Gli attacchi dell’UDC ticinese all’indipendenza della stampa
Industriali e politici di destra e dell’UDC usano l’indipendenza dei giornali come un paravento per ampliare la loro penetrazione sul mercato mediatico
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Industriali e politici di destra e dell’UDC usano l’indipendenza dei giornali come un paravento per ampliare la loro penetrazione sul mercato mediatico
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Industriali e politici di destra e dell’UDC usano l’indipendenza dei giornali come un paravento per ampliare la loro penetrazione sul mercato mediatico
Sono tutti d’accordo : l’indipendenza della stampa è importante, a maggior ragione in una democrazia diretta, permette ai cittadini d’informarsi, di farsi un’opinione e votare con cognizione di causa, ad esempio il prossimo 13 febbraio. Il consenso si sbriciola quando si tratta di aiutare concretamente i giornali. Boccheggiano, il crollo della pubblicità e degli abbonamenti sgretola le loro risorse finanziarie. Gli uni dicono che senza sovvenzioni la stampa perde la sua indipendenza perché si ritrova in balia dei più forti sul mercato. Sul fronte opposto invece, le sovvenzioni sono un veleno per la libertà di stampa, perde la sua indipendenza e si ritrova in balia dello stato.
L’esperienza ci insegna che le pressioni più forti sui media non vengono dalle istituzioni come il consiglio federale, ma dall’economia attraverso la pubblicità o ancora da forze politiche. Un esempio ci viene dall’UDC ticinese, dal presidente cantonale Piero Marchesi e dal presidente nazionale Marco Chiesa. Hanno festeggiato il primo d’agosto in un grotto della Valcolla. La RSI non si è recata sul posto. Apriti cielo, Chiesa e Marchesi si sono offesi. Intendiamoci, hanno tutto il diritto di criticare la RSI, ma non di chiedere, come hanno fatto, le dimissioni del capo dell’informazione Reto Ceschi. È un’ingerenza spropositata ed astiosa con il solito ritornello sulla tendenziosità di sinistra del servizio pubblico. Le cose precipitano poi in dicembre. Chiesa e Marchesi boicottano sistematicamente la RSI per un mese, niente dibattiti, niente interviste, nessuna informazione. Certo nessuno è tenuto a rilasciare interviste, ci sono motivi legittimi, persino quel famoso “non ne ho voglia” di Ueli Maurer. Ma un boicottaggio sistematico, con lo scopo dichiarato di punire e addomesticare un media, è un attacco diretto all’indipendenza della stampa. L’ha fatto l’UDC ticinese e il presidente del partito nazionale, non l’ha di certo fatto lo stato.
Va poi ricordato che il caso più pesante di boicottaggio viene dall’economia. Per vent’anni, avete letto bene, per vent’anni, dal 1979 al 1999, il più grande importatore d’auto ha soppresso ogni forma di pubblicità al Tages Anzeiger. Il titolare, Walter Frey, è stato consigliere nazionale, capogruppo e vice-presidente dell’UDC. Fa parte di un gruppo di industriali e finanzieri miliardari come Christoph Blocher, Tito Tettamanti e Konrad Hummler. Sostengono e finanziano organi d’informazione come la Weltwoche, il Nebelspalter e parecchie decine di giornali locali che impastano il giornalismo con la propaganda politica a favore dell’UDC. Combattono la legge sull’aiuto ai media in nome dell’indipendenza della stampa dalla morsa dello stato. In realtà, il grande capitale vuole indebolire la stampa tradizionale per aumentare la sua presenza nel paesaggio mediatico ed operare una decisa sterzata a destra. Un obiettivo prioritariamente politico e non giornalistico, in barba all’indipendenza dei media.
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