L’emiro del pianto
Addii strazianti di eroi pallonari
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Addii strazianti di eroi pallonari
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La conferenza stampa di addìo di Lionel Messi dal Barcellona è uno degli spettacoli paradossalmente più assurdi di questi tempi calcistici che si vorrebbero in piena crisi (ed in effetti in piena crisi lo sono) e che pure non smettono di proporre nuove cifre record per trasferimenti ed ingaggi dei calciatori.
Il giocatore Lionel Messi, beninteso, non si discute, grandissimo. Cresciuto in vitro nella cantera catalana, ha fatto le fortune proprie e della squadra blaugrana per oltre 15 anni. Classe indiscutibile, una delizia da vedere, in tantissime occasioni, per gli amanti del pallone.
Ma la sua straziante partenza da Barcellona per questioni di mera pecunia davvero sono indigeribili. Per carità, che Leo sia dispiaciuto di non chiudere la propria fulgida carriera con la squadra che l’ha cresciuto e coccolato e con cui ha vinto tutto, può pure essere, ma che davanti a microfoni e telecamere ci si debba commuovere per il suo pianto dirotto, no, quello davvero no, anzi, ci fa leggermente sentire presi per i fondelli, se non da Messi stesso, se non solo da Messi, diremmo da un “sistema” che sta tracimando finanziariamente e che pure continua, imperterrito, a fare come sempre, gli interessi di giocatori, agenti, procuratori e tutta quella bella combriccola dirigenziale che ne è ostaggio ad un passo dalla bancarotta.
Il Barcellona pare abbia un deficit che supera il miliardo di dollari e di conseguenza non può più permettersi di pagare il suo giocatore più forte, anzi quello che è probabilmente ancora il più forte giocatore al mondo. E così lui non può restare, perché il suo faraonico ingaggio (che si sarebbe decurtato da 40 a 30 milioni all’anno) è oggi insostenibile per la società che lui tanto ama, a cui lui tanto deve.
Inimmaginabile pensare che lui (con il suo entourage) dicesse: vabbè, ho talmente tanta grana e fama (in ordine di importanza) che gioco al prezzo che volete i miei ultimi due o tre anni di carriera.
Ma no, non sia mai detto: finché reggono le ginocchia ed il suo basso baricentro l’azienda Messi non può deprezzarsi, anzi, trova un nuovo club, il Paris Saint Germain, che di milioni gliene dà 35 all’anno, chiudendo una campagna acquisti mai vista nella storia del calcio e preparando già la serata di festa con tanto di Tour Eiffel illuminata ad accogliere il nuovo pupillo della scuderia dell’emiro qatariota proprietario del club francese.
Un mese fa, un altro mostro sacro del campionato spagnolo era già arrivato sulla Senna dopo aver dispensato lacrime e singhiozzi per l’abbandono dell’amato Real Madrid: anche Sergio Ramos che nel frattempo le lacrime se le è asciugate abbondantemente con un cospicuo assegno, si ritrova alla corte dell’emiro per il quale non c’è fair play finanziario che tenga: può pagare tutto, o almeno tutto quello che non paga un altro emiro, proprietario del Manchester City, o il megamilionario Abramovich, proprietario del Chelsea, squadra londinese che per la cronaca ha appena sborsato 115 milioni sull’unghia all’Inter per uno sconsolato Lukaku, che proprio non voleva andarsene da Milano, ma insomma…
Dopo l’ubriacatura dei campionati europei, dove un po’ di calcio lo si è pure visto ( fra tanta retorica nazionalista e siparietti indecorosi) e dove alla fine ha vinto una squadra, l’Italia, che di giocatori superpagati ne ha, certo, ma in fondo, neanche poi così tanto, l’UEFA e la FIFA tornano a proporci questa sordida realtà di mistificazioni in nome dello sport per il popolo (parole usate persino dall’emiro parigino, probabilmente in un momento di crisi di identità) dove in barba a tutte le crisi, da quella legata alla pandemia, a quella dei minori introiti pubblicitari unita alla pesante carenza di pubblico pagante, si va avanti come niente fosse come non ci fosse un limite, prima o poi.
E così i divi del pallone, gestiti come vere e proprie imprese da avidi manager o famigliari con il coltello fra i denti, che si chiamino Messi, Ronaldo, Ramos, Lukaku, Mbappé procedono imperterriti nel perseguire mercenariamente il massimo del profitto, attaccandosi ad ogni piccola clausola, ogni possibile fonte d’entrata.
E stiamo pur certi, che se di queste valli di lacrime di coccodrillo capissero che potrebbe essere molto interessata la Lacoste, vedreste quanti altri calciatori piangerebbero senza fine per il loro inconsolabile destino di Messi erratici.
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