Tutti i segreti dietro alla resa di Joe
Dalla sua casa sull’Oceano Biden cede dopo 24 giorni di pressioni: “Mi ritiro dalla corsa presidenziale”. E lascia il testimone a Kamala Harris
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Dalla sua casa sull’Oceano Biden cede dopo 24 giorni di pressioni: “Mi ritiro dalla corsa presidenziale”. E lascia il testimone a Kamala Harris
• – Redazione
Una Convention «aperta» è a rischio caos. E di fronte c’è un avversario nemico della democrazia
• – Redazione
L’uscita di scena di Biden dà uno scossone positivo al partito, galvanizza la base, rimette in moto l’entusiasmo e l’attivismo
• – Redazione
Anche la Serbia e la Georgia sempre più nell'orbita filorussa. E le prospettive di una loro adesione all'UE sono sempre più ridotte
• – Yurii Colombo
Bisognerebbe investire sin d’ora nella ricostruzione delle anime o dell’umanità. Soprattutto la nostra
• – Fulvio Poletti
Spinte, trattenute, magliette strappate, placcaggi: l’area di rigore è una giungla dove il rigore (calcistico) è cancellato. Con la (stupida) tolleranza degli arbitri e dei commentatori
• – Libano Zanolari
L’intervista con il leader di France Insoumise. “Se Macron avesse accettato il risultato del voto, come prassi in democrazia, avrebbe chiamato uno dei nostri a fare il primo ministro”
• – Redazione
Il presidente Diaz-Canel: «Rivoluzionare la Rivoluzione». Prima del ritorno di Trump
• – Redazione
È completamente assurdo immaginare che un giorno ci sarà un solo stato che si estende dal Giordano al Mediterraneo? Ovviamente non uno stato senza palestinesi o senza ebrei. In ogni caso, un tale esito del conflitto in Medio Oriente non sembra meno ragionevole della creazione di uno Stato palestinese accanto a Israele, che è la soluzione sostenuta da molti paesi, tra cui la Svizzera
• – Boas Erez
Incontro con la militante sandinista che ormai da lontano vede il Nicaragua sprofondare nella dittatura personale della famiglia Ortega
• – Gianni Beretta
Dalla sua casa sull’Oceano Biden cede dopo 24 giorni di pressioni: “Mi ritiro dalla corsa presidenziale”. E lascia il testimone a Kamala Harris
Le dune di sabbia e l’oceano in vista, prezzo del 2017 2,4 milioni di dollari, 6 stanze da letto, 5 bagni, tre caminetti, terrazze e cucina gourmet: la villa sulla spiaggia di Rehoboth, Delaware, doveva essere il palcoscenico sereno per il presidente democratico Joe Biden e sua moglie Jill, le bici lungo il sentiero della laguna, le scarpe sportive Hoka, che con la suola larga assorbivano il suo passo incerto. Invece i manuali di storia ricorderanno il cielo e il mare di Rehoboth, la casa con i ninnoli e i cimeli scelti con cura da Jill Biden, come il set di una battaglia che non ha precedenti nella politica americana. Ieri, dopo aver atteso, imprecato, gridato, resistito e provato a persuadere i compagni di una vita – fu eletto al Senato nel 1972 – il presidente Joseph Robinette Biden ha gettato la spugna e annunciato di non candidarsi alla Casa Bianca nel 2024. Mai un presidente si è ritirato così tardi, il passo d’addio del titano Lyndon Baines Johnson datò il 31 marzo 1968, mesi prima della Convenzione democratica che anche allora, come il prossimo 19 agosto, si tenne a Chicago.
Johnson però non diede l’endorsement a nessun candidato, limitandosi a indicare il vice Humphrey solo poco prima del voto di novembre, e dopo l’assassinio del senatore Robert Kennedy, in giugno. Biden invece, confermando l’indole irlandese cocciuta e pugnace, si schiera con la vice Kamala Harris, prima dicendo, con le stesse parole di Johnson nel secolo scorso, «è stato l’onore della mia vita essere al vostro servizio come presidente. Volevo essere rieletto, ma ora credo sia nel miglior interesse del partito e del Paese, rinunciare e concentrarmi sul mio dovere fino alla fine del mandato», poi lanciando i democratici e i delegati della Convenzione nel caos politico, “oggi offro appoggio ed endorsement a Kamala, perché riceva lei la nomination. Democratici, è il tempo di unirci e battere Trump: forza!».
Dopo il disastroso dibattito del 27 giugno, Biden aveva reagito con furia a ogni invito a ritirarsi, difesa dal team di consiglieri, guidato dalla moglie Jill, dalla sorella Valerie e dal figlio Hunter, rabbioso per le umiliazioni subite dopo il processo per detenzione di armi da fuoco. Con loro Mike Donilon, Steve Ricchetti, Bruce Reed – soprannominati, e non con affetto, “i bulli, i vecchietti, il triumvirato” – Anthony Bernal, così vicino a Jill Biden da meritarsi il nomignolo “Mio marito in ufficio” e Annie Tomasini, di cui un reporter ridacchia «ha gridato tanto al telefono per smentire il ritiro di Biden da ridursi più rauca di lui».
