Piazza, bella piazza…
Luogo pubblico, luogo d’incontro, luogo di cultura e specchio della città: ma troppo spesso per Piazza Cioccaro si fa un’eccezione, nonostante le norme del Piano Regolatore di Lugano - Di Aurelio Sargenti
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Luogo pubblico, luogo d’incontro, luogo di cultura e specchio della città: ma troppo spesso per Piazza Cioccaro si fa un’eccezione, nonostante le norme del Piano Regolatore di Lugano - Di Aurelio Sargenti
La piazza, nel suo concetto urbanistico, può definirsi come uno spazio libero, limitato da costruzioni. Nell’edilizia cittadina la piazza rappresenta uno degli elementi più importanti, sia per funzione che per significato. La piazza è un luogo pubblico, un luogo d’incontro e di memoria. È lo specchio della città.
Chi giunge in Piazza Cioccaro dalla via Cattedrale, o da via Motta, o dalla via Pessina, arriva in una delle più belle piazze di Lugano, che abbraccia il nobile Palazzo Riva, un edificio del primo ‘700 protetto a livello locale, cantonale e federale: una splendida quinta teatrale.
Nel trascorso periodo natalizio entrambi, piazza e palazzo, subirono un’offesa non solo estetica, ma anche concettuale, con la posa di una ingombrante e brutta “baracca” (vox populi) a uso di ristorante: un’estensione del commercio dei fratelli Gabbani e una violazione del contesto architettonico del nucleo storico.
Con l’avvicinarsi della bella stagione, in particolare delle festività pasquali che tradizionalmente inaugurano la stagione turistica luganese, la nota famiglia di esercenti costruisce, come nell’anno passato, una piattaforma “provvisoria” nel ben mezzo della piazza, atta ad ospitare tavoli, tavolini, sedie, ombrelloni, olivi e palme. Suddetta costruzione, da informazioni ricevute, aveva già sollevato le riserve dell’Ufficio cantonale dei beni culturali (UBC).
Come si può evincere dal Piano Regolatore del Comune di Lugano (NAPR art. 34, lett d, cpv 2: Interventi sui beni culturali protetti d’interesse cantonale), «la protezione del bene culturale immobile protetto si estende all’oggetto nel suo insieme, in tutte le sue parti e strutture interne ed esterne», quindi ivi compreso il «perimetro di rispetto entro il quale non sono ammessi interventi suscettibili di compromettere la conservazione o la valorizzazione del bene protetto» (Legge per la protezione dei beni culturali, art. 22, cpv 2: d’ora in poi: LBC). In altre parole, l’art. 24 della LBC è applicabile sia per gli interventi eseguiti sul bene culturale tutelato sia per quelli all’interno del relativo perimetro di rispetto. «L’obiettivo dei perimetri di rispetto è la verifica degli interventi architettonici e urbanistici nelle adiacenze dei beni culturali tutelati. In altre parole i perimetri assicurano che le modifiche del contesto spaziale e morfologico del bene protetto non abbiano a compromettere o pregiudicare la fruizione del bene stesso» (UBC). In conclusione: Palazzo Riva e Piazza Cioccaro sono beni culturali protetti e inseriti nella “zona di rispetto” (cfr. la risoluzione del CdS del 17.05.2023 che definisce il perimetro di rispetto cantonale per il nucleo di Lugano).
Ma si dovrebbe prestare molta attenzione anche ai portici del nucleo storico, di proprietà privata ad uso pubblico, che proteggono le persone dalla pioggia e dal sole e dove è possibile incontrarsi e chiacchierare. Purtroppo queste strutture architettoniche sono anch’esse occupate da tavoli e da sedie, a disposizione dei clienti di bar e ristoranti, e chiuse ai loro lati con pesanti vasi di fiori, posti tra un pilastro e l’altro, in modo da inibire l’accesso sia al cittadino che al turista che vorrebbero, come per legge potrebbero, liberamente transitare.
Per vedere come portici e piazze vengono rispettati dagli amministratori politici, soprattutto nei centri storici, basta andare a Torino, a Bologna, o a Berna (con i suoi famosi Lauben).
Non siamo contrari ad autorizzare gli esercenti che si affacciano su piazze e vie pedonali ad allargare il loro commercio con qualche tavolino in più: ma con buon senso, con buon gusto, senza esagerazioni, senza deturpare le piazze che, per loro natura e bellezza, devono rimanere libere, transitabili, così come sono state pensate e create, affinché tutti possono ammirarle.
A fine mese scadranno le prolungate “misure COVID” concesse dalla Città agli esercenti pubblici; di conseguenza bar, ristoranti e negozi di vario genere, che hanno beneficiato della possibilità di allargarsi e di utilizzare un pezzo di suolo pubblico, dovranno ritornare al loro perimetro originale. Il Municipio non potrà prorogare ulteriormente queste agevolazioni straordinarie, glielo impedisce la nuova Legge sugli esercizi alberghieri e sulla ristorazione (LEAR), che disciplina a livello cantonale le regole del settore. Recentemente la municipale Karin Valenzano Rossi, capa dicastero Spazi urbani, si è detta dispiaciuta di «non poter più approfittare dell’autonomia comunale per dar seguito ad eventuali necessità del territorio» (CdT, 8 marzo). Appunto, e pour cause. E per chi?
Si racconta che le misure messe in campo (e in piazza) dalla Città per sostenere gli esercizi pubblici durante la pandemia (poi prorogate) abbiano reso «la città più viva, più movimentata e più apprezzata sotto questo punto» (CdT, 8 marzo). Può darsi. Ma se l’obiettivo del Municipio, condivisibile anche da chi scrive, è quello di rendere più attrattiva la città, mal si comprende perché, durante le feste natalizie (per fare un solo esempio), le casette di legno vengono collocate per lo più in centro città, in Piazza della Riforma e nelle adiacenti Piazza Manzoni e via Pessina, ignorando altre vie e piazze, come via Canova, Piazzale ex-Scuole, Piazza dell’Indipendenza, via della Posta ecc; e perché il Municipio non abbia chiesto agli affittuari delle stesse di aprire solo nel tardo pomeriggio e di non spegnere le luci e chiudere i battenti alle 18:30, come fanno i negozi cittadini; almeno per il fine settimana. In altre città i mercatini natalizi rimangono aperti fino alle 22, per la gioia di famiglie e di turisti. Insomma: una desolazione rotta soltanto dagli schiamazzi di Piazza della Riforma, rallegrata dalle bollicine. Ciò che difetta a Lugano è la cultura del turismo, la capacità di governare tra contrapposti interessi nel pieno rispetto dei nuclei storici, evitando la devastazione urbanistica e la speculazione sul basso commercio.
«Nessuno vuole rimanere in un luna park quando chiudono le giostre» (Anna Boliva, già direttrice della Galleria Borghese).
Aurelio Sargenti, è consigliere comunale di Lugano (PS)
Nell’immagine: un luna park abbandonato negli Stati Uniti
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