Ammettiamolo: Karen Valenzano Rossi nel migliore dei casi non è una politica fortunata (nel peggiore e nelle infinite possibili vie di mezzo lasciamo ai lettori la facoltà di scegliere l’aggettivo che sembra loro più adatto).
Martedì 20 infatti, durante la serata pubblica con il Municipio di Lugano per il bilancio di fine legislatura, (“Lugano si racconta” in Youtube al minuto 14’40”) è riuscita a commettere una delle più belle gaffe che si ricordano (“se devo scegliere tra le persone e le cose, sceglierò sempre le cose”, ha affermato prima di correggersi tra l’ilarità dei presenti).
Primo caso sfortunato, la gaffe l’ha commessa proprio mentre stava rispondendo a una domanda sulla demolizione dell’ex macello, in cui manco a dirlo ha ribadito la versione ufficiale e la correttezza della decisione presa (“sulla base di quello che noi sapevamo, rifaremmo le stesse cose”); secondo caso sfortunato, il giorno dopo su Areaonline è stato pubblicato un articolo a firma Francesco Bonsaver (ripreso ieri anche in questa sede) che cita un documento redatto dalla polizia il 18 marzo 2021 (ossia ben tre mesi prima della demolizione dello stabile e (coincidenza?) giorno in cui i molinari sarebbero dovuti essere sfrattati) in cui si legge che “la situazione finale auspicata” è una e una sola: la demolizione. Tant’è che sempre in un altro documento di polizia, datato 22 aprile 2021, viene confermata la disponibilità delle macchine da cantiere per eseguirla. Altro insomma che intervento di urgenza, altro che “comunicazione claudicante” e “necessità esimente”, per dirla con le parole del procuratore pubblico Andrea Pagani.
Gli è che più procede l’inchiesta su quanto successe quel sabato sera di fine maggio, più viene alla luce quanto in realtà già tutti sapevano. È e sarà la scoperta ufficiale dell’acqua calda, l’ennesimo primato di cui il Ticino può (non) andare fiero.
Riepiloghiamo ciò che le carte raccontano:
- Immediatamente dopo sgombero e demolizione il fu sindaco Marco Borradori parlò in conferenza stampa di un’operazione pianificata e portata a termine con successo, tanto che ai microfoni della RSI affermò di stupirsi “un po’ se qualcuno si stupisce” di sgombero e demolizione. Solo dopo qualche giorno iniziarono i balbettii, questi sì claudicanti, e le rettifiche, fino a giungere alla versione ufficiale oggi conosciuta;
- Il 6 luglio 2021 Naufraghi.ch riportò la versione dei poliziotti, che così si può riassumere: la politica non poteva non sapere (sottotitolo: noi abbiamo solo eseguito gli ordini), anche perché secondo loro dell’intervento e della possibile demolizione si iniziò a parlare in primavera. Un concetto ribadito sempre su Areaonline in un’intervista a corredo del citato articolo di Bonsaver dall’ex sindaco Giorgio Giudici, che tira in ballo non solo il Municipio di Lugano ma anche i vertici del Dipartimento delle Istituzioni. Titolo: “Impensabile demolire senza l’avallo della politica”;
- Senza aspettare tanto, già a fine luglio 2021 la RSI riprese, approfondì e confermò quanto pubblicato da Naufraghi.ch: Municipio e polizia iniziarono a parlare di intervento e demolizione a marzo. In autunno (terza conferma) arrivò a conclusioni simili anche il “Corriere del Ticino”;
- In dicembre giunse l’“assoluzione” del PG Pagani, le cui motivazioni sono state integralmente pubblicate per la prima volta da Naufraghi.ch nel successivo mese di febbraio. Per il procuratore comunque “è pacifico” che quella sera le autorità commisero almeno un reato (causa esimente tuttavia…);
- Nella sua sentenza Pagani confermò per la quarta volta che l’11 marzo 2021 si svolse una videoconferenza cui parteciparono i comandanti della Polizia cantonale, quello della Comunale, il fu sindaco Marco Borradori e l’allora municipale Michele Bertini (dopo aprile 2021 il suo posto fu preso da Karin Valenzano Rossi), in cui i due comandanti “hanno evidenziato [al Municipio, ndr.] i possibili scenari a seguito dello sgombero coatto o non coatto”. Tra questi “anche degli interventi di natura edilizia”, in modo da evitare una rioccupazione degli spazi da parte degli autogestiti. Due le ipotesi sul tavolo: la “muratura degli accessi agli stabili” e “la demolizione totale dello stabile ubicato a sud del comparto”;
- Altra riunione il 6 maggio. Qui le versioni tra le parti iniziano a divergere: da una parte la polizia afferma, verbale ad uso interno alla mano, che ai due municipali fu prospettato tutto quanto poi successo, dunque anche la demolizione dello stabile; dall’altra i due che negano “assolutamente” qualsiasi allusione all’abbattimento dello stabile. Conclusione di uno sconsolato Pagani: impossibile “sapere quale delle due posizioni sia quella aderente alla verità”, ossia chi, fra polizia e municipali, gli abbia mentito;
Malgrado ciò la nostra sfortunatissima municipale, assieme agli altri quattro colleghi che con lei presero le decisioni che portarono all’abbattimento di parte dell’ex macello, continua a mantenere la sempre più claudicante versione ufficiale, dunque a negare o comunque a non volersi assumere la responsabilità per ciò che, a voler leggere carte e dichiarazioni, già da oltre due anni, per non dire da subito, era chiaro.
E probabilmente lo diventerà ancor più quando finalmente verrà pubblicata la decisione del giudice dei provvedimenti coercitivi Ares Bernasconi sulle parti dei verbali di polizia annerite dal comando della Cantonale, e quindi finalmente potremo prenderne visione e leggerli. L’incontro svoltosi a inizio anno tra il comandante Matteo Cocchi e il PG Pagani per trovare un accordo pare si sia risolto in un nulla di fatto. Da allora sono passati un paio di mesi. Curioso che per una decisione che di solito viene presa in relativamente poco tempo si debba aspettare così a lungo.
Nell’immagine: Karin Valenzano Rossi nel citato programma “Lugano si racconta”