Accade anche nel nostro piccolo
Annotazioni su democrazia, convivenza, giustizia e altri valori da difendere strenuamente e quotidianamente, anche da noi
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Annotazioni su democrazia, convivenza, giustizia e altri valori da difendere strenuamente e quotidianamente, anche da noi
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Ma non è un caso che Orbán sia stato rieletto, e probabilmente nemmeno il frutto di una gigantesca manomissione delle urne: non ce n’era bisogno. I dittatori, nemmeno quelli che operano nelle democrazie, non sono mai soli, hanno al loro fianco sostenitori e silenzi interessati, e di quei sistemi è pieno il mondo. Da dodici anni il “sistema Orbán” trasforma la società ungherese. E ciò facendo leva sul nazionalismo esasperato, sull’oscurantismo religioso, sull’elargizione di sussidi e favori, accecando la società con radio, televisioni, giornali in mano ai suoi ricchi pretoriani. Nel suo piccolo, per intenderci, Orbán fa ciò che Putin fa in grande nella sua grande Russia (lasciamo stare l’Ucraina: quella è ancora un’altra cosa). Non per niente si dice che l’Ungheria, con Orbán, sia diventata il cavallo di Troia della Russia in Europa: e probabilmente c’è da crederci.
Il dramma è che questi regimi falsamente democratici, che usano la democrazia per farsi eleggere e per poi tradirla, sono difficilissimi da contrastare ed esautorare poiché riescono a costruire un consenso malsano e duraturo in uno zoccolo duro della popolazione che ne garantisce una relativa (per fortuna) perennità.
Sembrerà forse forzato o iperbolico, ma è lecito intravvedere in quel modo di “fare politica”, alcune nemmeno troppo lontane analogie con situazioni “nostrane”. In tutt’altro contesto, e fortunatamente in tutt’altro quadro istituzionale, certo, ma quei fenomeni di subdola modifica della verità attraverso il ben collaudato sistema della paura che crea consensi, sono in atto da più di un ventennio anche da noi.
Come spiegare, sennò, il seguito che la Lega all’inizio e l’UDC oggi (che si sta oramai mangiando la prima) hanno ottenuto e continuano ad ottenere senza che abbiano mai proposto un vero e proprio disegno di società, di convivenza e di sviluppo civile, culturale, economico e sociale?
Come si spiega, se non con la menzogna, la malafede e la manipolazione della realtà, che un movimento nato prendendo a pretesto la necessità di “difendere i nostri” sia riuscito, da quando partecipa al potere, a far raddoppiare il numero dei frontalieri, che esso stesso considera la causa di tutti i mali? Come si spiega, se non con l’affermazione di una non-verità (” l’amministrazione, la scuola e i media sono in mano alla sinistra”) e con l’infiltrazione sistematica, che oggi quella destra sia sempre più presente in tutte le strutture che aveva osteggiato e denigrato fino a ieri (e in parte continua a farlo)?
Come si spiega, se non con l’appiattimento verso il “pensiero comune”, che i mezzi di informazione, già in grave crisi, puntando sostanzialmente più sull’effetto emotivo che non su quello razionale, stanno allontanandosi vieppiù dal loro ruolo di formazione di opinioni e di educazione culturale privilegiando non di rado un linguaggio “social” fatto di polemiche sterili e fluviali discussioni fra presunti esperti?
Si potrebbero proporre altri numerosi esempi di degenerazione calcolata della nostra piccola società, come le iniziative razziste, il rifiuto o addirittura l’espulsione di stranieri – taluni giovanissimi e oramai stabilmente integrati da noi – come la tolleranza verso imprenditori di comodo che impoveriscono il Paese, o quelli che “usano” i frontalieri quale leva di intimidazione verso i lavoratori indigeni, e così via.
Le nostre istituzioni, che in molti ci invidiano (sovente senza nemmeno conoscerle davvero) e che tanti fra noi sottovalutano, sono solide, e ci possono difendere da derive di quel tipo. Sempre che lo si voglia. Ogni tanto vien da credere che non tutti ne siano coscienti, nemmeno fra le forze borghesi che hanno costruito con intelligenza e convinzione, e con la paziente collaborazione delle forze lavorative, uno Stato vivibile nel quale la formazione e la cultura, il lavoro e la socialità, l’economia e la finanza riescono a convivere in discreta armonia; non tutti paiono in fondo convinti che la democrazia, che è poi convivenza e giustizia, sia un bene da difendere con irremovibile fermezza. Ogni tanto, guardando oltre la porta e pensando al nostro piccolo, vien fredda la camicia.
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