I ricercatori svizzeri nella morsa dell’UE
L’esclusione dal programma Horizon Europe semina l’angoscia nelle alte sfere della ricerca scientifica svizzera
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L’esclusione dal programma Horizon Europe semina l’angoscia nelle alte sfere della ricerca scientifica svizzera
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L’esclusione dal programma Horizon Europe semina l’angoscia nelle alte sfere della ricerca scientifica svizzera
La materia grigia, celebrata come l’unica risorsa naturale della Svizzera, si indebolisce. Il grido d’allarme viene dalle massime istanze della ricerca scientifica vale a dire i politecnici federali, le università e l’industria farmaceutica. In una risoluzione congiunta invitano il consiglio federale a correre ai ripari dopo l’esclusione dal programma Horizon Europe, una conseguenza del secco NO di Berna all’accordo quadro con l’UE.
Horizon Europe è la Champions league della ricerca scientifica con squadre d’eccellenza capitanate finora anche dai migliori ricercatori di casa nostra. Ma adesso hanno perso lo statuto di titolari, sono relegati sulla panchina delle riserve assieme a turchi, macedoni e georgiani. Le conseguenze sono preoccupanti: nel giro di appena otto mesi, una trentina di eminenti ricercatori hanno voltato le spalle alla Svizzera. All’inverso i nostri atenei incontrano crescenti difficoltà nel reclutamento di professori e talenti stranieri.
Bisogna riagganciarsi alla ricerca europea rapidamente, entro la fine dell’anno, ammoniscono in coro i dirigenti universitari e dell’industria farmaceutica. Ma sembra un miraggio. L’UE dice chiaro e tondo che la reintegrazione in Horizon Europe dipende dalla ripresa dei negoziati sull’accordo quadro. Dal canto suo, il consiglio federale temporeggia, è disorientato. Le soluzioni di ripiego sono incentivi finanziari supplementari o ipotesi di partenariati alternativi ad esempio con Stati Uniti, Gran Bretagna o Israele. Sono auspicabili – dicono i rappresentanti della ricerca – ma sono molto costosi e non colmano il vuoto lasciato dai programmi europei.
Un altro settore in difficoltà, come l’industria medica, ha trovato una scappatoia stipulando un accordo separato con la Germania per la certificazione dei propri prodotti. Ma si applica ad un solo paese, per quanto importante, dell’UE e soltanto agli apparecchi già in commercio e non ai nuovi prodotti.
Le difficoltà nella ricerca e nel settore delle tecnologie mediche sono altrettante avvisaglie. L’Unione europea ha perso la pazienza, vuole mettere la Svizzera alle corde. Il consiglio federale non sa che pesci pigliare ed è assordato dalla cacofonia dei partiti. E così si tira a campare, tanto più che i vantaggi sul mercato unico europeo superano ancora di gran lunga gli svantaggi delle prime rappresaglie dell’UE. Si può scommettere che la Svizzera scenderà a compromessi o cederà di schianto soltanto quando le perdite economiche e le pressioni esterne diventeranno insostenibili. Ce lo insegna l’indegno funerale del segreto bancario. E allora sorge il dubbio, che questa sia la strategia dell’Unione europea.
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