Il team ha isolato Biden per mesi, dandogli solo buone notizie e sondaggi favorevoli al punto che quando, furibonda, l’ex Speaker della Camera Nancy Pelosi, che a 84 anni ha preso su di sé il compito di mandare in panchina il più giovane collega, lo ha chiamato nel ritiro di Rehoboth con la risacca rombante, convalescente dal Covid, si è sentita dire «Nancy i dati dimostrano che posso vincere» e ha sbraitato: «Joe, passami Donilon, che li dia a me i vostri numeri», come a una persona incapace di intendere.
Il Calvario di Biden, lungo 24 giorni, ha visto sfumare un’avventura cominciata da consigliere della Contea di New Castle, Delaware, quando alla Casa Bianca c’era Richard Nixon, ma non nel modo desiderato dall’ex vice di Obama. Veterano astuto ha provato a guadagnar tempo, «non fatemi ritirare prima che arrivi Netanyahu, mi odia, non voglio arrivi a Washington e mi tratti da anatra zoppa», presidente a fine corsa.
Pelosi non ha abboccato e uno dopo l’altro i parlamentari hanno chiesto l’addio a Biden. Quando si è esposto Adam Schiff, candidato al Senato in California, il team Biden non ha fatto una piega, «è un burattino di Nancy, chi se ne frega». Ma domenica mattina, mentre le chat WhatsApp ronzavano instancabili da Washington a San Francisco, è sceso in campo Joe Manchin. 76 anni, senatore della West Virginia, democratico moderato poi indipendente. Manchin è stato il campione che ha permesso a Biden di ottenere i successi al Congresso, leggi che hanno rivitalizzato l’economia Usa dopo la pandemia, a ritmi miraggio per l’Europa, politico vecchio stampo come lui, diffidente da estremisti e populisti. Con schietta franchezza, Manchin ha ricordato il motto di John Kennedy 1960 «è tempo di passare la torcia a una nuova generazione!» e Biden, masticando amaro, ha capito che l’ora era arrivata.
Dei 24 giorni di passione qualcuno indicherà come decisivi quelli del vertice Nato, con Biden ad alternare lucidità e tremore, altri il 2 luglio con il deputato texano Lloyd Doggett a rompere per primo i ranghi, trascinando Biden in escandescenze, poi i finanziatori che chiudono i fondi, il New York Times a chiedergli di non correre, George Clooney, in un saggio virale online, a proporre volti nuovi.
Il 5 luglio, spenti i razzi della festa per l’Indipendenza del giorno prima, Biden assicura all’anchorman dell’Abc George Stephanopoulus «Solo Dio Onnipotente può togliermi di torno», son bastati invece il Covid e la tenacia della Pelosi. Se Johnson aveva in tasca due discorsi nel 1968, “Corro, Non corro”, Biden ancora venerdì mattina rassicurava “si va avanti”, e il capo della campagna Dillon incitava lo staff «tenete duro!»,
La caduta di Biden era però anticipata non da Twitter, ma dal più formale dei social media, LinkedIn, con decine di funzionari e dirigenti, della Casa Bianca e del partito, a postare curriculum per trovare lavoro dopo novembre. «Comincia una stagione diversa per i democratici, Kamala o no», confessa malinconico uno di loro «altro che torcia e generazione, per noi bideniani è passione, sì, ma anche lavoro. Oggi ho visto tanti in lacrime, poche storie».
Subito Reid Hoffman, uno dei finanziatori del partito ha elogiato Biden, si dice si siano parlati da Rehoboth, dichiarandosi per Harris, seguito dagli eterni Bill e Hillary Clinton. Ma non date per fuori gioco Pelosi, perché di nuovo parla, a brucio, Lloyd Doggett «bene il ritiro, ora vediamo in lizza i migliori talenti del partito».
A scrivere la breve lettera del lungo addio, come avrebbe detto lo scrittore Peter Handke, è il “bullo” Donilon, mentre “vecchietto” Ricchetti parlava allo staff, e domenica mattina Harris riceveva la telefonata formale, “It’s you Kamala” poco prima del tweet di annuncio sulla piattaforma di Musk, odiato trumpiano militante. «Andiamo a lavorare, facciamola finita» ha esclamato Biden, chiudendo nell’estate di Rehoboth mezzo secolo di politica, la saga di consiglieri e familiari e aprendo agli Stati Uniti la stagione del futuro, tra speranze e paure.
L’editore di WikiLeaks non verrà estradato subito e i suoi legali sono già al lavoro per impedirne il trasferimento negli Stati Uniti
Lo scrittore israeliano David Grossman è stato intervistato a Repubblica delle idee da Maurizio Molinari