Di Daniele Raineri, La Repubblica
Quando il regime del presidente siriano
Bashar al Assad cominciò a perdere contro la ribellione scoppiata nel 2011, prima chiamò i combattenti del gruppo libanese
Hezbollah per tentare di arginare i gruppi armati, e poi quando i libanesi non funzionarono chiamò direttamente un contingente militare dell’Iran per una vasta e spietata campagna di controinsurrezione.
A guidare da lontano quelle operazioni in Siria c’era il generale
Qassem Suleimani, che già allora godeva di uno status leggendario. Ma sul campo, a sbrigare le faccende giorno per giorno, c’era il meno conosciuto
Mohammad Reza Zahedi, veterano con decenni di militanza nei Guardiani della rivoluzione e, dal 2008, capo del settore siriano. Quando la ribellione fu domata – e ci volle l’intervento della Russia di
Vladimir Putincominciato nel 2015 – gli iraniani passarono all’incasso del credito guadagnato con il sempre più debole regime di Damasco e cominciarono una campagna massiccia per trasformare il Paese in una postazione militare da sfruttare, prima o poi, in una guerra contro gli israeliani.
L’Iran non confina con Israele, era il principio fondamentale di quella campagna, ma la Siria sì. Zahedi con la sua esperienza e i suoi contatti fu messo a capo di quell’operazione, che di fatto prevedeva il coordinamento costante e clandestino dei carichi di armi e di contingenti di gruppi armati dall’Iran alla Siria al Libano. Comandava il cosiddetto “Dipartimento 2000” dei Guardiani della rivoluzione, che dirige tutte le operazioni dei pasdaran nel Levante.
Sono gli uomini come Zahedi a far funzionare l’allargamento dell’influenza iraniana in Medio Oriente, con questo tipo di incarichi sospesi a metà tra la vita clandestina e la posizione ufficiale – e infatti il generale è stato ucciso a pochi passi dal consolato dell’Iran. Secondo le informazioni più aggiornate a disposizione, il generale iraniano preferiva stare a Beirut e non a Damasco, una capitale che gli israeliani trattano come un poligono di tiro. Accompagnava sempre il capo dei Guardiani della rivoluzione – prima Qassem Suleimani e ora il molto meno efficiente Esmail Qaani – quando veniva in missione in Libano e in Siria.
Nell’immagine: Mohammad Reza Zahedi