La sconfitta del neoliberismo alle urne

Il no all’abolizione della tassa di bollo e il sì al divieto della pubblicità del tabacco sono altrettanti cartellini gialli ai boss dell’economia globalizzata


Daniele Piazza
Daniele Piazza
La sconfitta del neoliberismo alle urne

I risultati delle votazioni popolari vengono analizzati a caldo secondo i soliti schemi, destra – sinistra, vittoria o sconfitta del Consiglio federale, fossato città – campagna, röstigraben fra svizzero tedeschi e romandi. Questa volta dalle urne esce una tendenza più profonda e significativa. Gli elettori diffidano sempre più di un sistema economico in cui i ricchi diventano sempre più ricchi anche in barba alla pandemia. Il secco NO all’abolizione della tassa di bollo è un veto agli sconti fiscali per le grandi aziende. Sconti che assottigliano le finanze federali già prosciugate dalle misure per combattere la pandemia, fra cui anche gli aiuti ad imprese che poi hanno spudoratamente distribuito boni e dividendi. È un voto di sfiducia insomma al neoliberismo globalizzato che predica il meno stato per poi aggrapparvisi quando entrano in crisi. Questa volta l’argomento, quasi sempre imparabile, dei posti di lavoro è caduto nel vuoto.

Lo stesso è avvenuto con il chiaro e netto SI popolare all’iniziativa sul divieto della pubblicità del tabacco. Una cocente sconfitta della potente lobby delle grandi multinazionali del tabacco, coadiuvate e sostenute dai partiti borghesi. In passato avevano rintuzzato iniziative analoghe, adesso incassano una cocente sconfitta in votazione popolare. Diversi i motivi contingenti di questo capovolgimento. Sullo sfondo si intravede però la crescente avversione per i metodi senza scrupoli di multinazionali e grandi aziende che procurano enormi profitti ad una piccola minoranza, senza troppo curarsi dell’ambiente, della salute e del benessere della stragrande maggioranza della popolazione.

Questa chiave di lettura diventa più incerta per la legge sugli aiuti ai media, bocciata anche per le sue pecche e contraddizioni. Molto dipende dai motivi del NO popolare, se prevale come appare l’insofferenza nei confronti dei grandi editori privati piuttosto che i timori sull’indipendenza dei media dallo stato. Dobbiamo attendere le ben più approfondite analisi dei politologi. In qualsiasi caso rimangono i due cartellini gialli ai grandi boss dell’economia, il NO alla tassa di bollo e il Si al divieto della pubblicità per il tabacco. Sono le avvisaglie di scossoni politici che si manifestano dopo gravi crisi, come la pandemia da corona virus o la crisi finanziaria del 2008.

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