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Parte l’attacco a guida UDC contro il servizio pubblico, con l’insidiosa proposta di un canone SSR ridotto a 200 franchi: sarebbero a rischio molti programmi e la loro qualità
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Parte l’attacco a guida UDC contro il servizio pubblico, con l’insidiosa proposta di un canone SSR ridotto a 200 franchi: sarebbero a rischio molti programmi e la loro qualità
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Parte l’attacco a guida UDC contro il servizio pubblico, con l’insidiosa proposta di un canone SSR ridotto a 200 franchi: sarebbero a rischio molti programmi e la loro qualità
Per averne conferma basta rileggersi le dichiarazioni più recenti di alcuni esponenti UDC: una è apparsa nel giugno 2021 sulla SonntagsBlick, che rivelava il pensiero del consigliere nazionale zurighese Thomas Matter, secondo il quale “la SSR dovrebbe garantire un trattamento più equilibrato dell’attualità politica, modificando la composizione delle redazioni, per divulgare meglio le sensibilità dell’area borghese”. L’altra è del presidente del partito, Marco Chiesa, che nell’agosto scorso ha chiesto le dimissioni del capo dell’informazione della RSI per la mancata copertura di una manifestazione del primo di agosto dell’UDC cantonale.
Sia Chiesa, sia Matter, sono fra i primi firmatari dell’iniziativa sui 200 franchi.
Ma il livore contro la SSR è di vecchia data: nel programma dell’UDC 2015-2019 si dice apertamente che bisogna eliminare “inutili monopoli quali la Posta, la SUVA e la SSR, che rendono più care le prestazioni di servizi e impediscono una vera concorrenza”.
Quello che l’iniziativa appena deposta solleva è dunque un tema determinante per il futuro di una stampa libera nel nostro paese e presupporrebbe un dibattito serio sul ruolo del media, sul loro controllo, sulla professionalità giornalistica e sul loro finanziamento.
Ma temo che tutto questo non avverrà e i temi del futuro confronto sono tutti già prevedibili: i sostenitori diranno che così non si cancella il servizio pubblico ma lo si rende più snello e conforme alle abitudini di consumo attuali; che far pagare un canone doppio alle persone e alle aziende è iniquo; che l’iniziativa prevede addirittura un sostegno alle regioni minoritarie. I contrari faranno leva sul ruolo sociale della SSR, sui posti di lavoro e sul sostegno al servizio pubblico.
È evidente che a differenza dell’iniziativa del 2018, questa è molto più insidiosa: si tratta di risparmi reali per cittadini già provati dal periodo Covid e dalle prossime conseguenze della guerra ucraina; è probabile che avrà un ampio e trasversale sostegno da parte di aree e partiti; fa gola ai grandi gruppi mediatici privati e alle piccole, medie e grandi aziende; e interviene in un momento certo non favorevole per la SSR, che soffre di un’immagine non troppo lusinghiera a dispetto dei suoi risultati e della sua nobile missione.
I calcoli erano già stati fatti alcuni anni fa: per la SSR questa riduzione del canone significherebbe ridurre drasticamente la sua programmazione, il suo organico e la sua presenza in tutte le regioni del paese.
Anche per questo l’azienda, una delle poche federaliste non travolte dalla liberalizzazione dei servizi e dal privatismo, dovrebbe interrogarsi su come far fronte a questa seria minaccia. Per esempio preparando già un piano di ristrutturazione serio, rinunciando agli sprechi dove esistono, rivedendo il suo apparato burocratico-amministrativo, valorizzando le sue funzioni di programma, promuovendo una professionalità ancora maggiore, mostrando con l’offerta di qualità l’irrinunciabilità della sua presenza e assumendo davvero il ruolo di garante contro la dittatura del pensiero dominante.
Solo così potrebbe sperare di sopravvivere con la dignità che le compete.
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