belgio avrebbe sbloccato 1,7 miliardi di patrimoni russi a favore dell’Ucraina, degli oltre 300 congelati complessivamente su scala internazionale). Quanto si siano detti Jens Stoltenberg e il capo di Stato ucraino a quattr’occhi non lo sappiamo: ma, di certo, hanno iniziato a immaginare e a valutare il lungo inverno che attende le truppe ucraine al fronte.
Anche la porzione restante d’autunno si presenta complessa per le Forze Armate di Kiev. Dopo mesi di insuccessi (o di successi misurabili in pochi chilometri quadrati), i russi sono passato all’offensiva su quasi tutti i fronti. Secondo quanto afferma lo stesso Stato maggiore ucraino, “il nemico continua ad attaccare nella direzione di Kupjansk, Limansk, Bakhmut e Marynka, e ci sono stati alcuni attacchi anche in altre direzioni”. I canali Telegram della propaganda russa affermano che le truppe di Mosca avrebbero praticamente sotto controllo Adviivka, importante snodo logistico del Donbass.
La gerarchia delle ragioni del sostanziale fallimento della controffensiva ucraina, tanto sbandierata all’inizio della scorsa estate, è difficile da definire ora, ma la sottovalutazione della forza di difesa russa e un progressivo calo dell’entusiasmo tra le truppe ucraine hanno sicuramente giocato un ruolo importante. Due giorni fa, su un canale televisivo ucraino, è apparsa la scioccante intervista a un milite al fronte in cui si evidenziava la frustrazione e la demoralizzazione che aleggia tra i soldati ucraini.
“Non c’è bisogno di inculcare nel cervello della gente attraverso la propaganda che stiamo andando bene. Non stiamo andando bene. Stiamo attraversando un periodo difficile. È dura per i ragazzi. Non hanno rotazione al fronte da 17 mesi. Non c’è nessuno che li sostituisca. Presto finiremo. Chi spegnerà il cervello, chi andrà al manicomio, chi sarà solo una nullità senza braccia e senza gambe. È tutto. E poi? I soldati al fronte perdono la motivazione. E la mancanza di motivazione aumenta quando dicono che stiamo facendo bene, che abbiamo vinto qua e là. Dobbiamo dire la verità”.
Che le cose non stiano andando per il meglio per gli ucraini lo dimostrano anche i canali Telegram della loro propaganda, che hanno praticamente cessato di interessarsi alla guerra in casa per tifare Israele (in modo persino sguaiato, fino a esaltare i bombardamenti a tappeto su Gaza). Lo stesso tentativo di dimostrare, da parte di alcuni ufficiali ucraini, che dietro l’attacco di Hamas ci sarebbe la Russia risulta non solo non provato ma perfino patetico.
E nelle retrovie, la situazione non è migliore. Gli ucraini non hanno certo perdonato a Putin l’invasione e le troppe sofferenze, ma non si vede la luce che porta fuori dal tunnel del massacro.
C’è da essere sicuri, comunque, che l’impegno americano a intervenire massicciamente a sostegno di Israele influirà sulla continuità degli aiuti in Ucraina. Ieri il Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin ha cercato di rassicurare un po’ tutti i partner: “Possiamo assolutamente fare entrambe le cose, e le faremo”, ha detto Austin, riferendosi all’assistenza alla sicurezza dell’Ucraina e di Israele. “Siamo la nazione più forte del mondo e faremo ciò che è necessario per aiutare i nostri alleati e partner”. Tuttavia gli Usa sono entrati in campagna elettorale e gli umori isolazionisti di buona parte degli americani sono in crescita e dovranno essere tenuti in conto se Joe Biden vuole rivincere.
Sempre di più tra le cancellerie di Mosca e Kiev e persino di Washington si fa fatica a intravedere dei sicuri vincitori, mentre i perdenti, come in ogni guerra, sono già noti.
Anche nella quasi-religione dell'economia le visioni imperanti sono quelle maschili
A ridosso dei giorni di fine anno scolastico, qualche considerazione sul calendario